Riflessioni su I.N.R.I

 

Filippo Goti


 

La tradizione religiosa vuole che l'acronimo tetragrammatico posto sulla Croce si traduca con Gesù Nazareno Re dei Giudei. E’ sempre sulla passione, morte e resurrezione che la tradizione religiosa fonda il proprio credo, che unisce sacerdoti e fedeli.

Questo tetragramma, nel corso dei secoli, sia divenuto patrimonio diffuso, e non esclusivo, di molteplici comunità, fratellanze, e ordini iniziatici e magici . Essendo impossibile determinarne la reale interpretazione, l'autentico sviluppo di queste quattro (il quaternario) lettere, in virtù dell'impiego strumentale a cui sono soggette, è forse utile spendere alcune riflessioni sulle stesse.

In tutte le epoche ermetisti cristiani, alchimisti, rosacrociani, liberi muratori e tutto ciò che si richiama al cristianesimo esoterico, si è profuso in molteplici interpretazioni:

Igne Natura Renovatur Integra (Azoth = A + Alpha e Aleph, e poi Zeta + Omega e Thau)

Igne Nitrum Roris Invenitur
Insignia Naturae Ratio Illustrat
Jamaim, Nor, Ruach, Jabashah (estrazione cabalistica)

Justitia Nunc Reget Imperia
Ineffabile Nomen Rerum Initium
Intra Nobis Regnum Jehovah
Indefesso Nisu Repellamus Ignorantiam
Infinitas Natura Ratioque Immortalitas
Justum Necare Reges Impios
Ignatii Nationum Regumque Inimici, (con cui i Liberi Muratori "attaccano" i Gesuiti di S. Ignazio)

Come possiamo notare l'enorme varietà delle "letture esoteriche e occulte" di INRI non agevola il ricercatore, se non nei limiti dell'appagamento della propria particolare inflessione operativa.

Inflessione particolare che porta a considerare INRI come "parola sacra", "parola di potere", o "mantra"; e quindi da utilizzarla durante pratiche invocative o evocative, oppure considerare INRI un acronimo legato ad operatività alchemica, ed infine come depositario di una "verità" alternativa a quella religiosa. Molto dipende se si decide di contestualizzare INRI al periodo storico del primo secolo cristiano, o traslarla durante il rinascimento (periodo più consono all'alchimia), oppure in epoca moderna e contemporanea ove le quattro lettere sono associate a pratiche di mantralizzazione (anche connesse all'operatività sessuale, su cui non mi dilungherò in questa sede)

Ad aumentare la varianza delle interpretazioni, è fatto però osservare che nella sintassi latina, tuttavia, si vorrebbe che il genitivo "dei giudei" preceda e non segua il nominativo "re".

A quanto sopra detto, inoltre andrebbe considerato che non in tutte le croci questo acronimo è riportato per in modo lineare. In alcune si trove all'interno di un quadrato o rettangolo, sviluppato nel seguente modo:
 

IN 

RI

                                     OPPURE

IR

NI

E' inoltre lecito e doveroso considerare come le fonti evangeliche non sono concordi attorno alla dicitura posta sulla sommità della croce ( e ciò potrebbe in qualche modo spiegare la questione di sintassi latina )


Vediamole:

Matteo 27:37 Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei».

Marco 15:26 E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei.

Luca 23:38 C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.

Giovanni 19:19 Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».

Da cui deduciamo quanto segue:

1. La frase più prossima all'acronimo è quella Giovannita.

2. L'acronimo è una libera riduzione della frase Giovannita.

Passando adesso ad un secondo livello di approfondimento, legato proprio al Vangelo di Giovanni troviamo alcuni informazioni di notevole interesse, che se non danno determinazione autentica all'acronimo, possono però aiutarci a mettere a fuoco il quadro ove questo è inserito.

Il Vangelo di Giovanni pare trovi "nascita" nella comunità di Efeso (Provincia romana, odierna Turchia), attorno al 100 d.c., ed è quindi improbabile che sia stato redatto dallo stesso Giovanni. Del resto è scartata anche la possibilità che sia stato Luca, il discepolo di Paolo. Potrebbe quindi essere espressione autonoma ed originale di una comunità la cui lingua era il greco, e la cui formazione spirituale era la filosofia gentile (platonica, ermetica, gnostica, pitagorica oppure una miscela di esse).

Faccio inoltre notare che il Vangelo di Giovanni non è corpo autonomo, ma è raccolto nelle LETTERE DI GIOVANNI, fra cui l'Apocalisse.

Lasciando per un attimo l'Apocalisse e il Vangelo di Giovanni, è interessante appuntare come gli Atti degli Apostoli, scritti anch'essi da un ellenista, trattano la città di Efeso:

Atti 18:24 Arrivò a Efeso un Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture.
Atti 18:25 Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni.

La "nuova novella" non sarebbe stata portata ad Efeso da un ebreo, e neppure da persona iniziata nella cerchia degli apostoli (escludendo così il retaggio ebraico), ma da un certo Apollo ( Espressione Solare, del Sole in Movimento ), nativo di Alessandria ( la culla dello Gnosticismo di Valentino, che da sempre sostenne l'alternatività fra l'antico e il nuovo testamento, e le due nature fra Cristo e Gesù ), iniziato da Giovanni ( Giovanni: fulcro ed espressione simbolica dell'esoterismo cristiano). Tutto ciò è indubbiamente interessante, in quanto fornisce ancora una volta un'interessante traccia attorno alle diverse nature, e radici che hanno animato e ancora oggi animano il messaggio cristico: fornendo invariabilmente diverse chiavi di lettura allo stesso.

Continuando su questa analisi, tesa a suggerire prossimi filoni di interrogazione e di ricerca, è giusto indicare che il testo più antico pervenutici dell'opera di Giovanni, è datato 125 d.c. ed è chiamato "P52", ovvero Papiro 52. Le misure del frammento pervenuteci sono di cm. 8, 9 x 6 è conosciuto anche come Papiro Rylands 457, sicuramente uno dei più vecchi frammenti di riguardante il Nuovo Testamento. Ovviamente è stato ritrovato in Egitto ed è in forma di codice, e contiene Giovanni 18,31-33 e 18,37-38. Il Vangelo di Giovanni è inserito anche nel Papiro 66, datato circa il 200 d.c., conosciuto come papiro Bodmer II, e nei Papiri 45 e 75 del 250, e infine nel Codex Sinaiticus del 350.

Come possiamo vedere torna sempre prepotente la culla culturale egizia, e l'iniziazione fuori dal gruppo dei dodici quando parliamo del Vangelo di Giovanni.

E' ancora interessante notare come il primo commentatore del Vangelo di Giovanni è stato uno gnostico, tale Eracleone, il quale era discepolo di Valentino, che ovviamente non starò a dire che era nativo di Alessandria d'Egitto, come Apollo che portò la buona novella ad Efeso.

E' ancora interessante notare come Eracletone praticava un'estrema unzione per i suoi discepoli, utilizzando una miscela di olio, acqua e balsamo.. e al termine un'invocazione in lingua sacra....

Osserviamo l'Apocalisse di Giovanni attorno ad Efeso:


Apocalisse 1:11 Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa.

Apocalisse 2:1 All'angelo della Chiesa di Efeso scrivi: Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:

Pare che tutto ha inizio da Efeso, in qesta triplice preponderanza del sette (sette le Chiese, sette le stelle, e sette i candelabri), numero della regola, dell'incontro fra divino e umano, la cui ricomposizione geometrica dona il cinque (l'uomo iniziato, completo, l'adepto al mistero della conoscenza)

Mi accorgo adesso, in conclusione, di non aver parlato di INRI; ma a ben vedere forse ne ho abbondantemente trattato. Questa natura che vogliamo integrare, rendere novella, divina magnificenza non è quella del mare, e neppure del vento, e non certo del fuoco e della terra; non appartiene al quaternario manifesto in natura; bensì alle acque interne, al soffio che anima, al fuoco che arde nel cuore, e all'atto che da ciò si trae.

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