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			La Rosa 
			
			di Barbara Spadini 
			 
			
			Natura e Tradizione | 
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		"Nel giallo della Rosa sempiterna Che si dilata, rigrada e redole Odor 
		di lode al Sol che sempre verna."
		
		(Dante)
		
		***
		
		“Coltivano cinquemila rose in un unico, modesto giardino, e non trovano 
		ciò che cercano. E pensare che quel che cercano lo possono trovare in 
		un’unica rosa. Ma gli occhi sono ciechi, con il cuore bisogna cercare”.
		
		
		(Saint-Exupéry)
		
		***
		
		“Die Rose ist ohne Warum.
		
		 Sie blühet, weil sie blühet.
		
		 Sie achtet nicht ihrer selbst,
		
		 fragt nicht, ob man sie siehet“ 
		
		La rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce; non pensa a sé, non si 
		chiede se la si veda oppure no.
		
		(Angelus Silesius)
		
		***
		
		La rosa è il fiore che, da sempre, nel gesto del dono esprime i 
		sentimenti umani: è  simbolo 
		d’amore, sacro e profano, è fiore dei Poeti, delle Sante, delle Dame, 
		della Vergine Maria, degli Alchimisti, dei Rosacroce, dei Templari. Per 
		i romani è il fiore del ricordo, per i musulmani della contemplazione, 
		per Dante della com-passione, per le varie correnti mistiche
		 è il fiore della sofferenza e 
		del sangue, dell'impossibile o della conoscenza.
		
		E’ apparentemente un fiore “comune”, perfino troppo celebrato: il suo 
		profumo, il suo colore vario, la sua bellezza sono entrati nella 
		letteratura, nei miti, nei riti, nelle tradizioni di popoli che, da 
		Oriente ad Occidente, hanno subito e subiscono il suo fascino.
		
		Accanto alla bellezza, il dolore che l’accompagna: le spine sullo stelo 
		rendono la rosa inaccessibile, pericolosa, creando il topos delle pene 
		d’amore e del martirio, stemperati in lacrime, sofferenze 
		e sangue.
		
		Rosa, ruota e sole: 
		un trittico  simbolico che 
		cercheremo qui di ripercorrere, in queste brevi note, senza nemmeno 
		sperare di arrivare a completezza, ma augurandoci 
		che i lettori di fronte ad 
		una rosa, da ora in poi, traggano da questa profumata visione – 
		oltre al beneficio estetico- anche una riflessione 
		spirituale.
		
		Coltivata fin dal’antichità, si parla dei tempi di re Sargon I, dunque 
		del 2300 circa a.C., la rosa ha attraversato col suo profumo 
		tutte le epoche storiche, riconosciuta e cantata come simbolo di 
		assoluta perfezione.
		
		Dall’antico Testamento a Rainer M. Rilke, da Shakespeare a Pasolini, da 
		Omero a Dante, essa diviene fonte d’ispirazione pagana e cristiana, 
		spirituale e laica: citare qui esempi e rime sarebbe impossibile.
		
		Zeus, commosso dal dolore della bella dea, permise ad Adone di vivere 
		quattro mesi nell'Ade, quattro nel mondo dei vivi ed altri quattro in un 
		luogo da egli  indicato: per 
		questo motivo la rosa divenne  simbolo 
		d’amore che vince la morte e quindi di rinascita.
		
		La dea della guerra, della lancia e della civetta, Athena, aveva quale 
		ulteriore attributo, oltre a quelli citati – insieme anche a gallo e 
		serpente – una rosa: la sua città natale, Rodi, era infatti detta “isola 
		delle rose” e una rosa si trovava anche nelle monete ivi coniate: amore 
		elevato e spirituale, bellezza, 
		saggezza si uniscono qui nella “rosa della dea”, una dea che 
		ricordiamo nata dalla testa di Zeus. Ancora di Venere, Omero ci narra 
		sia dell’olio di rose che ella pietosa usò per preparare alla sepoltura 
		il corpo di Ettore, ucciso da Achille, sia 
		delle spade dei due nemici, che 
		recavano entrambe incisa sull’elsa la rosa.
		
		In tutte le feste e processioni, pagane e cristiane, la rosa era persino 
		indispensabile, come elemento coreografico e simbolico: in quelle per 
		Dioniso, i greci usavano cingersi di rose, poiché a questo fiore 
		era riconosciuto il potere di stemperare i postumi 
		dell’ubriachezza, impedendo agli adepti di rivelare i propri segreti. 
		Per tale motivo e per estensione simbolica, la rosa divenne simbolo di 
		riservatezza e di segreto, tanto che una rosa stilizzata a cinque petali 
		fu spesso  ornamento del 
		nimbo dei confessionali cattolici con la scritta “sub rosa”, 
		sigillo di silenzio e 
		discrezione.
		
		Marte, dio della guerra, era anche riconosciuto come protettore dei 
		giardini: il mito lo vuole nato proprio da una rosa. Si 
		narra infatti che Tellus ( o in altri miti Era- Giunone)fosse 
		gelosa del concepimento di Minerva da parte di 
		Giove- Zeus . Per questo, si rivolse alla dea 
		Flora per un consiglio riguardo a cosa fare di meglio 
		e così - emulando  
		Zeus - concepì Ares da sola, sfiorando il “fiore magico”.
		
		I Romani festeggiavano i Rosàlia , antiche feste legate al culto dei 
		morti , nel periodo  tra l'11 
		maggio e il 15 luglio: le rose, simbolo di rinascita e rigenerazione, 
		venivano poste sulle tombe degli avi, offerte ai Mani. Questa festa 
		pagana venne recuperata dal cristianesimo nella Pentecoste
		 (detta ancora, in alcune zone 
		d’Italia : "Pasqua delle rose").
		
		Anche Ecate, dea degli inferi, era a volte
		 coronata di rose con
		 cinque petali: il cinque 
		indicava infatti il termine di un evento ciclico (4) e l’inizio di un 
		rinnovamento (4+1), legato quindi all’alternarsi delle stagioni e 
		all’avvicendarsi di nascita, morte e rinascita della Natura. 
		
		La rosa è fortemente collegata, come si diceva poc’anzi, alla festa 
		proto cristiana della Pentecoste, ove rappresentava lo Spirito Santo: 
		petali di rose venivano fatti cadere sui fedeli dal lucernario della 
		cupola dell’antico Pantheon ( diventato Santa Maria dei Martiri), così 
		come ricaddero sugli apostoli le sacre lingue di fuoco della Sapienza. 
		
		Ancora,  petali di rose bianche 
		erano fatti scendere il 5 agosto sui capi dei fedeli
		 in Santa Maria Maggiore a Roma, 
		per ricordare la nevicata miracolosa sul luogo che 
		la Madonna indicò per costruire questa chiesa. 
		
		
		La rosa  fu accostata anche 
		al martirio ed alla passione e 
		quindi a Cristo (spine, sangue, sofferenza), divenendo poi 
		attributo di molti Santi martiri. Nell'iconografia cristiana, la 
		rosa viene  associata alla coppa 
		che raccoglie il sangue di Cristo o alle piaghe di Cristo, a 
		simboleggiare non solo il dolore, ma la trasfigurazione del dolore in 
		Sophia, Amore e Conoscenza.
		
		A questo proposito, si ricorda una celebrazione - attestata nella chiesa 
		fin dal al 1086 – che si svolgeva la quarta domenica di Quaresima, nella 
		basilica di San Pietro: alla fine del Concilio di Tours, papa Urbano II 
		benedisse per la prima volta una rosa quale simbolo di potenza e di 
		istruzione spirituale, ma anche di risurrezione e di immortalità, 
		donandola al principe che aveva meglio onorato la causa 
		della Chiesa. In seguito l’usanza di tributare un ramo con più 
		rose  in oro e pietre 
		preziose  a nobili 
		meritevoli rimase. Questa ricorrenza prese il nome di
		 “Domenica a Laetere” o “Domenica 
		delle rose”,  considerata 
		come un ponte attraverso il periodo penitenziale della Quaresima, a 
		creare un momento di  pausa e di 
		ristoro che, simbolicamente, corrispondeva 
		alla partenza degli Ebrei verso Gerusalemme dopo la prigionia 
		babilonese.
		
		Dal 1759 questo “omaggio” prezioso fu riservato alle regine, in quanto 
		nobili donne e a richiamo della Dama fra le Dame - 
		la Madonna -  e le 
		ultime rose d’oro furono attribuite nel 1923 a Vittoria Eugenia di 
		Spagna, nel 1925 a Elisabetta del Belgio, nel 1937 a Elena di Savoia, 
		regina d’Italia. Questo mostrerebbe come, nel tempo, la rosa sia stata 
		sempre più accostata al culto mariano 
		(maggio, mese di Maria e delle rose) in generale ed anche 
		al suo cuore doloroso, trafitto dalle spine ( Madonna Addolorata, 
		nel segno della cum-passio , del patire con Gesù delle sue stesse 
		sofferenze). 
		
		Nell’agiografia la rosa ha una lunga storia, abbinata a leggende di 
		molti Santi e Sante, come  
		Rosa da Lima, detta “rosa del Nuovo Mondo” ed è attributo precipuo di 
		santa Casilde di Burgos, santa Dorotea, santa Elisabetta di Turingia e 
		santa Elisabetta d'Ungheria ed anche di santa Elisabetta del Portogallo, 
		santa Rosalia di Palermo, santa Rosa da Viterbo, santa Rita, santa 
		Teresa di Lisieux. La leggenda della trasformazione del pane in rosa 
		viene raccontata sia in riferimento a santa Elisabetta sia a san Diego 
		di Alcalà.
		
		Nella simbologia funebre, essa 
		ricorda e accompagna  i 
		martiri e i tormenti da loro subiti a causa della Fede: santo Stefano, 
		poiché protomartire, è cinto da una corona di rose sul capo nella 
		processione dei martiri in Paradiso.
		
		Alcuni studiosi hanno rilevato come la rosa nel mondo occidentale, a 
		partire dalla mistica cristiana medievale, sia accostabile al fior di 
		loto orientale, entrambi simboli di perfezione, compimento, spiritualità 
		ed elevazione, sempre attinente al femminile ed all’acqua. Si potrebbe 
		affermare che essa si possa contemplare come un mandala orientale, 
		assumendola nel contempo come un centro mistico occidentale.  
		
		
		Anche nella tradizione mistica islamica, Saadi di Chiraz associa il 
		giardino delle rose alla contemplazione: “Coglierò le rose del giardino, 
		ma il profumo del rosaio mi ha inebriato”. Del resto i roseti entrano 
		nel linguaggio del Paradiso perduto, nelle cure dei monaci dei conventi, 
		nelle meraviglie del Cantico dei Cantici, qui 
		ricordando che le spine della rosa crebbero tradizionalmente dopo 
		la cacciata dall’Eden, per ricordare all’uomo che il peccato originale è 
		dolore. 
Se il roseto diviene simbolicamente l’immagine della rigenerazione, il rosario altro non è se non una serie di piccole rose (poi grani) che rigenerano l’anima con la penitenza della preghiera.
		
		Dal Medioevo in poi la rosa assunse significati e valenze complesse, 
		seguire le cui piste diviene difficile, per evitare una “tuttologia” che 
		– pure- la rosa comprende tutta, quale simbolo dei simboli.
		
		Potremmo semplificare dicendo che i principali significanti di questo 
		fiore perfetto sono almeno tre: alchemici, geometrici ed iniziatici, 
		riconducibili tutti alla mistica cristiana.
		
		I trattati degli alchimisti erano detti “ rosari dei filosofi”: la rosa 
		bianca e la rosa rossa in alchimia rappresentano il sistema dualistico 
		dei principi originari.
		
		A partire dalla concezione dantesca della 
		“rosa candida”, mche si rifà alla Rosa Mistica delle litanie 
		mariane e quindi alla Vergine stessa, la rosa diviene perfetta 
		conoscenza dei misteri della Grande Opera.
		
		La rosa rossa, attributo specifico in alchimia della Madonna nera, è 
		simbolo della rubedo, lo stato nel quale l’anima diviene oro puro.
		
		La rosa bianca era collegata all’albedo e, quindi, alla Piccola Opera.
		
		Per gli alchimisti una rosa con sette ordini di petali raffigurava i 
		sette metalli, legati ai sette pianeti principali.
		
		Il numero dei petali della rosa, cinque, otto, dodici o quindici, è 
		sempre posto in relazione all’interno della geometria simbolica con le 
		sacre corrispondenze pitagoriche ( o ritmomachia), con gli sviluppi 
		dimensionali e proporzionali dell’architettura, con la matematica 
		“segreta”, con la quadratura del cerchio.
		
		Il numero cinque in particolare collega la geometria della rosa ad 
		aspetti  iniziatici: la rosa 
		incarna la “conoscenza integrale”
		dell’uomo integrale e quindi 
		allude all’illuminazione tramite l’apertura dei centri vitali (“far 
		fiorire la rosa”).
		
		Se nella Croce ( quattro bracci) è racchiusa la compiutezza, ecco che 
		cinque rose  (le cinque 
		piaghe di Cristo) poste sulla Croce rappresentano la compiutezza giunta 
		a perfezione (+1), ravvisabile nell’uomo integrale Gesù Cristo.
		
		Allora la quinta rosa, quella visibile anche nella simbologia 
		rosacrociana al centro della Croce (le altre quattro alle estremità) 
		diviene il cuore sacro di Cristo, l’estremo centro, l’estrema conoscenza 
		e , per estensione, simbolo della coppa del Graal.
		
		Senza forzare le interpretazioni e ritornando alla mistica, ricordiamo 
		qui Angelus Silesius, che fa di questo fiore simbolo dell’anima e del 
		Cristo che ogni anima porta in sé quale impronta.
		
		Ecco dunque che la Croce alla quale è appeso l’Adamo primordiale diviene 
		albero della conoscenza e compimento del destino dell’uomo, quello della 
		perfetta contemplazione della verità, della conoscenza, dell’amore : in 
		questo la rosa di Silesius - della citazione iniziale- quella che 
		fiorisce senza un perché diventa il più elevato simbolo solare di 
		illuminazione interiore.
		
		I rosoni delle finestre romaniche e gotiche, simboli di forte ascendenza 
		mesopotamica  (M’schatta) e 
		siriaco-copti  (ruota del 
		sole) diventano per il cristianesimo la perfezione del cerchio, che 
		spesso contiene il monogramma dell’ Uomo, Cristo, Sole della giustizia e 
		Sole eterno.
		
		Regalare una rosa, oggi, appare solo assai romantico: ma 
		questo dono è il più  
		impegnativo,    
		segno della cum-passio, del raggiungimento dell’amore più grande: “La 
		rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce; non pensa a sé, non si 
		chiede se la si veda oppure no”.
articolo apparso sul numero 42 della rivista LEX AUREA