Lo yoga integrale di Sri Aurobindo

Pino Landi

“Nessuno è idoneo alla sadhana, nel senso che nessuno può farla unicamente con le proprie capacità. Si tratta di prepararci e fare entrare pienamente in noi la Forza, non nostra, che può fare la sadhana col nostro consenso e la nostra aspirazione.”

Sri Aurobindo

 

PREMESSA

Una analisi priva di prevenzioni della sequenza di avvenimenti che formano lo sviluppo temporale della vita, mi ha convinto che gli avvenimenti non avvengono a caso, mandati dalla sfortuna o dalla buona sorte, né arrivano a casaccio. Le cose, i pensieri, le persone, gli accadimenti giungono quando “devono” presentarsi, spesso nel modo “giusto”. Purtroppo quasi sempre non cogliamo il vero significato di ciò che succede e, soprattutto, i riflessi sulla nostra crescita spirituale; ciò accade perché è arduo attivare gli strumenti adatti per comprendere e il nostro usuale mezzo di comprensione, la mente, è totalmente inadeguata e assolutamente fuorviante in questo caso.

Fatta questa premessa, utile per cercare di sfatare il concetto di “coincidenza”, inopinatamente radicato nella comune mentalità, un preconcetto culturale, specialmente per l’uomo moderno occidentale, di cui non è semplice liberarsi, vorrei ringraziare tutti gli amici della lista, a cominciare da Filippo, di cui ammiro la vitalità creativa e l’impegno positivo, che hanno avuto l’idea di “lex aurea”.

Lo stimolo a scrivere, a cercare di sintetizzare anche solo aspetti particolari di un pensiero complesso ed integrale come quello di Aurobindo, mi hanno fatto rileggere testi che non prendevo in mano da troppo tempo, i cui contenuti davo ormai per scontati. Tali contenuti si erano invece mentalizzati, perdendo la freschezza intuitiva delle prime letture, erano diventati pensiero sclerotizzato, invece di stimolo creativo di crescita.

Allora negli accadimenti della mia vita, nel processo faticoso della mia crescita, ben venga questa che è una ulteriore possibilità di sviluppo, di cui ringrazio appunto le persone che ne sono state veicolo.

Di tutto ciò ringrazio la Madre, a cui è opportuno dedicare i frutti di questo mio modesto lavoro con una meditazione ed una preghiera.

“forse è venuto il tempo di continuare l’ascesa nella curva della spirale e, con tutto ciò che ci ha portato quella conoscenza della materia, potremo dare al nostro progresso spirituale una base più solida; forti di quanto abbiamo appreso sui segreti della Natura materiale, potremo allora riunire i due estremi e ritrovare la suprema Realtà al centro dell’atomo” Mère “Commenti sul Dhammapada”

 

 

SINTESI TRA OCCIDENTE ED ORIENTE

Dice Mario Montanari nella sua prefazione all’”Avventura della Coscienza” che “Sri Aurobindo è una vetta dell’Himalaia, per salire lassù bisogna essere agguerriti e pronti ad iniziare un umile lavoro metodico di conoscenza di un mondo a noi ignoto. Egli ha saputo dare una sintesi per l’uomo oggi in ansia. Ha indicato non una larga strada maestra, ma un’erta strada difficile per una radicale trasformazione di tutto l’uomo”.

La vita, il pensiero, le realizzazioni di Aurobindo sono “integrali”; affrontano in modo unitario tutti gli aspetti della realtà, del pensiero, della psiche, dello spirito. Aurobindo è un filosofo, uno storico, un poeta, uno psicologo, un sociologo, un politico, uno spiritualista, uno yogi, ma è anche superiore a tutto ciò, ha voluto e saputo prima conoscere, poi trascendere tutta la scienza e conoscenza dell’uomo, per porsi sul piano della Gnosi, della vera Conoscenza.

Ma non si è perduto in questi piani di realizzazione trascendente, non si è dissolto nel Divino raggiunto: si è fatto strumento della discesa del Divino nella materia.

“ E’ durante la vita che bisogna trasformarsi. E’ sulla terra che si progredisce, è sulla terra che ci si realizza. E’ nel corpo che si ottiene la Vittoria” Mère

Sri Aurobindo è anche sintesi tra il pensiero occidentale e la cultura orientale. Ha studiato i più importanti autori della cultura occidentale, spesso leggendoli nella lingua originale. Si è altresì addentrato profondamente nella millenaria cultura indiana, riscoprendo e rileggendo, in sanscrito, i classici: i Veda, le Uphanishad, la Gita.

Aurobindo non è cristiano, né buddista, né mussulmano, è un uomo che saputo portare alle massime altezze le caratteristiche umane: è un pensatore formidabile, ha raggiunto i massimi livelli di coscienza. Lo spirito incarnato in quest’Uomo ha lavorato e sofferto tra gli uomini per ritrovare la propria dimensione attraverso ed oltre lo yoga. Per indicare agli uomini la possibilità e la strada per una Vita Divina, da realizzare qui ed ora; una realizzazione non solo per trascendere, ma anche per integrare tutti gli aspetti della dimensione umana.

SINTESI DELLO YOGA

Per Aurobindo il pensiero Indiano e gli insegnamenti, anche di pratica, che da millenni ha elaborato, possono diventare una risorsa per il progresso spirituale dell’intera umanità. Con questo fine Egli si è assunto l’onere di realizzare una sintesi delle diverse formulazioni particolari dell’unico potere della natura, cioè dei diversi insegnamenti dello yoga, e inoltre di proporre l’essenza dell’insegnamento in un linguaggio e con paradigmi ontologici adatti all’umanità del ventesimo secolo.

“…non c’è verità o pratica rigorosamente formulata che non invecchi e perda gran parte delle sue virtù se non la si rinnova costantemente nelle fresche acque dello Spirito, che ravviva le morte e moribonde forme e conferisce loro nuova vita. Rinascere perpetuamente è la condizione dell’immortalità materiale. Viviamo in un’epoca che è in preda ai dolori del parto e tutte le forme di pensiero e di attività, che posseggono un largo patrimonio d’utilità o una segreta virtù di persistenza, sono messe ad una prova suprema per rinascere sotto nuove parvenze. Il mondo di oggi è come un enorme vaso di Medea ove tutto viene rifuso, smembrato, combinato e ricombinato, per servire di materia a nuove forme, risorgere in nuova giovinezza e nuovi modi di esistenza.

Lo yoga indiano che è essenzialmente una formulazione particolare di certi grandi poteri della Natura, è altresì potenzialmente uno degli elementi dinamici della vita futura dell’umanità. Prodotto di età immemorabili, preservato fino ai nostri giorni dalla sua vitalità e dalla sua verità, emerge adesso dalle scuole segrete e dai ritiri degli asceti per assumere il suo posto fra la massa dei futuri poteri e attività dell’uomo. Ma occorre per questo che torni a scoprire se stesso, che cerchi alla superficie la sua profonda ragione d’essere nel quadro della verità generale e dell’incessante progredire della Natura e, attraverso una nuova consapevolezza della sua sostanza, giunga ad una più vasta sintesi. Riorganizzandosi, potrà più facilmente e più potentemente partecipare alla nuova organizzazione della vita della specie, che esso pretende di condurre con i suoi metodi fino ai santuari più segreti e alle vette più elevate dell’esistenza e della personalità umana …

…Tuttavia nessuna sintesi dello yoga può riuscire soddisfacente se, per raggiungere il suo intento, non fonde Dio e la Natura in una vita umana liberata e perfetta o se, attraverso i suoi metodi, non permette, o, anzi, non favorisce l’armonia delle nostre attività e delle nostre esperienze interiori ed esteriori in una divina e totale pienezza.

Perché l’uomo è precisamente la sede e il simbolo d’una Esistenza superiore discesa nel mondo materiale, ed è proprio in questa Materia che l’inferiore può trasfigurarsi e assumere la natura superiore, e il superiore rivelarsi nelle forme inferiori….

…l’utilità vera dello yoga e il suo ultimo fine non possono essere raggiunti che quando lo yoga, cosciente nell’uomo, incosciente nella natura, coincide con la vita stessa, onde si possa dire luminosamente guardandone insieme il cammino e l’adempimento: IN VERITA’, TUTTA LA VITA è YOGA” Sri Aurobindo “La sintesi dello yoga”

L’uomo “aurobindiano” non deve rinunciare al mondo, all’azione, secondo una concezione che si è diffusa in oriente, per lavorare alla propria realizzazione spirituale, così come non può rinunciare a questa, distratto dalle attività esteriori, come succede nel mondo occidentale. Il Maestro non si stancherà mai di insistere su questo punto. L’uomo che si deve realizzare è un uomo integrale, che non ha distrutta nessuna delle proprie peculiarità, ma tutte le ha divinizzate. Lo strumento che Aurobindo propone è uno yoga, una via, integrale che, non mortificando alcun aspetto, sviluppa l’elevazione, la realizzazione, proprio attraverso i vari aspetti e peculiarità, per ciascuno secondo le proprie inclinazioni e la propria specifica disposizione psichica.

“Come i raggi delle ruote nel mozzo, tutte le cose sono stabilite nell’Energia vitale: la triplice conoscenza, e il sacrificio, il potere del forte e la purezza del saggio. Sotto l’impero dell’Energia vitale tutto dimora nel triplice cielo.” “Prasna Upanishad”

“ L’essenza dello yoga è il contatto della coscienza umana individuale con la coscienza divina. Lo yoga è l’unione tra ciò che nel gioco dell’universo è stato separato dal vero Sé, e questa sua stessa origine e universalità. Il contatto può aver luogo in qualsiasi punto di questa coscienza varia e complessa che chiamiamo la nostra personalità. Può effettuarsi nel fisico per mezzo del corpo, nel vitale attraverso il gioco delle funzioni che determinano lo stato e le esperienze del nostro essere nervoso; nella mente con la mediazione delle emozioni e del cuore, con la volontà attiva e l’intendimento, o, in modo più ampio, mediante una conversione generale della coscienza mentale e di tutte le sue attività. Può anche compiersi attraverso un risveglio diretto alla Verità ed alla Beatitudine universali o trascendenti quando nella mente l’ego centrale si converte. Il punto di contatto che scegliamo determina il tipo di yoga che praticheremo.

In effetti, se lasciamo da un alto la complessità dei procedimenti particolari per fissare il nostro sguardo sul principio centrale delle principali scuole di yoga ancora diffuse in India, vediamo che queste si presentano secondo un ordine ascendente che parte dal gradino più basso della scala, il corpo, e arriva in alto fino al contatto diretto dell’anima individuale con il Sé trascendente e universale…

…Lo Hathayoga sceglie il corpo e le funzioni vitali come strumenti di perfezione e realizzazione; la sua attenzione è rivolta al “corpo grossolano”.

Rajayoga sceglie come leva l’essere mentale e le sue differenti parti; si concentra sul “corpo sottile”.

La triplice via delle Opere, dell’Amore e della Conoscenza prende come punto di partenza una parte qualsiasi dell’essere mentale, la volontà, il cuore o l’intelletto, e cerca con la loro conversione di raggiungere la Verità liberatrice, la Beatitudine e l’Infinità che sono la natura stessa della vita spirituale.

La triplice via delle Opere, dell’Amore e della Conoscenza non si affida ad una disciplina minuziosa dell’intero sistema mentale come condizione di perfezione, ma si attiene ai principi centrali, l’intelletto, il sentimento e la volontà, e cerca di convertire le loro normali operazioni sottraendole alla preoccupazioni, alle attività abituali ed esteriori per concentrarle sul divino.

Come viene effettivamente praticata, sceglie ogni volta una delle tre vie parallele escludendo le altre due, e quasi opponendole, invece di armonizzarle integralmente in una sintesi dell’intelletto, del sentimento e della volontà.

Sri Aurobindo “Sintesi dello yoga”

SINTESI DELLE PRINCIPALI SCUOLE

L’insegnamento di Aurobindo parte dalle tradizionali dottrine, superandone i principi in quel magistrale lavoro di sintesi che è la via dello yoga integrale. In particolare vi sono accolte gran parte delle concezioni vedantiche e del buddismo originario nonché alcuni aspetti fondamentali della dottrina tantrica.

Il Tantrismo si sviluppa pienamente a metà del primo millennio d.c. influenzando e rivitalizzando le scuole yogiche, gli insegnamenti vedici e la rilettura delle upanishad, dando origine ad una nuova scuola buddista (vajrayania - via del Diamante e della Folgore). Il tantrismo si caratterizza per avere spostato il centro del percorso yogico dalla pura contemplazione all’azione, trasformando la sadhana in una realizzazione pratica. In quest’ottica l’uomo deve trasformarsi, quindi agire per conoscere davvero: la conoscenza è tale solo se c’è identificazione tra essere e conoscere. Si sperimenta la Maya, non solamente come illusione, ma come aspetto assunto dal divino (para-shakti) che si nega in quanto tale ed appare quale fenomeno nella sua potenza di gioco (lila-shakti). E’ quindi un Brahman attivo che partecipa della realtà materiale in cui si cela la shakti come potenza, forza ed energia: la sadhana ha come fine per i tantrici il risveglio e la liberazione della shakti latente nel corpo.

Tale realizzazione può avvenire con l’utilizzo di “parole di potenza” (mantra) e attraverso tecniche di risveglio dei punti energetici fisicamente presenti nei corpi (i sette chakra).

Aurobindo accoglie l’impostazione tantrica della Shakti quale Forza-Realizzatrice involuta nella materia, aspetto della Volontà Divina; condivide il metodo e la via tantrica della realizzazione spirituale attraverso il lavoro nel corpo e nella materia e il non ritrarsi dall’azione.

“Osserviamo innanzitutto che esiste tuttora in India un notevole sistema yogico che è per sua natura sintetico e parte da un grande principio centrale della Natura, da una grande forza dinamica della natura; ma si tratta di uno yoga distinto, non di una sintesi di altre scuole. Questo sistema è la via del tantra…

… Anche la sua duplice visione tra i sentieri della mano destra e della mano sinistra, Dakshina Marga e Vama Marga, trovò origine in una sicura e profonda intuizione. Nell’antico senso simbolico dei termini Dakshina e Vama, si trattava della distinzione tra la via della Conoscenza e la via dell’Ananda, la Natura dell’uomo che si liberava attraverso un esatto discernimento dei poteri e delle attività delle proprie energie, elementi e potenzialità e la Natura nell’uomo che si liberava attraverso invece la gioiosa accettazione dei poteri e delle attività delle proprie energie, elementi e potenzialità. Ma in entrambe le vie vi fu alla fine un oscurarsi dei principi, una deformazione simbolica e una caduta.

Se comunque abbandoniamo anche qui i metodi e le pratiche attuali e ricerchiamo il principio centrale, troviamo come prima cosa il fatto che il Tantra si differenzia espressamente dai metodi yoga di tipo vedico. In un certo senso, tutte le scuole che abbiamo fin qui esaminato sono vedantiche nella loro concezione; la loro forza è nella Conoscenza, il loro metodo è nella Conoscenza sebbene essa non sia sempre discernimento attraverso l’intelletto ma possa invece essere Conoscenza del cuore espressa nell’amore e nella fede o Conoscenza della volontà che si sviluppa attraverso l’azione. In tutte il Signore dello yoga è il Purusha, l’anima consapevole che conosce, osserva, attrae, dirige. Ma nel Tantra è piuttosto PraKriti, l’Anima-Natura, l’Energia, la Forza-Volontà esecutrice dell’Universo.

Fu scoprendo ed applicando i segreti più intimi di questa Forza-Volontà, il suo metodo, il suo Tantra, che lo yoga tantrico perseguì gli scopi della sua disciplina, conoscenza profonda, perfezione, liberazione, beatitudine.

Invece di ritirarsi di fronte alla Natura manifestata, e alle sue difficoltà, egli le affrontò, se ne impadronì e le vinse. …

… Abbiamo in questa concezione tantrica centrale un aspetto della verità, l’adorazione dell’Energia, della Shakti, come sola forza effettuale per ogni realizzazione. Cogliamo l’altro estremo della concezione vedantica della Shakti come potere illusionistico e nella ricerca del silenzioso e immobile Purusha come mezzo di liberazione dagli inganni prodotti dall’energia creatrice. Ma nella concezione integrale l’Anima integrale, l’Anima Conscia rappresenta il Signore, l’Anima-Natura la sua Energia esecutrice. Il Purusha è della natura di Sat, conscia autoesistenza pura ed infinita; Shakti o Prakriti sono della natura di Chit, il potere della conscia autoesistenza pura ed infinita del Purusha. La relazione tra i due si trova tra i poli del riposo e dell’azione. Quando l’energia è assorbita nella beatitudine del conscio autoesistere, c’è riposo; quanto il Purusha si espande nell’azione della sua energia, c’è attività, creazione e gioia o Ananda del divenire.” Sri Aurobindo “Sintesi dello yoga”

 

LO YOGA INTEGRALE

“Per trasformazione non intendo qualche cambiamento della natura, non intendo, per esempio, santità o perfezione etica o siddhi yogiche (come quelle tantriche) o un corpo trascendentale (cinmaya). Uso trasformazione in un senso speciale, quello di un cambiamento di coscienza radicale e completo, di un certo genere particolare, concepito in modo da determinare un potente e sicuro passo avanti nell’evoluzione spirituale dell’essere, di pipo più grande e superiore, di una portata e completezza più vaste di ciò che si è verificato quando un essere mentalizzato è apparso per la prima volta in un mondo animale vitale e materiale. Se avviene qualcosa di minore o se non si crea almeno un reale inizio su questa base, un progresso fondamentale verso questo compimento, allora il mio scopo non è raggiunto. Una realizzazione parziale, qualcosa di mescolato e inconcludente, non soddisfa ciò che io chiedo alla vita e allo yoga.

La Luce della realizzazione non è la stessa cosa della Discesa. La realizzazione di per sé non trasforma necessariamente l’essere nel suo insieme, può portare solo un’apertura o un’elevazione o un allargamento al culmine della coscienza così da realizzare qualcosa nel Purusha senza alcun cambiamento radicale nella Prakriti. Si può avere qualche luce di realizzazione sulla vetta spirituale della coscienza, ma le parti al di sotto, rimangono quelle che erano. Deve esserci una discesa della luce non solo nella mente o in parte di essa, ma in tutto l’essere, giù fino al fisico e al di sotto prima che possa avvenire una reale trasformazione. Una luce nella mente può spiritualizzare oppure cambiare la mente o parte di essa in un modo o in un altro, ma non cambiare necessariamente la natura vitale; una luce nel vitale può purificare e allargare i movimenti vitali, oppure far tacere e immobilizzare l’essere vitale, ma lasciare il corpo e la coscienza fisica com’erano, oppure lasciarli inerti o turbarne l’equilibrio. E la discesa della Luce non basta, dev’essere la discesa di tutta la coscienza superiore , della sua Pace, del suo Potere, della sua Conoscenza, del suo Amore, del suo Ananda. Inoltre, la discesa può bastare per liberare, ma non per perfezionare, o può bastare per creare un grande cambiamento nell’essere interiore, mentre quello esteriore resta uno strumento imperfetto, maldestro, debole o inespressivo. Infine la trasformazione effettuata dalla sadhana non può essere completa se non è una supermentalizzazione dell’essere. La psichicizzazione non basta, è solo un inizio; la spiritualizzazione e la discesa della coscienza superiore non bastano, sono sola un termine intermedio; la conquista finale ha bisogno dell’azione della Coscienza e della Forza Supermentali. L’individuo può benissimo considerare sufficiente una trasformazione minore, mo non basta perché la coscienza terrestre faccia il passo decisivo in avanti che una volta o l’altra dovrà fare.

Non ho mai detto che il mio yoga era qualcosa di assolutamente nuovo in tutti i suoi elementi. L’ho chiamato yoga integrale e ciò significa ch’esso riprende l’essenza e molti procedimenti dei vecchi yoga; la sua novità sta nel suo scopo, nel suo punto di vista e nella globalità del suo metodo….non c’è niente che lo distingua dai vecchi yoga se non lo scopo che ne sottolinea il carattere globale, lo spirito dei suoi movimenti, il significato finale che tiene davanti a sé e anche lo schema della sua psicologia e dei suoi metodi. Sri Aurobindo “ Lettere sullo yoga”

 

LA PRATICA DELLO YOGA INTEGRALE

Sri Aurobindo delinea una via, o meglio apre un nuovo sentiero in una giungla completamente vergine, su un terreno sconosciuto. Ciascuno dovrà poi affrontarlo con le proprie forze, ma il fatto che Qualcuno lo abbia tracciato, consente comunque a chi ne abbia capacità, volontà ed aspirazione, la possibilità di seguirne il percorso, per quanto il percorso sia duro e difficoltoso. Cammino maggiormente impegnativo, perché continua là da dove gli altri si fermano, da realizzazioni già comunque ardue ed impegnative per la comune coscienza, per realizzare compiutamente ciò che per Aurobindo è la “missione” dell’uomo sulla terra: la discesa della Luce, della Conoscenza, dell’Amore al fine della trasformazione spirituale di ogni manifestazione, comprese le parti più oscure, ignoranti ed involute della materia.

Lo yoga integrale ha uno scopo diverso dagli altri: non solo quello di trascendere l’ordinaria ed ignorante coscienza ordinaria per entrare nella superiore Coscienza Divina, ma soprattutto far discendere il potere supermentale di quella Coscienza Divina, la Gnosi, nell’ignoranza della mente, della vita, del corpo al fine di attivare quella trasformazione che realizzerà qui e ora, nella materia, la Vita Divina.

Questa pratica può apparire difficile o addirittura impossibile: tutte le forze oscure e negative si oppongono alla realizzazione del suo scopo. La coscienza ordinaria ed ignorante farà ogni resistenza al cambiamento; la stessa mente, la vita e il corpo ignoranti attivano i più ostinati impedimenti per impedire la loro stessa trasformazione. Tuttavia il “premio” è raggiungere la Verità che sta dietro, attraverso l’esperienza; per questo “premio” occorre accettare lo scopo, senza riserve, e affrontare le difficoltà lasciandosi dietro i pregiudizi ed il passato e i suoi legami materiali, psicologici, mentali, pronti ad abbandonate tutto e a rischiare tutto per questa possibilità divina.

Occorre che coloro che praticano lo yoga integrale imparino ad aprirsi e siano disposti a consentire alla trasformazione della loro natura inferiore, perché venga superata la resistenza della coscienza terrestre al cambiamento, il rifiuto di questa a tutto ciò che viene “dall’alto”. A resistere sono sempre, da un lato l’ego vitale, ignorante ed orgoglioso della ignoranza stessa, dall’altro la coscienza fisica, inerte ed amorfa, affezionata alle proprie abitudini e tamasica pigrizia. Chi si pone su questo sentiero dovrà avere il giusto atteggiamento interiore: volontà di trasformarsi ed attenzione sincera per recepire o rifiutare ciò che appartiene all’ego e alla opposizione ostinata della natura inferiore. Il processo di trasformazione incontrerà meno ostacoli proporzionalmente alla capacità di mantenersi aperti alla Madre in ogni parte del proprio essere.

“Si possono sentire le esperienze di qualunque sadhana come parte di questa sadhana…

…La meta dello yoga è sempre difficile da raggiungere, ma questa lo è più di ogni altra, ed è solo per coloro che hanno la vocazione e la capacità, che sono disposti ad affrontare ogni cosa e ogni rischio, anche quello di fallire, e vogliono progredire verso una completa assenza di egoismo e di desiderio e una sottomissione totale.

Questo yoga implica non solo la realizzazione di Dio, ma una consacrazione e una trasformazione totali della vita interiore ed esteriore, finché non sia idonea a manifestare una coscienza dicina e a far parte di un lavoro divino. Ciò comporta una disciplina interiore estremamente più esigente e difficile delle mere austerità morali e fisiche. Non si deve intraprendere questo cammino… se non si è sicuri del richiamo psichico e della propria determinazione ad andare fino in fondo…Un chiaro richiamo interiore, una forte volontà e una grande costanza sono necessarie per riuscire nella vita spirituale. Le teorie mentali non sono di fondamentale importanza, perché la mente crea ed accetta le teorie che giustificano l’orientamento dell’essere. Quello che conta è questo orientamento e il richiamo dentro di voi….

…Avere una concezione idealistica, un credo, un’emozione religiosa è completamente diverso dall’avere la luce spirituale. Una concezione idealistica può predisporvi ad ottenere la luce spirituale, ma non è la luce stessa….

…La spinta ad immergersi nel divino è molto rara. Di solito è un’idea mentale, un impulso vitale o qualche ragione del tutto insufficiente a dare l’avvio, o anche nessuna ragione affatto. L’unica realtà, dietro, è la spinta psichica occulta, della quale la coscienza di superficie non è consapevole o lo è appena…

Quando qualcuno è destinato al Sentiero, ogni circostanza, attraverso tutte le deviazioni della mente e della vita, contribuisce in un modo o nell’akltro a condurvelo. Sono il suo stesso essere psichico dentro di lui e il Potere Divino in alto ad utilizzare a questo fine le vicissitudini della mente e delle circostanze esteriori…

…Portate l’essere psichico in primo piano e mantenetelo lì, imponendo il suo potere sulla mente, sul vitale e sul fisico, in modo che possa comunicare loro la forza della sua aspirazione, fiducia, fede e sottomissione esclusiva, il suo potere di scoprire in modo diretto e immediato tutto ciò di vi è di sbagliato nella natura, di volto verso l’ego e l’errore anziché verso la Luce e la Verità. Eliminate l’egoismo in tutte le sue forme, eliminatelo da ogni moto della vostra coscienza.

Sviluppate la coscienza cosmica e che la vostra visione egocentrica scompaia nella vastità, nell’impersonalità, nel senso del Divino cosmico, nella percezione delle forze universali, nella realizzazione e comprensione della manifestazione cosmica, nel gioco.

SCOPRITE, AL POSTO DELL’EGO, IL VERO ESSERE, PARTICELLA DEL DIVINO, ORIGINATO DALLA MADRE COSMICA E STRUMENTO DELLA MANIFESTAZIONE. Questo sentimento d’essere una particella e uno strumento del Divino dovrebbe essere libero da ogni orgoglio, da ogni senso di rivendicazione dell’ego, da ogni affwrmazione di superiorità, da ogni esigenza e desiderio…La maggior parte di coloro che praticano lo yoga vivono nella mente, nel vitale e nel fisico, rischiarati di quando in quando o parzialmente dalla mente superiore e dalla mente illuminata; ma per prepararsi alla trasformazione supermentale è necessario (non appena, per l’individuo, è venuto il momento) aprirsi all’Intuizione e alla sovramente, sì che queste possano preparare l’intero essere e l’intera natura al cambiamento supermentale. LASCIATE TRANQUILLAMENTE CHE LA COSCIENZA SI SVILUPPI E SI ALLARGHI E LA CONOSCENZA DI QUESTE COSE AVVERRÀ PROGRESSIVAMENTE…

Sri Aurobindo “ Lettere sullo yoga”

 

REQUISITI DI BASE E FONDAMENTI DELLA SADHANA.

Dopo aver provato a delineare, pur con tutti i limiti personali e con l’inevitabile incompletezza di un articolo, le finalità e le caratteristiche generali dello yoga integrale, da questo punto accennerò in modo estremamente sintetico ai temi più operativi, ai fondamenti ed ai requisiti. Ciascuno di questi temi necessiterebbe di una lunga trattazione, e non è escluso di poterne trattare in futuro, specificatamente per ciascuno. Per ora mi pare opportuno darne la definizione utilizzando le parole del Maestro, certamente più potenti ed efficaci.

BUONA VOLONTA’

“…più della capacità è importante la buona volontà. Se c’è la volontà interiore di far fronte a tutte le difficoltà e di arrivare fino in fondo, senza curarsi del tempo che ciò richiede, allora si può intraprendere il cammino…”

SINCERITA’

“…C’è una sola condizione indispensabile: la sincerità’. L’aggettivo sincero significa semplicemente che la volontà deve essere una vera volontà. Se vi limitate a pensare: ”io aspiro” e fate cose che contraddicono l’aspirazione, o seguite i vostri desideri o vi aprite a influenze opposte, allora non è volontà sincera…La sincerità nel vitale è la più difficile da ottenere. QUANDO TUTTO E’ IN ACCORDO CON L’UNICA VERITA’ O E’UNA SUA ESPRESSIONE, QUESTO E’ ARMONIA…”

ASPIRAZIONE

…L’aspirazione è un’invocazione al Divino; non è necessario che sia sotto forma di pensiero: può essere un sentimento interiore che permane anche quando la mente si concentra sul lavoro. Aspirare è invocare le forze. Quando le forze hanno risposto, si ha uno stato naturale di calma ricettività, concentrata ma spontanea…”

CONSACRAZIONE E CONVERSIONE

“…La consacrazione è un processo con cui si educa la coscienza ad offrirsi al Divino. La conversione è invece un movimento spontaneo della coscienza, un suo volgersi dalle cose esteriori verso il Divino. Può venire da sé o essere il risultato di un contatto dall’interno e dall’alto…”

SILENZIO MENTALE

“…Non è possibile stabilire una base nello yoga se la mente è agitata. La prima cosa necessaria è la quiete della mente. Inoltre, annullare la coscienza personale non è la prima meta dello yoga: la prima meta è aprire questa coscienza a una coscienza spirituale superiore e, anche per questo, la prima necessità è una mente quieta…Mantenete la quiete e non preoccupatevi se per un certo tempo è una quiete vuota; la coscienza è spesso come un recipiente che deve essere svuotato dei suoi contenuti confusi e indesiderabili; deve esser mantenuta vuota per un certo tempo, finché non possa essere r empita di cose nuove e vere, giuste e pure…apritevi verso l’alto, chiedete con molta tranquillità e fermezza, senza agitazione né impazienza, che la pace penetri il silenzio e, una volta che ci sia la pace, chiedete la gioia e la presenza… ”

LA PACE

“…si può andare avanti anche se non c’è la pace. La quiete e la concentrazione sono invece indispensabili. La pace è necessaria perché si sviluppino gli stati superiori… La pace è una quiete profonda dove non può manifestarsi alcun turbamento; è una quiete con senso di sicurezza e di liberazione stabili…Certo c’è una pace mentale, una pace vitale e una pace della natura fisica: è la pace di una coscienza superiore che discende dall’alto…”

EQUANIMITA’

“L’equanimità consiste nel rimanere interiormente immobili in ogni circostanza. E’ il principale sostegno della vera coscienza spirituale;…significa una mente ed un vitale quieti e saldi, non essere né toccati, né turbati dalle cose che accadono, che ci vengono dette e fatte, ma osservarle con sguardo diretto, libero dalle distorsioni create dai sentimenti personali, e cercare di capire cosa c’è dietro, perché accadono, che cosa ne possiamo imparare, che cosa in noi, è oggetto dei loro attacchi e quale profitto o progresso interiore ne possiamo trarre… Significa anche avere una visione imparziale degli uomini, della loro natura, delle loro azioni e delle forze che li muovono… La prima condizione del progresso interiore è riconoscere tutti quelli che sono o sono stati movimenti sbagliati in ogni parte della propria natura: per sbagliato si intende tutto ciò che si allontana dalla verità, dalla coscienza superiore, e dal sé superiore, dalla via del Divino.. Una volta riconosciuto il movimento sbagliato, dobbiamo ammetterlo, senza dissimularlo o giustificarlo, e offrirlo al Divino, perché la Luce e la Grazia discendano e lo sostituiscano col giusto movimento della vera Coscienza…

LAVORO

“…L’unico lavoro che purifica spiritualmente è quello che si fa senza morivi personali, senza desiderio di fama, di riconoscimento pubblico o di gloria mondana, senza insistere sui propri motivi mentali, sulle proprie esigenze e richieste mentali: un lavoro fatto solo per amore del Divino e agli ordini del Divino. Ogni lavoro fatto in uno spirito egoistico, per quanto possa essere buono per la gente che vive nel mondo dell’Ignoranza, non è di alcun profitto per il ricercatore dello yoga..”

MEDITAZIONE, CONCENTRAZIONE E CONTEMPLAZIONE

“…Ci sono due termini per esprimere il concetto indiano di dhyana: “meditazione” e “contemplazione” . Meditazione significa concentrazione della mente su una singola successione di idee che sviluppano un unico tema… La concentrazione consiste nel raccogliere la propria coscienza per poi focalizzarla su un unico punto o indirizzarla su un singolo oggetto, per esempio il Divino; può anche essere una condizione di raccoglimento in tutto l’essere e non in un solo punto. Nella meditazione non è indispensabile raccogliersi a questo modo: si può semplicemente rimanere con la mente tranquilla, pensare a un singolo argomento od osservare tutto ciò che viene alla coscienza ed occuparsi di quello…

Contemplazione significa osservare mentalmente un singolo oggetto, una singola immagine o idea così che la conoscenza dell’oggetto, dell’immagine o dell’idea possa sorgere in modo naturale nella mente grazie alla forza della concentrazione…Vivekananda insegna la concentrazione nell’oservazione del sé…”

ANANDA, AMORE, DEVOZIONE

“…Portare l’Amore, la Bellezza e l’Ananda divini nel mondo è, in verità, tutto il coronamento e l’essenza del nostro yoga. Ma questo mi è sempre sembrato impossibile, a meno ché la Verità Divina e il suo Potere Divino (quella che io chiamo Supermente) non vengano come supporto. Fondamento e protezione. Altrimenti l’Amore stesso, reso cieco dalla confusione della coscienza che abbiamo ora, può incespicare nei suoi ricettacoli umani, può non essere riconosciuto, essere respinto, oppure degenerare rapidamente e perdersi nella fragilità della natura inferiore dell’uomo. Ma quando l’Amore Divino viene nella Verità e nel Potere Divini, scende dapprima come qualcosa di trascendente e di universale, poi, da quella trascendenza e universalità, si individualizza secondo la Verità e la Volontà Divine, creando un amore personale più vasto, più grande e più puro di qualunque amore la mente o il cuore umano possano ora immaginare. Solo quando si è sentita questa discesa si può realmente divenire uno strumento per la nascita e l’azione dell’Amore Divino nel mondo…”

 

LO YOGA INTEGRALE E L’OCCIDENTE

[Alcuni sostengono che è impossibile] praticare lo yoga per una natura non orientale. Non riesco a vedere su cosa si basi una simile conclusione: è contraria ad ogni esperienza. Gli Europei, nel corso dei secoli, hanno praticato con successo discipline spirituali affini allo yoga orientale, ed hanno anche seguito metodi di vita interiore giunti dall’Oriente…L’approccio e le esperienze di Plotino e dei mistici europei che a lui si ispirarono sono stati identici all’approccio e alle esperienze di un certo tipo di yoga indiano. In special modo, dopo l’introduzione del Cristianesimo, gli Europei hanno seguito le sue discipline mistiche che in essenza erano pressappoco quelle dell’Asia, per uanto potessero differirne nelle forme, nei nomi e nei simboli…Non vi è alcuna differenza essenziale fra la vita spirituale in Oriente e la vita spirituale in Occidente; l’unica differenza è sempre stat nei nomi, nelle forme e nei simboli, o nell’importanza data a questo o a quel fine particolare, ad uno o ad un altro aspetto dell’esperienza psicologica…”

I brani sono tratti da: Sri Aurobindo “Lettere sullo yoga”

 

SAVITRI Libro I - canto quarto (1- 68)

Egli si teneva su una cima che guardava a cime più alte.

I nostri primi approcci all’Infinito

sono fulgori d’aurora su un margine meraviglioso

mentre il sole glorioso, ancora invisibile, indugia.

Quel che vediamo ora è un’ombra di ciò che deve venire.

Lo sguardo della terra levato a un Ignoto distante

non è che un preludio dell’epica ascesa

dell’anima umana dalla piattitudine del suo stato terrestre

alla scoperta di un sé superiore,

e il remoto riflesso d’una Luce eterna.

Questo mondo è un inizio e una base

ove la vita e la morte erigono i loro sogno strutturati;

un Potere non nato deve costruire il reale.

Non siamo solo una piccolezza legata alla morte:

immortali, le nostre vastità dimenticate

aspettan la scoperta del nostro sé culminante;

illimitate ampiezze e profondità d’essere son nostre.

Affini al Segreto ineffabile,

mistiche, eterne nel Tempo irrealizzato,

vicine del Cielo sono le altitudini della Natura.

A questi domini di sublimi vette inaccessibili alla nostra ricerca,

troppo lontani dalle rotte postali della Natura di superficie,

troppo elevati per il respiro delle nostre vita mortali,

mira, in fondo a noi, una parentela dimenticata

e una debole voce d’estasi e preghiera

chiama quelle radiose immensità perdute.

Anche quando non riusciamo a guardarci nell’anima

o restiamo affondati nella coscienza terrestre,

alcune parti di noi crescono tuttavia verso la luce,

ed esistono regioni luminose e cieli sereni,

Eldoradi di splendore e d’estasi

e templi alla divinità che nessuno può vedere.

Un ricordo confuso persiste ancora in noi

E a volte, quando la nostra visione si volge all’interno,

il velo ignorante della terra ci viene sollevato dagli occhi,

una breve, miracolosa evasione si produce.

Quella stretta frangia d‘esperienza bloccata

assegnata a noi come vita, ce la lasciamo dietro, come

le nostre brevi marce, la nostra insufficiente portata.

 

Le anime nostre, nelle grandi ore solitarie, possono visitare

tacite regioni di Luce imperitura,

vette d’aquila di Potere silente su orizzonti totali,

oceani ardenti di luna, d’una Felicità pronta e insondabile

e immensità tranquille di spazio spirituale.

Nel processo di svelamento del Sé,

a volte il Mistero inesprimibile

elegge un involucro umano di discesa.

Un soffio discende dall’aere superno,

una Presenza nasce, una Luce che guida si risveglia,

un’immobilità si abbatte sugli strumenti:

fermo, immoto come un monumento di marmo,

il corpo, d’una calma di pietra, è un piedistallo

che sostiene un aspetto della Pace eterna.

Oppure l’incendio di una Forza rivelante dilaga dentro;

da qualche vasto continente superiore,

la Conoscenza irrompe, col suo strascico di mari radiosi,

e la Natura trema del potere e la fiamma.

Una Personalità più grande a volte

ci possiede, che tuttavia sappiamo appartenerci:

e adoriamo il Maestro della nostra anima.

Allora il piccolo ego corporeo si assottiglia e cade;

non insistendo più sul suo sé separato,

perdendo il formalismo della sua nascita separata,

ci lascia uno con la Natura e con Dio.

Nei momenti in cui le lampade interiori sono accese

e gli ospiti cari della vita lasciati fuori,

il nostro spirito sta solo e parla ai suoi abissi.

 

[Home]