Cristianesimo e Religione

Ovvero, l’equivoco del secolo: Cristianesimo o Cattolicesimo?

Ovidio La Pera

 

Da qualche tempo, stiamo assistendo, ad una continua serie di esternazioni ed affermazioni categoriche da parte delle alte gerarchie della Chiesa Cattolica, su determinati problemi, la cui gestione è di esclusiva competenza dello Stato Italiano, in quanto relativi a questioni che interessano tutti i cittadini, e quindi non solo i cattolici. Con tali sistematici interventi, la Chiesa, sembra orami voler perseguire un preciso disegno, e cioè quello di poter soddisfare la sua millenaria sete di potere, ponendo, indirettamente, sotto la sua tutela le leve dello Stato Italiano, minando il fondamento principale d’ogni democrazia, e cioè la laicità, dando luogo ad una forma di Teocrazia strisciante, sotto una larvata apparenza democratica. A questo tipo di potere, nel diciannovesimo secolo, i nostri padri, con dure lotte, avevano posto fine; ma purtroppo, a partire dal secolo scorso, specifici interessi della classe politica, nella storia del nostro Paese, e sui quali non entriamo nel merito, hanno messo in pericolo il principio della laicità dello Stato, firmando con la Chiesa dei patti concordatari, i quali dovevano tutelare l’indipendenza di entrambe, sì da avere una libera Chiesa in un libero Stato, laico e indipendente. Cosa che, però, non si è mai realizzata.

Pertanto, per evitare ogni dubbio sulla possibilità che le severe critiche che rivolgiamo alla Chiesa Cattolica, possano in qualche modo riguardare il Cristianesimo in quanto tale, cercheremo di stabilire cosa sia il Cristianesimo, precisando se si tratta di una religione e quale sia il suo rapporto con le religioni e specificatamente con il Cattolicesimo, sperando così di eliminare quella confusione che ha dato luogo, nel tempo, a tanti equivoci; e a tale scopo ci serviremo anche del contributo di un grande nostro fratello del Settecento, e cioè di Louis-Claude de Saint-Martin, che di questi temi ne ha diffusamente parlato nelle sue opere.

          Dovendo cercare di capire cosa sia, dunque il Cristianesimo, e le ragioni della sua distinzione dalle religioni, inizieremo col prendere in considerazione ciò che comunemente viene individuato come rivelazione.

Perciò chiediamoci cosa sia e cosa comporta questa rivelazione. Oggettivamente, quando Dio rende noto, in qualche modo, alle persone, cosa esse devono fare o meno, si ha una rivelazione; come quella, appunto, che Dio diede al popolo d’Israele per mezzo di Mosé. Ed ecco così la Legge, ed è attraverso la Legge che le persone sanno cosa devono o non devono fare. A proposito di legge, il Vangelo di Giovanni, nel Prologo, 1: 17 così dice: “Perché la legge fu data per mezzo di Mosé, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo”. Ora, l’istituzione della Legge, ha come immediata conseguenza, la determinazione della causa per cui tra Dio e gli uomini si stabilisce una separazione, creandosi in tal modo una dualità, poiché, in effetti vi è chi, da una parte, dà delle disposizioni e chi, dall’altra, deve osservarle, mentre, ritornando all’affermazione del Vangelo,  la Verità unisce a Dio, venendo in questo modo ad istituire la non-dualità. Pertanto Verità e Legge appartengono a due ordini differenti che non possono essere mischiati.

Nella Nuova Alleanza proposta dal Cristo, infatti, non vi è un codice scritto su tavole di pietra, ma un codice scritto dallo spirito di Dio nel cuore d’ogni persona. Con la Legge scritta sulle tavole di pietra, il cuore umano rimane duro come la materia su cui questa Legge è incisa, mentre quest’ultima rimane, come le statue, sempre la stessa.

La vita dell’uomo, con il mutare delle circostanze richiede continuamente dei mutamenti di linea. Ed il conflitto di Gesù con le autorità religiose è stato un conflitto tra il suo cuore di carne, e quello di pietra di queste autorità. La Legge oggettiva è certamente un dono di Dio, ma nel contempo è il suo limite. Sempre che si possa parlare di limiti in Dio; limiti che in realtà provengono dalle errate convinzioni di queste autorità religiose.

Quando la Legge scritta diventa assoluta si trasforma in una gabbia che blocca lo spirito, ovvero il desiderio di volare nello spazio infinito.

Se la religione basata sulla Legge scritta è un nido, la madre degli uccelli attende con gioia il momento in cui i suoi piccoli prenderanno il volo nella libertà dello spazio infinito. Ma se essa è una gabbia, istituisce delle guardie, ossia le gerarchie ecclesiastiche, che controllano le porte di questa gabbia come quelle di una prigione, provvedendo al nutrimento quotidiano e stando attente che nessuno degli uccelli lasci la gabbia.

Nella gabbia, oltre al nutrimento vi è la protezione e l’esistenza, ma non vi è la vita. L’uccello che vola non ha sicurezze, esso è vulnerabile, ma in compenso ha la vita con le sue infinite possibilità. La differenza tra un nido ed una gabbia è che la gabbia ha porte e guardie, mentre il nido ha solo una madre ed un maestro. Se ad una gabbia si tolgono le porte, questa diventa un nido e le guardie si trasformano in madre e maestro.

Gesù ha insegnato agli uomini la possibilità di volare nella libertà dello spazio infinito. Egli stesso si è liberato dal grembo di sua madre, ovvero della religione basata sulla Legge, infrangendone le porte e trasformandola da gabbia in un nido.

Le autorità religiose avevano la chiave del regno, ma non vi entravano, né permettevano che altri vi entrassero; ed il loro peccato più grave è stato l’assolutizzazione della Legge scritta. E Gesù, che altri non è che la via, la verità e la vita, è venuto a rimproverare coloro che hanno assolutizzato la Legge, e ad aprire le porte della gabbia per liberare i prigionieri, impedendo così, ch’essi perissero ad opera dei guardiani della gabbia.

Gesù che cammina sulle acque, guida i suoi discepoli sulla via che porta, oltre il mare, all’infinito, allo sconosciuto.

Quanto agli uomini, esseri mortali, per viaggiare necessitano di una barca. Barca che Gesù e i suoi discepoli usavano andando per il mare di Galilea. Barca che rappresenta il nuovo sistema al posto della gabbia e che permette di passare sull’altra sponda. Certi che nell’attraversamento, in caso di pericolo Egli è pronto a soccorrerci venendoci incontro camminando sulle acque. Cosa che l’uomo non è in grado di fare perché sovraccarico del peso del proprio ego che è stato la causa del sorgere della Legge. Ma durante il viaggio, avverrà la nascita del vero Sé, ad immagine e somiglianza di Dio, ed il Sé, che è vita come l’acqua, farà dissolvere l’ego, proprio come una bolla sull’acqua.

Da quanto abbiamo visto, dunque, il cristianesimo, non essendo una gabbia, non è una religione; e per comprendere in cosa essa consista, prendiamo in considerazione, tanto per fare un esempio, la via indicata da Louis-Claude de Saint-Martin, e cioè la cosiddetta via cristica. Essa, è la via dell’infinito riposo, o com’egli diceva, il luogo di riposo a cui dovrebbero tendere tutte le religioni; è la via dell’infinito movimento, dell’infinito silenzio e dell’infinita azione,  che ci consente, infine, d’entrare nel cuore di Dio. Quella di Saint-Martin non è l’unica via che nega tutte le altre che comunque portano a Dio, non è la via perfetta fra le altre imperfette, non è la barca che esclude le altre barche, ma è, senz’altro la via, che, mediante l’elevazione del pensiero, e quindi della facoltà prima di cui dispone l’uomo, può condurci, con l’azione determinata dalla forza del volere, nella zona cardiaca, ovvero nel luogo in cui vi è l’oggetto del sentire, per aprirci oltre ciò che è al di là dei limiti del pensiero stesso, bruciando, nel fuoco ridestato del proprio atanor, le scorie della nostra personalità, del sé individuato, ovvero il nostro essere egoico, volendo donarci per amore del proprio essere, del mondo, degli altri, della Luce, della Vita, ovvero del Logos solare, per realizzare in tal modo, con le forze redente dell’Io, il senso ultimo della vita, che consiste nel fondare il cosmo dell’Amore.

Sottolineiamo infine, che per chi intraprende questa via, non è necessaria alcuna intermediazione sacerdotale, poiché, secondo Melchisedec, ciascuno è sacerdote di se stesso. Pertanto, indipendentemente da ogni tipo di prestazione sacerdotale di qualsiasi chiesa, l’istituzione del Cristo può operarsi in ogni uomo di desiderio credendo sinceramente nei poteri e nei meriti del Redentore, o come Saint-Martin ama definirlo, del Riparatore.

Ma, per capire appieno cosa sia il Cattolicesimo, diversamente dal Cristianesimo, proponiamo quanto Louis-Claude de Saint-Martin afferma nella sua celebre “Lettera ad un amico sulla Rivoluzione Francese” :

«Quando (la Rivoluzione) la si contempla nei suoi particolari, si vede che sebbene essa colpisca ad un tempo tutti gli ordini della Francia, è ben chiaro che colpisce ancor più fortemente il clero. Poiché la nobiltà stessa, questa escrescenza mostruosa fra degli individui uguali per la loro natura, essendo già stata tanto umiliata in Francia da alcuni Monarchi e dai loro ministri, non aveva più da perdere, per così dire, che dei vani nomi e dei titoli immaginari, mentre il clero, essendo nel godimento di tutti i suoi diritti fittizi e di tutte le sue usurpazioni temporali, doveva provare, sotto tutti i rapporti, il potere della mano vendicatrice che conduceva la rivoluzione; atteso che non si può quasi rifiutarsi di guardare i preti come i più colpevoli, ed anche come i soli autori di tutti i torti e di tutti i crimini degli altri ordini».

«In effetti, è il clero che è la causa indiretta dei crimini dei Re, perché è il prete che, secondo le espressioni della scrittura, doveva essere la sentinella d’Israele, e che, al contrario, abusando delle parole indirizzate a Mosè, a Samuele ed a Geremia, si è arrogato il diritto di istituire e di destituire i Re, di consacrarli, e di legittimare poi tutti i loro traviamenti e tutti i loro capricci, purché essi avessero cura di alimentare l’ambizione e la cupidigia di questo stesso prete; infine, perché questi Re, ch’egli guardava come sue creature, partorivano dappertutto, in suo nome, tutti quegli abusi che, uscendo da una radice già alterata, si comunicavano naturalmente e progressivamente a tutti i rami dello Stato ... ...».

Incidentalmente facciamo notare che la Rivoluzione, appare a Saint-Martin come un evento provvidenziale e capitale non solo per la Francia, ma per la storia dell’umanità tutta. Ciò non vuol dire che Robespierre avesse ragione, né che Cazotte fosse colpevole. La virtù della Rivoluzione è una virtù di castigo e di avvertimento, di progresso e di epurazione. La Rivoluzione non poteva essere tutta innocente, ma i mali ch’essa portava erano utili e necessari: gli uomini dovevano, fosse ciò mediante una chirurgia terribile, essere strappati alla seduzione del Male di cui l’imperio stava divenendo sovrano.

È importante notare, infine, come Saint-Martin, sebbene ad essere colpiti da questa rivoluzione siano stati tutti gli ordini sociali della Francia, non ne attribuisca la responsabilità in modo particolare alla nobiltà, opinione del resto in genere molto diffusa; e ciò in quanto ritiene ch’essa sia stata già abbastanza umiliata dai monarchi e dai loro ministri, e che pertanto non aveva altro da perdere se non dei “vani nomi e dei titoli immaginari”. Ciò non toglie però che il nostro Filosofo non avesse, nonostante fosse anch’egli, a sua volta nobile, una grande opinione della nobiltà che in questo scritto  definisce “escrescenza mostruosa”. Pertanto la responsabilità  di questa tragedia, non poteva ricadere tutta, che sulla classe del clero a causa delle loro prevaricazioni, prevaricazioni che, stando a ciò ch’egli dice, agli occhi di Dio, occupavano il primo posto.

Ma ritorniamo a ciò che può essere considerato un grossolano equivoco storico, e cioè l’identificazione del Cristianesimo con il Cattolicesimo. Argomento ch’egli affronta nella terza parte, intitolata “La Parola”, della sua ultima opera “Il Ministero dell’Uomo-Spirito” :

    «Il vero cristianesimo è non solamente anteriore al cattolicesimo, ma ancora, al termine cristianesimo stesso; il nome di cristiano non è pronunciato una sola volta nel Vangelo, ma lo spirito di questo nome vi è molto chiaramente esposto, e consiste, secondo il Vangelo di Giovanni (1, 12) “nel potere di essere fatto figlio di Dio”; e lo spirito dei figli di Dio o degli Apostoli del Cristo e di coloro che avranno creduto in lui, è, secondo Marco (16, 20), “che il Signore operava con essi, e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano”».

    «Quindi da questo punto di vista, per essere veramente nel cristianesimo, bisogna essere uniti allo spirito del Signore, ed aver consumato la nostra alleanza completa con lui».

    «Ora, sotto questo rapporto, la vera indole del cristianesimo sarebbe meno d’essere una religione che la meta ed il luogo di riposo di tutte le religioni e di tutte quelle vie laboriose, per le quali la fede degli uomini, e la necessità di purgarsi delle loro sozzure, li obbligano a procedere tutti i giorni».

    «Perciò è una cosa abbastanza notevole che nei quattro Vangeli, i quali riposano sullo spirito del vero cristianesimo, il vocabolo religione non appare una sola volta; che negli scritti degli Apostoli, i quali completano il nuovo testamento, non sia menzionato che quattro volte:

- una negli atti (26, 5) in cui l’autore non parla che della religione giudaica;

- la seconda nei Colossesi (2, 18) in cui l’autore si limita a condannare il culto o la religione degli angeli;

- e la terza e quarta in  Giacomo (1, 26 e 27) in cui dice semplicemente: 1) che “colui che non frena la propria lingua, ma che abbandona il suo cuore alla seduzione, non ha che una religione vana”; e 2) che “la religione pura e senza macchia agli occhi di Dio il padre, consiste nel visitare gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, ed a garantirsi dalla corruzione del secolo”. Esempi in cui il cristianesimo appare tendere molto più verso la sua divina sublimità, o verso il luogo di riposo, che a rivestirsi dei colori di ciò che siamo abituati a chiamare religione».

    «Ecco dunque un quadro delle differenze del cristianesimo dal cattolicesimo».

    «Il cristianesimo non è che lo spirito stesso di Gesù Cristo nella sua pienezza, e dopo che questo divino Riparatore giunse all’ultimo gradino della missione che ha cominciato ad adempiere fin dalla caduta dell’uomo, promettendogli che la razza della donna avrebbe schiacciato la testa del serpente. Il cristianesimo è il compimento del sacerdozio di Melchisedec; è l’anima del Vangelo, è esso che fa circolare in questo Vangelo, tutte le acque vive di cui le nazioni hanno bisogno per dissetarsi».

    «Il cattolicesimo, al quale appartiene propriamente il titolo di religione, è la via di prova e di travaglio per arrivare al cristianesimo».

    «Il cristianesimo è la regione dell’affrancamento e della libertà: il cattolicesimo non è che il seminario del cristianesimo; è la regione delle regole e della disciplina del neofita».

    «Il cristianesimo riempie tutta la terra alla pari dello spirito di Dio. Il cattolicesimo non riempie che una parte del globo, sebbene il titolo che porta si presenti come universale».

    «Il cristianesimo porta la nostra fede fino nella regione luminosa dell’eterna parola divina; il cattolicesimo circoscrive questa fede ai limiti della parola scritta o delle tradizioni».

    «Il cristianesimo dilata ed estende l’uso delle nostre facoltà intellettuali. Il cattolicesimo racchiude e circoscrive l’esercizio di queste stesse facoltà».

    «Il cristianesimo ci mostra Dio apertamente nel seno del nostro essere, senza il soccorso di forme e di formule. Il cattolicesimo ci lascia alle prese con noi stessi per trovare il Dio nascosto sotto l’apparato delle cerimonie».

    «Il cristianesimo non ha misteri, e questo nome stesso gli ripugnerebbe, poiché per essenza il cristianesimo è l’evidenza e l’universale luce. Il cattolicesimo è pieno di misteri, e riposa solamente su una base velata. La sfinge può esser posta sulla soglia dei templi costruiti dalla mano degli uomini; non può risiedere sulla soglia del cuore dell’uomo, che è la vera porta d’entrata del cristianesimo».

    «Il cristianesimo è il frutto dell’albero; il cattolicesimo non può esserne che il concime».

    «Il cristianesimo non produce né monasteri né anacoreti, perché non può più isolarsi quanto la luce del sole, e perché cerca come essa di diffondere ovunque il suo splendore. È il cattolicesimo che ha popolato i deserti di solitari, e le città di comunità religiose, gli uni per abbandonarsi più fruttuosamente alla loro salvezza particolare, gli altri per offrire al mondo corrotto alcune immagini di virtù e di pietà che lo risvegliasse nella sua letargia».

    «Il cristianesimo non ha alcuna setta, poiché abbraccia l’unità, e l’unità essendo sola, non può essere divisa da se stessa. Il cattolicesimo ha visto nascere nel suo seno delle moltitudini di scismi e di sette che hanno portato avanti più il regno della divisione che quello della concordia; e questo cattolicesimo stesso, allorché si crede nel più perfetto grado di purezza, trova, a fatica, due dei suoi membri di cui la credenza sia uniforme».

    «Il cristianesimo non avrebbe mai fatto crociate: la croce invisibile che porta nel suo seno non ha per obiettivo che la consolazione e la felicità di tutti gli esseri. È una falsa imitazione di questo cristianesimo, per non dire di più, che ha inventato queste crociate. È poi il cattolicesimo che le ha adottate: ma è il fanatismo che le ha comandate, è il “giacobinismo” che le ha composte, è “l’anarchismo” che le ha dirette, ed è il “brigantaggio” che le ha eseguite».

    «Il cristianesimo ha suscitato la guerra solamente contro il peccato: il cattolicesimo l’ha suscitata contro gli uomini».

    «Il cristianesimo procede solamente attraverso esperienze certe e continue: il cattolicesimo procede solamente attraverso le autorità e le istituzioni. Il cristianesimo non è che la legge della fede; il cattolicesimo non è che la fede della legge».

    «Il cristianesimo è l’installazione completa dell’anima dell’uomo al rango di ministro e di operaio del Signore; il cattolicesimo limita l’uomo alla cura della propria santità spirituale».

    «Il cristianesimo unisce incessantemente l’uomo a Dio, in quanto sono, per loro natura, due esseri inseparabili; il cattolicesimo, impiegando talvolta lo stesso linguaggio, nutre tuttavia l’uomo di tante forme, che gli fa perdere di vista il suo scopo reale, e gli lascia prendere o anche gli fa contrarre numerose abitudini che non sempre tornano a profitto del suo vero avanzamento».

    «Il cristianesimo riposa immediatamente sulla parola non scritta; il cattolicesimo riposa in generale sulla parola scritta, o sul Vangelo, e particolarmente sulla messa».

    «Il cristianesimo è un’attiva e perpetua immolazione spirituale e divina, sia dell’anima di Gesù Cristo, sia della nostra. Il cattolicesimo, che si basa particolarmente sulla messa, non offre in questa che un’immolazione ostensibile del corpo e del sangue del Riparatore».

    «Il cristianesimo può essere composto solamente dalla razza santa che è l’uomo primitivo, o dalla vera razza sacerdotale. Il cattolicesimo, che si basa particolarmente sulla messa, non era al momento dell’ultima Pasqua del Cristo, che ai gradi iniziali di questo sacerdozio, perché quando il Cristo celebrò l’Eucaristia con i suoi apostoli, e disse loro, “Fate ciò in memoria di me”, essi avevano già ricevuto il potere di scacciare i demoni, di guarire i malati, e di resuscitare i morti, ma non avevano ancora ricevuto il compimento più importante del sacerdozio, poiché la consacrazione del sacerdote consiste nella trasmissione dello Spirito santo, e lo Spirito santo non era ancora stato dato, perché il riparatore non era ancora stato glorificato (Giovanni: 7, 39)».

    «Il cristianesimo diviene un continuo accrescimento di luci, fin dall’istante che l’anima dell’uomo vi è ammessa; il cattolicesimo, che ha fatto della santa cena il più sublime e l’ultimo grado del suo culto, ha lasciato i veli estendersi su questa cerimonia, ed anche, come ho osservato parlando dei sacrifici, ha finito con l’inserire nel canone della messa i vocaboli “Mysterium fidei”, che non sono nel Vangelo, e che contraddicono l’universale evidenza del cristianesimo».

    «Il cristianesimo appartiene all’eternità; il cattolicesimo appartiene al tempo».

    «Il cristianesimo è la meta; il cattolicesimo, nonostante la maestà imponente delle sue solennità, e nonostante la santa magnificenza delle sue ammirabili preghiere, non è che il mezzo».

    «Infine, è possibile che vi siano molti cattolici che non possono giudicare ancora ciò che è il cristianesimo; ma è impossibile che un vero cristiano non sia in condizione di giudicare che cos’è il cattolicesimo, e ciò che dovrebbe essere».

Certamente L. C. de Saint-Martin non poteva essere più chiaro; egli mette in grande evidenza come il cristianesimo sia al di sopra di ogni formalismo religioso, e facendo ciò si è esposto alle critiche degli osservatori e quindi dei suoi nemici i quali non erano poi tanto pochi se si pensa che già qualche anno prima della pubblicazione del suo ultimo libro “Il Ministero dell’Uomo-spirito”, così come ci riferisce egli stesso nel suo Ritratto[1]  «Il 18 gennaio 1798, giorno in cui ho raggiunto il mio 55° anno ho appreso che il mio libro “Degli Errori e della verità” era stato condannato in Spagna dall’Inquisizione in quanto attentatore alla Divinità ed al riposo dei governi.

Che dire a tale proposito; chiunque abbia letto quest’opera può testimoniare come non solo ad ogni sua pagina, ma anche ad ogni sua riga il nostro autore abbia mirato esclusivamente alla difesa della Divinità contro tutte le concezioni materialistiche mediante le quali gli enciclopedisti minacciavano ogni forma di spiritualità, e per quanto riguarda il potere costituito dei singoli governi egli abbia manifestato il dovuto rispetto ad essi pur evidenziando le loro manchevolezze[2]. A conclusione di queste riflessioni abbiamo riportato quest’episodio per sottolineare lo spirito d’inimicizia da cui era circondato, ed egli ne era consapevole, tanto è vero che, sempre nel suo Ritratto[3] così scrive: «Vi sono in alcune delle mie opere parecchi punti che sono presentati con negligenza, anziché con la dovuta precauzione per non risvegliare gli avversari. Tali sono gli articoli in cui parlo dei preti e della religione, nella mia “Lettera sulla Rivoluzione Francese” e nel mio “Ministero dell’Uomo-Spirito”. Capisco che questi punti hanno potuto nuocere alle mie opere perché il mondo non si eleva fino ai gradi in cui esso, se fosse giusto, troverebbe abbondantemente di che calmarsi, e farmi grazia, mentre non è neppure abbastanza misurato da farmi giustizia. Credo che le negligenze, e le imprudenze in cui la mia pigrizia mi ha trascinato in questo genere, hanno avuto luogo con un permesso divino che ha voluto con questo allontanare gli occhi volgari dalle verità troppo sublimi che presentavo forse con la mia semplice volontà umana, e che gli occhi volgari non dovevano contemplare». Terminiamo questo quadro su Cristianesimo e Cattolicesimo, affermando che i problemi in esso esposti riguardano tutti coloro ai quali sta a cuore la laicità dello Stato; poiché la Chiesa considerando tutti coloro che ardiscono criticarla, come dei nemici suoi e soprattutto dei denigratori del Cristianesimo, perpetua, in tal modo, questo grossolano equivoco dell’identificazione del Cristianesimo con il Cattolicesimo. Pertanto è il caso di ribadire ancora una volta che il nostro atteggiamento, specificatamente e giustamente critico, è esclusivamente rivolto al Cattolicesimo, ovvero Al dogmatismo su cui si basa questa religione, come del resto, avviene per tutte le religioni. Cattolicesimo che, come afferma il nostro Filosofo, non può essere che il concime dell’albero di cui il Cristianesimo è il frutto, e che è solamente la fede della legge, mentre il Cristianesimo è la legge della fede, fondandosi esso sulla Verità.


 

[1] “Il mio ritratto storico e filosofico”, art. 861.

[2] A tale proposito vedi “Degli Errori e della verità”, partizione 5 “Del diritto”, cap. “Della sottomissione ai sovrani”.

[3] “Il mio ritratto storico e filosofico”, art. 1116.

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