Antonio D'Alonzo Il Simbolo |
Comprendere il simbolo è al contempo un atto di profonda intellezione spirituale
e morale. Un dizionario simbolico può essere di aiuto, ma non coincide con la
comprensione stessa. Il simbolo infatti va vissuto, portato sulla pelle. Sia che
ci si limiti ad osservarlo, sia che si prenda la sana abitudine di meditare su
di esso, vi saranno comunque dei benefici quando il simbolo risveglierà
l’equivalente archetipo (struttura simbolica inconscia) rimosso nell’Inconscio
Collettivo. Conoscere è ricordare. Per capire bene che cosa sia la conoscenza
simbolica, si deve prima tracciare una breve distinzione tra segno e simbolo.
Secondo il linguista francese Ferdinand De Saussure, il segno è arbitrario.
Prendiamo ad esempio la lettera H.
A questa lettera (significante) possono essere abbinati ben tre
significati-suoni. Nell’alfabeto latino ad H corrisponde il fonema «ch»-
una «c»
aspirata-, in cirillico il fonema «n»,
in greco il fonema «e» aperto di Eta.
Si potrebbe proseguire all’infinito, creando una serie sterminata di abbinamenti
fonetici. Il simbolo, a differenza del segno, è polisemico ma non in modo
infinito. Prendiamo ad esempio, l’immagine abbinata alla parola «cane». Si
possono abbinare al «cane» molti aggettivi qualificativi: «fedele», «amico»,
«protettivo», «rabbioso», ecc. Ma questi significati si dovranno sempre riferire
ad un mammifero a quattro zampe. Non potrò mai abbinare al «cane», i
significati, ad esempio, di un uccello come l’aquila («solare», «imperiale»,
«spirituale», ecc.) o di un pesce («profondo», «nascosto», «subconscio», ecc.).
Quindi, il simbolo, a differenza del segno, mantiene, nella polisemia, un
significato oggettivo che ne circoscrive l’utilizzo. Ecco perché il simbolo è
così importante: esso dischiude, apre dei significati per chi ha «occhi per
vedere». Nel pensiero della Tradizione si crede che ritrovare gli stessi simboli
in diverse culture ed epoche sia testimonianza dell’Unicità e dell’Universalità
della Tradizione, e che quest’ultima costituisca le radici dell’Albero delle
religioni e delle filosofie. Il tradizionalista Schuon, la definisce come «Unità
Trascendente delle Religioni». L’immagine delle «radici» rimanda a qualcosa che
si sottrae allo sguardo profano, al punto di vista dell’ignoranza. Svelare i
simboli significa risalire l’Albero delle Religioni verso le radici, i Principi
Primi metafisici da cui scaturisce il mondo della manifestazione. Nella
Tradizione, l’Albero del Mondo è capovolto: le radici (i Principi) stanno in
cima, i rami ed i frutti in basso (la manifestazione, le religioni storiche). La
conoscenza simbolica non può avvenire attraverso la ragione discorsiva o
calcolante dell’Era della Tecnica. Il simbolo, in quanto richiama le radici
della Tradizione, può essere compreso soltanto attraverso un puro atto
d’intuizione intellettuale, dove il termine «intelletto» non rinvia
all’intelligenza intellettuale ma al Nous
neoplatonico: in una parola, allo «Spirito». Nella Tradizione, lo Spirito è
identificato con il «Cuore». Siamo da sempre uniti al Principio di tutte le
cose: ce ne siamo dimenticati per effetto della Caduta nel mondo della materia e
dell’illusione. Il simbolo agisce, risveglia la Conoscenza, collegando come un
ponte l’immaginazione creatrice allo Spirito. Il simbolo in fondo è proprio
questo: un ponte tra l’Anima e lo Spirito.