La Croce nei tempi precristiani e cristiani
Erica Tiozzo
La croce fu vergogna, profezia, simbolo. La croce fu discussa, dimenticata, contesa, rifiutata,
ammirata, esaltata.
Molteplici sono stati gli atteggiamenti dei primi seguaci del Cristo verso lo strumento che ne decretò la morte e ne consentì la Risurrezione (invero la croce è stata necessaria, secondo gli scritti patristici): se inizialmente la croce non era affatto simbolo cristiano e veniva vivacemente respinta
perchè supplizio scandaloso destinato a malfattori, dal III secolo in poi viene osannata fino a divenire, parallelamente al racconto della Passione, teologicamente sempre più importante e diviene inequivocabilmente segno e simbolo della religione cristiana e del cristiano.
Un cristianesimo senza croce è inimmaginabile, al giorno d'oggi: eppure, i primi cristiani tendevano a tralasciare l'evento della crocifissione che, anzi, ritenevano fonte di disagio.
E' ignoto ai più che nei tempi precristiani la croce era ugualmente un simbolo religioso; è ignoto ai più che Cristo si fece croce perchè testimoniò la croce, che Cristo rappresentò appieno i contenuti simbolici e metaforici della croce, su cui morì e risorse: che sia metastoria o storia o mito, Gesù Cristo e la croce sono oramai vincolati indissolubilmente.
I SIGNIFICATI PRECRISTIANI METAFISICI, FILOSOFICI E METAFORICI
Veramente numerosi i significati metafisici, filosofici, religiosi, esoterici della croce di epoca
precristiana e cristiana. Non deve stupire che in genere afferiscano fortemente alla cosmologia neoplatonica e stoico-popolare, in cui gli stessi teologi pescarono a piene mani per legittimare una dottrina biblica che contemplava una messa a morte indecorosa secondo i canoni del tempo.
Per giustificare il supplizio sulla Croce, i Padri furono disposti persino a riconoscere il sistema
platonico esposto nel Timeo come una prefigurazione della croce del Figlio di Dio: Platone parla di una "X" tracciata su tutte le cose che Giustino riferisce morte di Gesù.
Lo stesso Paolo, d'altronde, nelle sue lettere identifica il Logos di Filone Alessandrino con il Cristo, Verbo Incarnato. La chiesa primitiva riferì l'immagine del Logos alla croce, di cui fece una sorta di anima mundi, distesa dal centro del mondo ai suoi confini, indicando con l'estremità verticale il cielo o Pleroma, con quella orizzontale la terra o kenoma e pacificando con i
suoi bracci Ebrei e Gentili, abbattendo così secolari muri di divisioni, regole, odii.
Questa particolare visione della Croce come strumento di redenzione per Ebrei e Gentili è accettata sia da apocrifi come il Martirio di Andrea, gli Atti di Giovanni sia da scrittori ufficiali come Atanasio nel suo De Incarnatione.
Questa tipologia di croce è soprattutto metafisica e filosofica: si tratta della grande croce di luce che crocifigge l'universo tenendone salde le parti, totalmente invisibile; nell'accezione ortodossa di un Clemente Alessandrino è una croce reale che pacifica l'umanità e unisce terra e cielo, e, secondo Melitone è il Crocifisso cosmico a rendere stabile l'universo, di cui sostiene il peso.
Per Ignazio di Silone, l'apocrifo dell'Anonimo Asiatico e del Martyrium Petri, la croce è
conversione e penitenza, unione con il Divino, fede e carità che inchiodano gli uomini.
Lo stesso Clemente di Alessandria scriveva che "abbiamo come limite la Croce del Signore", accettando l'interpretazione che ne davano ambienti gnosticizzanti quindi non ortodossi.
Teodoto, che ortodosso non era, scrive che la Croce è un limite del cosmo e dell'umanità: il Limite, il Crocifisso stesso, che separa il Pleroma dal mondo e che separa i fedeli dagli infedeli.
Le due funzioni, quella confermativa e quella separativa, si riferiscono tra l'altro anche fisicamente ai due bracci: quello orizzontale, horos, che separa, e quello verticale, stauros, che conferma e unisce. La croce come stauros nella dottrina valentiniana consolida e sostiene ogni cosa e come horos divide mondo fisso e Pleroma.
LA CROCE COSMICA
Non è solo quella di matrice gnostica, appena citata, l’unico tipo di Croce associata al sistema
cosmico .Secondo documenti letterari e prove archeologiche, la Croce fu utilizzata largamente
anche in ambito macrocosmico, specie nel mondo pagano: residuo profano di questa ricca
simbologia è la stessa “croce dei venti.”
Nella prima accezione, il simbolo della croce è inscritto in un circolo (anche in forma di X) e dal punto di vista teologi co e filosofico rimanda al Libro della Morte e della Vita, il Rotolo per eccellenza, in cui l’essere umano contrae un debito di morte legato al corpo mortale, che invece
Cristo scassò appendendolo sulla Croce e riscattando tutto il genere antropico. Un testo come le
“Odi di Salomone” e Padri greci come Crisostomo e Teodoreto ne accennano largamente; il concetto qui esposto è affine alla nozione valentiniana della Croce stauros-horos.
Anche la Croce come pianta cosmica è simbologia diffusa, di cui esistono varie prove
archeologiche e storico-artistiche ; da un punto di vista teorico ne parlano lo PseudoIppolito, gli Atti di Andrea.
Altresì diffusa risulta essere anche la Croce unicorno, in cui si sottolinea soprattutto l’asta verticale e la sua valenza di stabilizzatrice cosmica: un inno alla solidità, dunque, alla saldezza, di cui parlano S.Giustino (nel Dialogo 91 identificando stauros ed horos: segno che questo lessico poteva
appartenere anche ad un “santo ortodosso”) Ippolito e Apollinare di Gerapoli.
Negli ambienti gnostici e gnosticizzanti non di meno il simbolo stava a significare anche il mistero dell’Incarnazione e delle direzioni di azione del Logos. (ascensus/descensus)e rappresentava il mezzo di pacificazione tra Ebrei e Gentili, l’unione di Cielo e Terra, la redenzione di tutto il genere umano.
Meno conosciuto e diffuso, l’emblema della Croce-scala, tema radicato biblicamente nella visione di Giacobbe e approfondito da alcuni passi evangelici, strettamente associato alla Croce-pianta: ne parlano l’Anonimo Asiatico, Giustino, Ireneo, Zenone. Quest’ultimo vede le due aste quali ricordo dei due Testamenti, i gradini come mezzo per salire al cielo, la scala in sé e per sé quale frutto del sacrificio di Cristo che rende possibile l’Ascensione al Cielo….
Afferiscono alla medesima area di significati
La Croce dei Venti si fonda sul concetto pseudoscientifico della “forma quadrata mundi” ed è legata, chiaramente, all’universalismo paolino, laddove Cristo crocifigge il Mondo. Gregorio di Nissa rintraccia la croce persino nell’albero della nave, laddove l’asta verticale è tecnicamente detta “iota” e quella trasversale “apice” e la lega al passo del Vangelo di Matteo 5, 18. (“Uno iota della legge e un apice non passerà”) Secondo Gregorio, la Croce è “Enigma e specchio, consolida tutto e rende durevoli quelle cose che sono sospese in esso”.
LA CROCE MICROCOSMICA
In quelle correnti vicine al platonismo, la Croce fu anche interpretata come simbolo dell’uomo, dunque del microcosmo; talvolta lo si interpretava anche come il mitico Adamas, considerato il punto centrale dell’universo. Uno di questi simboli, tuttora attuale, a volte raffigurato sui portali di
antiche chiese, è il pentagramma.
Dal III secolo, alcuni identificarono Adamas con il Crocifisso, dicendo che il novello Adamo, Gesù Cristo, rispecchiava anche il numero gematrico 46 (salì al Golgota al’ora sesta e ascese al cielo nel quarantesimo giorno dopo la Resurrezione)
CONCLUSIONI
La ricchezza di significati della Croce, che fin da piccoli associamo con troppa facilità al supplizio del Signore nella sua evidenza di strumento di morte, può riservare più di qualche sorpresa per dinamismo e vitalità: certamente, se si affrontasse la letteratura patristica per intero, sorgerebbero molti livelli di lettura differenti della Crocifissione, lontani dal materialismo e dalla razionalizzazione catechistica. Tra l’altro, anche eminenti Padri della Chiesa e santi, come abbiamo visto, assumevano posizioni che oggi sarebbero definite al limite dell’ortodossia: posizioni spesso raffinate in cui le speculazioni erano veramente sottili.
Scopriamo così che quest’antichissimo simbolo poteva coprire numerosi ambiti, apparteneva a
molte tradizioni e veniva proiettato dagli autori citati sia sulla collettività, come emblema morale,
teologico, filosofico, metafisico sia sul singolo individuo, come fonte di salvezza.
Un cristiano quindi, non può esimersi dall’avere la Croce come simbolo, quale che sia il suo livello di fede, stante la volontà ferrea della Chiesa di legittimare ed usare questo segno; coloro che sono interessati all’esoterismo occidentale, invece, con la mente sgombra da dogmi e libera dal laccio dell’approccio fideistico ( che comunque
la Chiesa ci ha trasmesso per il nostro bene) e consci della continuità culturale del simbolo, non possono esimersi dallo studio della Croce, vero tesoro di tradizioni ermetiche, gnostiche, platoniche e paleocristiane; compito arduo dell’esoterista è assimilare e vivificare il Simbolo per attuare la Reintegrazione desiderata: che ogni buon occidentale, dunque, si rimpossessi della Croce!