La Rosa

di Barbara Spadini

 

Natura e Tradizione

 

   

  

"Nel giallo della Rosa sempiterna Che si dilata, rigrada e redole Odor di lode al Sol che sempre verna."

(Dante)

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“Coltivano cinquemila rose in un unico, modesto giardino, e non trovano ciò che cercano. E pensare che quel che cercano lo possono trovare in un’unica rosa. Ma gli occhi sono ciechi, con il cuore bisogna cercare”.
(Saint-Exupéry)

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“Die Rose ist ohne Warum.

 Sie blühet, weil sie blühet.

 Sie achtet nicht ihrer selbst,

 fragt nicht, ob man sie siehet“

La rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce; non pensa a sé, non si chiede se la si veda oppure no.

(Angelus Silesius)

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La rosa è il fiore che, da sempre, nel gesto del dono esprime i sentimenti umani: è  simbolo d’amore, sacro e profano, è fiore dei Poeti, delle Sante, delle Dame, della Vergine Maria, degli Alchimisti, dei Rosacroce, dei Templari. Per i romani è il fiore del ricordo, per i musulmani della contemplazione, per Dante della com-passione, per le varie correnti mistiche  è il fiore della sofferenza e  del sangue, dell'impossibile o della conoscenza.

E’ apparentemente un fiore “comune”, perfino troppo celebrato: il suo profumo, il suo colore vario, la sua bellezza sono entrati nella letteratura, nei miti, nei riti, nelle tradizioni di popoli che, da Oriente ad Occidente, hanno subito e subiscono il suo fascino.

Accanto alla bellezza, il dolore che l’accompagna: le spine sullo stelo rendono la rosa inaccessibile, pericolosa, creando il topos delle pene d’amore e del martirio, stemperati in lacrime, sofferenze  e sangue.

Rosa, ruota e sole: un trittico  simbolico che cercheremo qui di ripercorrere, in queste brevi note, senza nemmeno sperare di arrivare a completezza, ma augurandoci  che i lettori di fronte ad  una rosa, da ora in poi, traggano da questa profumata visione – oltre al beneficio estetico- anche una riflessione  spirituale.

Coltivata fin dal’antichità, si parla dei tempi di re Sargon I, dunque del 2300 circa a.C., la rosa ha attraversato col suo profumo  tutte le epoche storiche, riconosciuta e cantata come simbolo di assoluta perfezione.

Dall’antico Testamento a Rainer M. Rilke, da Shakespeare a Pasolini, da Omero a Dante, essa diviene fonte d’ispirazione pagana e cristiana, spirituale e laica: citare qui esempi e rime sarebbe impossibile.

Fiore d’Aurora, di Eos, di colei dunque che ad ogni nuova alba dipingeva con dita di rosa e in  variegati colori la terra, è anche fiore di Afrodite, specie nella varietà bianca. Alla statua di Afrodite si offrivano rose bianche ma anche rosse, in ricordo del racconto di Adone. La dea dell’amore si era invaghita di questo bellissimo giovane, pur sposata col dio Vulcano. Ares, amante di Afrodite, assai infuriato per il tradimento, si trasformò in cinghiale, dilaniando le carni di Adone. Mossa da pietà e dolore, mentre il giovane si tramutava in anemone, le rose di Afrodite da bianche divennero rosse, intrise dal sangue di lei , che – nell’atto di accorrere a soccorso del suo amato - si punse con dei rovi.

Zeus, commosso dal dolore della bella dea, permise ad Adone di vivere quattro mesi nell'Ade, quattro nel mondo dei vivi ed altri quattro in un luogo da egli  indicato: per questo motivo la rosa divenne  simbolo d’amore che vince la morte e quindi di rinascita.

La dea della guerra, della lancia e della civetta, Athena, aveva quale ulteriore attributo, oltre a quelli citati – insieme anche a gallo e serpente – una rosa: la sua città natale, Rodi, era infatti detta “isola delle rose” e una rosa si trovava anche nelle monete ivi coniate: amore elevato e spirituale, bellezza,  saggezza si uniscono qui nella “rosa della dea”, una dea che ricordiamo nata dalla testa di Zeus. Ancora di Venere, Omero ci narra sia dell’olio di rose che ella pietosa usò per preparare alla sepoltura il corpo di Ettore, ucciso da Achille, sia  delle spade dei due nemici, che  recavano entrambe incisa sull’elsa la rosa.

In tutte le feste e processioni, pagane e cristiane, la rosa era persino indispensabile, come elemento coreografico e simbolico: in quelle per Dioniso, i greci usavano cingersi di rose, poiché a questo fiore  era riconosciuto il potere di stemperare i postumi dell’ubriachezza, impedendo agli adepti di rivelare i propri segreti. Per tale motivo e per estensione simbolica, la rosa divenne simbolo di riservatezza e di segreto, tanto che una rosa stilizzata a cinque petali fu spesso  ornamento del nimbo dei confessionali cattolici con la scritta “sub rosa”,  sigillo di silenzio e  discrezione.

Marte, dio della guerra, era anche riconosciuto come protettore dei giardini: il mito lo vuole nato proprio da una rosa. Si  narra infatti che Tellus ( o in altri miti Era- Giunone)fosse gelosa del concepimento di Minerva da parte di  Giove- Zeus . Per questo, si rivolse alla dea  Flora per un consiglio riguardo a cosa fare di meglio  e così - emulando  Zeus - concepì Ares da sola, sfiorando il “fiore magico”.

I Romani festeggiavano i Rosàlia , antiche feste legate al culto dei morti , nel periodo  tra l'11 maggio e il 15 luglio: le rose, simbolo di rinascita e rigenerazione, venivano poste sulle tombe degli avi, offerte ai Mani. Questa festa pagana venne recuperata dal cristianesimo nella Pentecoste  (detta ancora, in alcune zone d’Italia : "Pasqua delle rose").

Anche Ecate, dea degli inferi, era a volte  coronata di rose con  cinque petali: il cinque indicava infatti il termine di un evento ciclico (4) e l’inizio di un rinnovamento (4+1), legato quindi all’alternarsi delle stagioni e all’avvicendarsi di nascita, morte e rinascita della Natura.

La rosa è fortemente collegata, come si diceva poc’anzi, alla festa proto cristiana della Pentecoste, ove rappresentava lo Spirito Santo: petali di rose venivano fatti cadere sui fedeli dal lucernario della cupola dell’antico Pantheon ( diventato Santa Maria dei Martiri), così come ricaddero sugli apostoli le sacre lingue di fuoco della Sapienza.

Ancora,  petali di rose bianche erano fatti scendere il 5 agosto sui capi dei fedeli  in Santa Maria Maggiore a Roma, per ricordare la nevicata miracolosa sul luogo che  la Madonna indicò per costruire questa chiesa. 

La rosa  fu accostata anche  al martirio ed alla passione e  quindi a Cristo (spine, sangue, sofferenza), divenendo poi  attributo di molti Santi martiri. Nell'iconografia cristiana, la rosa viene  associata alla coppa che raccoglie il sangue di Cristo o alle piaghe di Cristo, a simboleggiare non solo il dolore, ma la trasfigurazione del dolore in Sophia, Amore e Conoscenza.

A questo proposito, si ricorda una celebrazione - attestata nella chiesa fin dal al 1086 – che si svolgeva la quarta domenica di Quaresima, nella basilica di San Pietro: alla fine del Concilio di Tours, papa Urbano II benedisse per la prima volta una rosa quale simbolo di potenza e di istruzione spirituale, ma anche di risurrezione e di immortalità, donandola al principe che aveva meglio onorato la causa  della Chiesa. In seguito l’usanza di tributare un ramo con più rose  in oro e pietre preziose  a nobili  meritevoli rimase. Questa ricorrenza prese il nome di  “Domenica a Laetere” o “Domenica delle rose”,  considerata come un ponte attraverso il periodo penitenziale della Quaresima, a creare un momento di  pausa e di ristoro che, simbolicamente, corrispondeva  alla partenza degli Ebrei verso Gerusalemme dopo la prigionia babilonese.

Dal 1759 questo “omaggio” prezioso fu riservato alle regine, in quanto nobili donne e a richiamo della Dama fra le Dame -  la Madonna -  e le ultime rose d’oro furono attribuite nel 1923 a Vittoria Eugenia di Spagna, nel 1925 a Elisabetta del Belgio, nel 1937 a Elena di Savoia, regina d’Italia. Questo mostrerebbe come, nel tempo, la rosa sia stata  sempre più accostata al culto mariano  (maggio, mese di Maria e delle rose) in generale ed anche  al suo cuore doloroso, trafitto dalle spine ( Madonna Addolorata, nel segno della cum-passio , del patire con Gesù delle sue stesse sofferenze).

Nell’agiografia la rosa ha una lunga storia, abbinata a leggende di molti Santi e Sante, come  Rosa da Lima, detta “rosa del Nuovo Mondo” ed è attributo precipuo di santa Casilde di Burgos, santa Dorotea, santa Elisabetta di Turingia e santa Elisabetta d'Ungheria ed anche di santa Elisabetta del Portogallo, santa Rosalia di Palermo, santa Rosa da Viterbo, santa Rita, santa Teresa di Lisieux. La leggenda della trasformazione del pane in rosa viene raccontata sia in riferimento a santa Elisabetta sia a san Diego di Alcalà.

Nella simbologia funebre, essa  ricorda e accompagna  i martiri e i tormenti da loro subiti a causa della Fede: santo Stefano, poiché protomartire, è cinto da una corona di rose sul capo nella processione dei martiri in Paradiso.

Alcuni studiosi hanno rilevato come la rosa nel mondo occidentale, a partire dalla mistica cristiana medievale, sia accostabile al fior di loto orientale, entrambi simboli di perfezione, compimento, spiritualità ed elevazione, sempre attinente al femminile ed all’acqua. Si potrebbe affermare che essa si possa contemplare come un mandala orientale, assumendola nel contempo come un centro mistico occidentale.  

Anche nella tradizione mistica islamica, Saadi di Chiraz associa il giardino delle rose alla contemplazione: “Coglierò le rose del giardino, ma il profumo del rosaio mi ha inebriato”. Del resto i roseti entrano nel linguaggio del Paradiso perduto, nelle cure dei monaci dei conventi, nelle meraviglie del Cantico dei Cantici, qui  ricordando che le spine della rosa crebbero tradizionalmente dopo la cacciata dall’Eden, per ricordare all’uomo che il peccato originale è dolore.

Se il roseto diviene simbolicamente l’immagine della rigenerazione, il rosario altro non è se non una serie di piccole rose (poi grani) che rigenerano l’anima con la penitenza della preghiera.

Dal Medioevo in poi la rosa assunse significati e valenze complesse, seguire le cui piste diviene difficile, per evitare una “tuttologia” che – pure- la rosa comprende tutta, quale simbolo dei simboli.

Potremmo semplificare dicendo che i principali significanti di questo fiore perfetto sono almeno tre: alchemici, geometrici ed iniziatici, riconducibili tutti alla mistica cristiana.

I trattati degli alchimisti erano detti “ rosari dei filosofi”: la rosa bianca e la rosa rossa in alchimia rappresentano il sistema dualistico dei principi originari.

A partire dalla concezione dantesca della  “rosa candida”, mche si rifà alla Rosa Mistica delle litanie mariane e quindi alla Vergine stessa, la rosa diviene perfetta conoscenza dei misteri della Grande Opera.

La rosa rossa, attributo specifico in alchimia della Madonna nera, è simbolo della rubedo, lo stato nel quale l’anima diviene oro puro.

La rosa bianca era collegata all’albedo e, quindi, alla Piccola Opera.

Per gli alchimisti una rosa con sette ordini di petali raffigurava i sette metalli, legati ai sette pianeti principali.

Il numero dei petali della rosa, cinque, otto, dodici o quindici, è sempre posto in relazione all’interno della geometria simbolica con le sacre corrispondenze pitagoriche ( o ritmomachia), con gli sviluppi dimensionali e proporzionali dell’architettura, con la matematica “segreta”, con la quadratura del cerchio.

Il numero cinque in particolare collega la geometria della rosa ad aspetti  iniziatici: la rosa incarna la “conoscenza integrale” dell’uomo integrale e quindi allude all’illuminazione tramite l’apertura dei centri vitali (“far fiorire la rosa”).

Se nella Croce ( quattro bracci) è racchiusa la compiutezza, ecco che cinque rose  (le cinque piaghe di Cristo) poste sulla Croce rappresentano la compiutezza giunta a perfezione (+1), ravvisabile nell’uomo integrale Gesù Cristo.

Allora la quinta rosa, quella visibile anche nella simbologia rosacrociana al centro della Croce (le altre quattro alle estremità) diviene il cuore sacro di Cristo, l’estremo centro, l’estrema conoscenza e , per estensione, simbolo della coppa del Graal.

Senza forzare le interpretazioni e ritornando alla mistica, ricordiamo qui Angelus Silesius, che fa di questo fiore simbolo dell’anima e del Cristo che ogni anima porta in sé quale impronta.

Ecco dunque che la Croce alla quale è appeso l’Adamo primordiale diviene albero della conoscenza e compimento del destino dell’uomo, quello della perfetta contemplazione della verità, della conoscenza, dell’amore : in questo la rosa di Silesius - della citazione iniziale- quella che fiorisce senza un perché diventa il più elevato simbolo solare di illuminazione interiore.

I rosoni delle finestre romaniche e gotiche, simboli di forte ascendenza mesopotamica  (M’schatta) e siriaco-copti  (ruota del sole) diventano per il cristianesimo la perfezione del cerchio, che spesso contiene il monogramma dell’ Uomo, Cristo, Sole della giustizia e Sole eterno.

Regalare una rosa, oggi, appare solo assai romantico: ma  questo dono è il più  impegnativo,    segno della cum-passio, del raggiungimento dell’amore più grande: “La rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce; non pensa a sé, non si chiede se la si veda oppure no”.

 

articolo apparso sul numero 42 della rivista LEX AUREA

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