Morton Smith e la Truffa del Vangelo Segreto di Marco.

Un libro scuote il mondo accademico americano

 

Su gentile concessione dell’autore Massimo Introvigne


 

 

Capita di rado che un libro esploda come una bomba e produca sconquassi nel mondo accademico americano, che è di solito riservato, tranquillo e abituato a muoversi con cautela. Ma è quanto sta succedendo con il volume di Stephen C. Carlson The Gospel Hoax. Morton Smith’s Invention of Secret Mark (“La truffa del Vangelo. Morton Smith e l’invenzione del Vangelo Segreto di Marco), appena pubblicato dalla Baylor University Press di Waco, nel Texas. Stephen C. Carlson è un avvocato specializzato in contraffazioni e documenti falsi, non uno studioso di scienze religiose, ma è l’editore che dà prestigio al volume. La Baylor University, una delle più grandi università degli Stati Uniti, da un originario legame con la Chiesa Battista è passata a un ambizioso piano di rinnovamento che fa sì che oggi la maggioranza dei docenti e degli studenti non siano battisti, ha attirato celebrità internazionali (delle più diverse opinioni religiose e politiche) in diversi settori, e pubblica quell’Interdisciplinary Journal of Research on Religion che molti considerano la più autorevole rivista accademica online nel settore degli studi sulle religioni.

 

C’è un gruppo di studiosi che ha contestato il Codice da Vinci da una prospettiva opposta a quella di molti cattolici e protestanti. Sono i seguaci di Morton Smith (1911-1991), il famoso e controverso storico della Chiesa, docente alla Columbia University di New York, secondo cui Gesù Cristo era il capo di una conventicola esoterica in cui si entrava con un rituale di iniziazione segreto che comprendeva elementi chiaramente omosessuali. Evidentemente il Gesù eterosessuale, sposato alla Maddalena e con figli di Dan Brown, non poteva piacere agli smithiani. Morton Smith si era conquistato fama e onori accademici annunciando nel 1958 di avere scoperto nella biblioteca del monastero di Mar Saba, in Palestina, inserita in un libro del 1646, la copia scritta a mano da un monaco circa un secolo dopo di un frammento di una lettera asseritamente scritta da San Clemente di Alessandria (?-215) a un certo Teodoro. Nella lettera – oltre a parlare male degli gnostici carpocraziani – si fa stato dell’esistenza di una versione segreta del Vangelo di Marco, e se ne cita in particolare un brano parallelo al noto episodio della resurrezione di Lazzaro. “Il giovane che Gesù amava”, un personaggio che assomiglia a Lazzaro, in questo Vangelo Segreto di Marco non è morto (tanto che “un grande grido si ode dalla sua tomba”) ma solo malato. Gesù lo riaccompagna a casa, e “dopo sei giorni”, come il Maestro gli aveva chiesto, Lazzaro gli si presenta “con un panno di lino sul corpo nudo”. Gesù “rimase con lui quella notte” e “gli insegnò i misteri del Regno di Dio”. Secondo Morton Smith si ha qui la prova di cerimonie iniziatiche in cui i discepoli sperimentano una “esperienza allucinatoria” e ottengono una “libertà dalla Legge (ebraica)” che li porta a una strettissima unione spirituale con Gesù, “completata da un’unione fisica”. Detto in termini meno accademici, Gesù è il capo di una setta esoterica come tante apparse in seguito nella storia e che esistono ancora oggi, che pratica rituali di magia sessuale, nella specie omosessuali.

 

Per alcuni anni un buon numero di studiosi ha creduto all’esistenza del Vangelo Segreto di Marco sulla base della testimonianza di Morton Smith, delle fotografie da lui scattate della lettera del monaco settecentesco, e delle autentiche di una serie di specialisti greci cui Smith mostrò a suo tempo le fotografie e che certificarono che si trattava in effetti di un testo scritto nel Settecento e su carta dell’epoca. Naturalmente, che il monaco del Settecento avesse copiato fedelmente un testo perduto di san Clemente non si poteva provare direttamente, ma Morton Smith e i suoi seguaci assicuravano che lo stile era così tipicamente di Clemente da rendere la tesi dell’autenticità praticamente certa. E Clemente era abbastanza vicino ai tempi apostolici per dovere sapere di che cosa stava parlando: se affermava che esisteva un Vangelo Segreto di Marco, questo doveva esistere. Dal momento che molte ipotesi di Morton Smith su insegnamenti esoterici di Gesù Cristo, diversi da quelli essoterici a tutti noti, erano piuttosto spericolate, molti storici e teologi si rifiutavano di seguirlo fino in fondo. Ma fino a qualche anno fa i più si limitavano a sostenere che il Vangelo Segreto di Marco citato da Clemente era in realtà un testo gnostico posteriore al Vangelo di Marco che tutti conosciamo, imitato da questo e da collocare nella categoria dei Vangeli apocrifi, dove storie più o meno bizzarre su Gesù sono – come sa chi ha appunto seguito le controversie sul Codice da Vinci – più o meno comuni.

 

C’era anche, per la verità, chi sosteneva che la lettera di Clemente era falsa e che il fatto che il manoscritto fotografato da Morton Smith fosse andato perduto nel monastero di Mar Saba e non si trovasse più per sottoporlo a ulteriori esami era un po’ troppo comodo. Ma queste voci erano messe a tacere: si rischiava di passare da bigotti, che volevano soffocare la voce scomoda di un professore progressista gettando dubbi indegni sulla integrità di un illustre docente. Il libro di Carlson presenta ora il caso sotto una luce completamente diversa. Afferma che le fotografie sono più che sufficienti. Applicando tecniche di investigazione forense non note negli anni 1950 Carlson dimostra persuasivamente – tanto da avere convinto tutti i recensori specializzati in criminologia – che è possibile provare non solo che il testo è stato prodotto nel XX secolo, non nel XVIII, ma anche che l’autore dello scritto è lo stesso Morton Smith. Le prove calligrafiche, estremamente tecniche, sono di per sé sufficienti. Ma – come molti falsari – Smith non ha resistito alla tentazione di lasciare una firma e ha inserito un’allusione a un metodo di produzione del sale assolutamente ignoto nel XVIII secolo – per non parlare dell’epoca di san Clemente – noto come “metodo Morton”, e altri riferimenti alla parola “Smith”. Inoltre la famosa prova costituita dall’“inconfondibile” stile di Clemente tradisce ancora il falsario, perché esagera. Ci sono stilemi e modi di esprimersi unici utilizzati da Clemente, ma nelle sue opere ricorrono una volta ogni due o tre frasi. Qui in un solo breve testo ce ne sono decine.

 

Dopo lo scandalo letterario del Codice da Vinci, interamente costruito su documenti noti da vent’anni come falsi (come credo di avere dimostrato nel mio Gli Illuminati e il Priorato di Sion, Piemme, Casale Monferrato 2005), siamo di fronte a uno scandalo accademico che interesserà meno il grande pubblico, ma le cui potenzialità sono assai più esplosive. Come hanno scritto recensori del libro di Carlson che insegnano storia del cristianesimo antico, come Bart D. Ehrman, si crede al Vangelo Segreto di Marco perché ci si vuole credere: non solo perché è “politicamente corretto” ritrovare l’omosessualità fra i primi cristiani, ma perché – quand’anche non fosse valido come prova di iniziazioni omosessuali – dovrebbe provare un punto centrale (ma falso) dell’esegesi biblica più ostinatamente “progressista”: l’instabilità della tradizione apostolica e la coesistenza di tradizioni molto differenti ancora nel secondo secolo se non addirittura nel terzo. Da questo punto di vista, un rispettato professore della Columbia University – un tempio del progressismo politico e religioso – come Morton Smith appare, a posteriori, come la semplice versione accademica di un Dan Brown qualunque

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