I Potenziali della Mente

Un’indagine su geni, cerebrolesi, pazzi e criminali

Clara Negri

 

Esiste una chiave astrologica per quantificare l’intelligenza dell’uomo e le sue possibili patologie? Abbiamo degli elementi nell’oroscopo di nascita che fanno presagire una futura  genialità? E se esistono, quali sono?

Nel tentativo di dare una risposta a questi tre interrogativi ho dato inizio a una ricerca, che non considero ancora conclusa, su quattro gruppi-campione certamente assai significativi: genî, cerebrolesi, pazzi e suicidi.

I soggetti in esame sono, appunto, individui che hanno vissuto, al positivo o al negativo, un rapporto specifico con i potenziali della mente, rapporto che ha caratterizzato la loro esistenza riflettendosi nelle scelte operate o subite e nel loro tipo di vita.

La scelta di tale campionatura è perciò scaturita dal preciso c0onvincimento che elementi significativi della genialità, ove mai esistenti, dovessero obbligatoriamente essere presenti, seppure al negativo e quindi con altri rapporti astrali, anche nei temi di portatori di handicap mentali, di pazzi e di suicidi. Ho sviluppato particolarmente il gruppo dei genî che è composto di 56 oroscopi di personaggi appartenenti agli ultimi sette secoli, e ufficialmente ritenuti tali nel campo scientifico, medico e filosofico, utilizzando come confronto il cielo di nascita di 25 suicidi, 25 pazzi  e 25 cerebrolesi.

In tale ricerca sono stata validamente aiutata da Carmine Mongelluzzo,  Teresa Tauro e Dorina Vitalbi che hanno collaborato sia alla stesura degli oroscopi che hai tabulati e alle conclusioni di questo lavoro.

Volendo nondimeno permettere ai lettori di controllare e verificare tutto il materiale analizzato in una certa omogeneità grafica, mi è stata utile e gradita l’offerta di Ciro Discepolo di inserire nel suo calcolatore tutti i dati di nascita e di allegare gli stampati in una veste grafica perfetta.

Ringrazio perciò tutti gli amici e colleghi che mi hanno tanto generosamente aiutata  e passo a elencare i vai problemi di impostazione che ho dovuto affrontare.

 

La prima difficoltà l’ho incontrata proprio nel reperimento del materiale, non sempre attendibile sul piano della veridicità dei dati di nascita, in particolare nel gruppo dei geni, scelti in base a un continuo raffronto con le indicazioni trovate nei testi di André Barbault, Grazia Bordoni, Lois Rodden e A.T. Mann. Ho perciò solo accettato le date e gli orari di nascita sui quali erano tutti d’accordo, e scartato forzatamente gli altri che non concordavano.

 

La seconda difficoltà, questa volta di carattere tecnico,  si è presentata al momento di definire l’intelligenza, qualità complessa e ricca di sfaccettature, che assume caratteristiche diverse a seconda dell’ottica di analisi. Per avere un parametro ufficiale ho deciso di ricorrere all’Enciclopedia Garzanti che la definisce “la capacità di risolvere problemi nuovi, presenti o lontani nel tempo, utilizzando rappresentazioni mentali (immagini) o segni matematici, logici o linguistici, e di trovare differenti modalità di soluzione a quelli vecchi”.

Ma questo termine “intelligenza”, così ben definito, elevato alla nona potenza sfocia nella genialità e qui il problema si è fatto più difficile in quanto il genio,  secondo il Dizionario Gabrielli, è “una persona dotata di talento e ingegno eccezionali”. Solo che questo “talento e ingegno”, a ben guardare, a volte non è solo attributo di uomini e donne iperintelligenti e iperdotati bensì anche di alcuni minorati psichici che la scienza crudamente definisce “idioti sapienti”.

Costoro, pur essendo terribilmente menomati sul piano mentale, conservano nondimeno in qualche segreto recesso della loro mente una straordinaria capacità musicale, sia ripetitiva che creativa, o una prodigiosa capacità di affrontare e risolvere i grandi numeri della matematica. Ed ecco il caso d’un piccolo negro, chiamato “Tommy il cieco”, venduto assieme alla madre in Georgia al tempo degli schiavi, che a quattro anni ascoltò per la prima volta la padrona che si esibiva in un concerto al pianoforte. Trovata poco dopo la sala deserta, si accostò allo strumento e replicò in modo mirabile tutti i pezzi appena ascoltati. Questo bimbo analfabeta fu portato dal generale Bethune, suo padrone, a casa del maestro di musica Carlo Patti il quale, dopo averlo esaminato, confessò che non solo il negretto ne sapeva più di lui, ma che lui, Patti, era anche incapace di eguagliarlo. A otto anni Tommi il cieco dava concerti, con pezzi di Chopin, Beethoven oach ascoltati una sola volta e memorizzati alla perfezione.

Altri “idioti sapienti”sono capaci di fare calcoli matematici in modo fulmineo, pur essendo analfabeti e senz’alcuna conoscenza di aritmetica, come i due gemelli John e Michael che il neurologo Oliver Sacks trovò tanto ritardati da quantificare zero il loro quoziente d’intelligenza. Eppure un giorno, mentre era con loro, si avvide che furono in grado di contare istantaneamente i fiammiferi caduti in terra da una scatola, gridando all’unisono: centoundici! Al controllo del medico, risultò esatto il numero dei fiammiferi caduti. Questi gemelli iniziarono poi a recitare numeri e ad elevarli al cubo o a estrarne istantaneamente le radici quadrate.

Sakuntala Devi, indiana analfabeta, alla Southern Methodis University di Dallas, estrasse addirittura la radice quadrata di un numero composto da duecentouno cifre, in cinquanta secondi!

Ma se abbiamo alcuni casi di idioti sapienti, ahimé, ne abbiamo anche molti altri  di “geni-idioti”, come risulta da numerose osservazioni fatte da scienziati, primo fra tutti Cesare Lombroso, sulla vita dei personaggi che h anno cercato di dare una spiegazione alla presenza dell’uomo sul nostro pianeta.

Già al tempo dei greci Democrito affermava che “excludit sanos Helicone poetas”, ossia che i poeti dovevano essere un po’ tocchi. Più vicino a noi Diderot esclamava: “Oh! Quanto il genio e la follia si avvicinano! Idea condivisa anche da Pascal.

Nel suo libro Genio e follia Lombroso cita i caratteri degenerativi che, sovente, si accompagnano al genio tra i quali “perdita del senso morale, apatia, frequente tendenza impulsiva o dubitativa, ineguaglianze e sproporzioni psichiche per eccesso di alcune facoltà (memoria, gusto estetico) e difetto di altre (calcolo, ad esempio) esagerato mutismo o verbosità, vanità pazzesca eccetera; l’eccessiva originalità e l’eccessiva preoccupazione per la propria personalità, l’interpretazione mistica [1] dei fatti più semplici, l’abuso dei simboli, delle parole speciali che alle volte diventano il modo esclusivo di esprimersi.

Nel fisico le orecchie ad ansa, la scarsa barba, i denti male impiantati, le asimmetrie della faccia e del capo…la precocità sessuale, la piccolezza e la sproporzione del corpo, il mancinismo, la balbuzie, il  rachitismo, la tisi, l’eccessiva fecondità o la sterilità”.

Questo impietoso ritratto del genio a volte si accompagna a piccola statura, come nel caso di Orazio, definito da Augusto “lepidissimum homunculum”, Alesando, Aristotele, Platone, Archimede, Diogene, Balzac, Spinosa, Montagne eccetera, o ad alta statura, come nel caso di Tetrarca, Schopenhauer, Voltaire, Foscoo, Tennyson  ed altri.

Abbiamo pure “rachitici, zoppi, gobbi e piedi valghi”, come Esopo, Brunelleschi, Byron, Walter Scott, Leopardi; magrissimi come Demostene, Cicerone, S. Paolo, Pascal, Keplero; malaticci e delicati come Bacone, Cartesio, Alfieri, Newton…

Numerosi geni nella loro infanzia hanno subito lesioni cerebrali a seguito di vari incidenti per cui, secondo alcuni studiosi, da imbecilli sarebbero divenuti intelligentissimi proprio grazie a questi eventi traumatici. Ed abbiamo i balbuzienti come Mosè, Esopo, Tiberio, Michelangelo, Sebastiano del Piombo, Leonardo Da Vinci, Morse o i celibatari come Kant, Newton, Bethoven, Galilei, Cartesio, Locke, Spinosa, Leibnitz, Voltaire.

Fra  le tante stranezze attribuibili alla genialità vi è anche che molti geni si assomigliano fra loro, malgrado epoche e razze diverse. Lombroso ne cita sei: Sterne, Casti e Voltaire fra gli intellettuali e Giulio Cesare, Giovanni dalle Bande Nere e Napoleone fra i condottieri.

Abbiamo poi i geni precoci e quelli tardivi. Tra i precoci spiccano Comte, Pascal, Raffaello, Mozart, Bacone, Montagne, Niebhur che a dodici anni conosceva diciotto lingue o Michelangelo che a diciannove anni era già celebre.

Fra i tardivi, che da fanciulli erano persino considerati un po’ sciocchi, troviamo Bocaccio, Balzac, Alfieri, Linneo, Volta, Flaubert, Newton il quale dimenticava sovente le commissioni da fare per sua madre, assorto com’era nelle teorie di Keplero.

Assieme a numerose altre qualità che sorvolo, si aggiunge la subitaneità e l’impulsività degli atti, la quasi necessità di agire in un certo modo. Secondo il Richter “il genio è, in più sensi, un vero sonnambulo. Nel suo lucido sogno egli vede più innanzi che nella veglia e tocca, allo scuro, le più alte cime del vero; gli si tolga il mondo fantastico e tosto precipita nel reale”.

 

L’ispirazione viene giudicata da moti uomini di genio come “una dolcissima febbre”. Hoffmann ripeteva che, per comporre, chiudeva gi occhi e copiava ciò che sentiva “dettare dal di fuori”; Lamartine, lapidario, affermava: “non sono io che penso, sono le mie idee che pensano per me[2].

Per Lombroso il genio vive sotto il “dominio dell’inconscio”, quindi per noi astrologi vive sotto l’influenza nettuniano e lunare, tanto è vero che Newton e Cardano  risolsero in sogno alcuni problemi matematici.

Altri studiosi sostengono che il genio pare possedere una doppia personalità per cui, passato l’estro che lo rende come invasato, piomba poi in una specie di abulia, assumendo comportamenti malinconici o misantropi o apertamente contraddittori. Il poeta di Recanati, Leopardi, che parrebbe l’uomo più romantico del mondo, era in effetti un freddo, disamorato verso i genitori, egoista e diffidente con gli amici e,  pur parlando di morte, attaccatissimo alla vita.

Il genio possiede tuttavia una sensibilità fisica e mentale molto più acuta degli esseri normali o di quelli volgari e primitivi. Pellirosse o negri africani accettano menomazioni fisiche crudeli solo per dimostrare il loro coraggio ma l’uomo iperevoluto spiritualmente o intellettualmente ha un tempo di percezione sensoria molto più breve degli altri e quindi viene a volte considerato un malato immaginario o un esagerato perché incompreso nella sua ipersensibilità.  Questa qualità sfocia sovente nell’originalità, nella stravaganza, nella bizzarria – di pura marca uraniana – per cui “Alfieri non poteva mangiare il giorno in cui il suo cavallo non avesse nitrito” [3] Byron, sedicenne, avendo saputo che la sua innamorata da lì a poco avrebbe sposato un altro, ebbe quasi le convulsioni; Archimede uscì tutto nudo dal bagno gridando “Eureka” dopo aver trovato la soluzione a un suo problema e Schopenhauer, per la stizza, rifiutava di pagare i suoi debiti se i suoi creditori mettevano al suo cognome una “p” di troppo!

Dalla malinconia all’invidia pura, dalla timidezza all’egoismo o alla mania di persecuzione, molti geni, di cui alcuni annessi alla mia ricerca, hanno un comportamento decisamente anomalo e poco giustificabile se paragonato alla loro riconosciuta grandezza. 

La solitudine accompagna molti geni che, in pubblico, si mostrano impacciati, goffi, e non sanno neanche parlare, come capitava a Corbeille, La Fontane, Cartesio, Manzoni. Altri elemento che li accomuna ai pazzi è quella caratteristica psicologica che viene definita monotipia: esso si occupano ed emergono soltanto in una data specialità, un dato argomento. “Meyer studiò tutta la vita le formiche – cita Lombroso – Fresner la luna, Bekmann la patologia renale”[4]. Molti di essi sono insomma monomaniaci, sovente incapaci di afferrare concetti anche semplici che altri comprendono, mentre poi scoprono e stabiliscono relazioni  fra cose difficili che pochi riescono a seguire.

Fra le tante stranezze di questi grandi uomini vi è pure un’eccezionale distrazione, come quella di Newton che un giorno tentò di caricarsi la pipa col dito d’una nipote o quella di Buffon che, assorto in meditazione, si arrampicò su di un campanile e ne discese senza neanche rendersi conto di quel che aveva fatto.

Insomma il genio si distingue dalla massa perché è diverso, è originale, ma soprattutto perché è lui che fa il nuovo mentre l’uomo di talento perfeziona solo il vecchio.

Secondo Pauwels e Bergier il genio sarebbe un “mutante”, un anticipatore che viene dal futuro (qualità astrologiche prettamente uraniane) mentre secondo Lombroso egli è solo “un essere anomalo, un’eccezione”. D’altronde, riguardo all’anomalia legata alla genialità, gli ultimi studi scientifici sul cretinismo e sull’iperintelligenza lo confermerebbero. Il dottor Darold Taffert, neurologo del Wisconsin, sostiene che genio e idiozia possono convivere nello stesso cervello perché i ritardati mentali, su cui ha studiato assieme alla sua équipe, “hanno subito danno all’emisfero cerebrale sinistro, la parte del cervello che governa il leggere ed il parlare. Ciò ha portato a uno slittamento del potere cerebrale nell’emisfero destro che è diventato dominante. Proprio a destra stanno i centri dell’arte, della musica, della matematica. Questo emisfero, per compensare le carenze del sinistro danneggiato, si è rafforzato. Con questo rafforzamento si sono sviluppate memorie prodigiose. La capacità di ricordare è limitata però a una fascia ristretta di nozioni, come musica, date e numeri”.

L’emisfero destro, che governa i centri creativi e intuitivi, è di stretta pertinenza lunare e nettuniana mentre quello sinistro,  che governa la logica, è di pertinenza solare, saturnina e uraniana.

L’antico luogo comune che stabilisce uno stretto contatto  fra genio e follia è stato riscontrato anche dalla psichiatra Nancy Andreasen, dell’Università dello Iowa, la quale, dopo uno studio durato più di quindici anni su trenta scrittori di successo, è ginta alla conclusione che, in numerosi casi, la creatività artistica si accompagna a una vera e propria follia.

Il genio perciò inventa, è originale, fa del nuovo, trasforma i canoni tradizionali ma spesso tutto ciò accade in stato sonnambolico, allucinato, come se fosse sotto   l’effetto di una droga. Egli è, riconosciutamene, un vero aborto di natura in quanto quest’ultima non può accettare eccezioni al suo programma. Il “diverso” non entra nel disegno prestabilito per cui paga spesso la sua diversità con salute precaria, vita breve, squilibri psichici, esaltazioni e monomanie d’ogni genere. Nondimeno bisogna anche dire che, a differenza del pazzo o del cerebroleso,  la sua capacità d’inventare, di immaginare, si accompagna a una volontà maniacale, a una perseveranza e a una fortissima ostinazione per dimostrare e per trasformare in realtà il sogno d’un attimo.

Pazzi, cerebrolesi o uomini comuni possono avere tante belle idee, forse anche giuste, ma in loro non vi è la capacità di attuarle. Il genio è invece quell’individuo che, dopo aver immaginato una cosa, vi lavora fino alla morte per dimostrarla e renderla concreta.

Per concludere questa lunga, ma necessaria, digressione sulle diversità e sulle analogie tra il genio e lo psicotico, prendo ancora a prestito una frase di Lombroso: “ E’ per non aver avuto l’audacia e la fantasia di Don Chisciotte che tanti uomini eruditi passarono rasente a grandi scoperte e a grandi opere senza rendersene conto.

E’ per non aver avuto il buon senso di Sancio Pancia che tanti poveri pazzi hanno sacrificato i loro sogni e le loro vane chimere senza averne profitto”.

A questo punto, dopo aver presa visione delle caratteristiche di queste tre categorie, non mi è più stato difficile individuare la tastiera planetaria su cui cercare la genialità.

Quale primo tasto ho considerato il Sole, in quanto espressione realizzatrice dell’individuo.  In secondo luogo ho osservato la Luna come Anima, Immaginazione e “intensità percettiva” (così la definisce L. Morpurgo) anche se lo stato sonnambolico prodotto dalla sua iperfunzionalità non mi sembra in grado di far concretizzare qualcosa sul piano pratico ma piuttosto di suggerire solo ciò che altri elementi celesti perfezioneranno. Infine ho considerato Mercurio, pianeta da sempre legato ai processi cerebrali, in special modo quelli rapidi (non per nulla viene sempre raffigurato con le ali ai piedi), quindi significatore dell’interscambio fulmineo fra l’esterno e l’interno.

A questi primi tre elementi, attraverso un costante  riscontro nei temi dei vari gruppi, ho dovuto aggiungere Urano e Nettuno che emergono come veri e propri mattatori in tutti gli oroscopi analizzati, sia perché in posizione “angolare” e quindi dominante, sia perché sempre in rapporto con i tre pianeti scelti all’inizio, in special modo con Sole e Mercurio.

Accettarli non è stato difficile. Nettuno, pianeta delle continue metamorfosi, delle proposte sempre diverse, delle intuizioni, è ancora più immaginativo e creativo della Luna, essendo in un certo modo la sua ottava superiore. Giacché se per genialità di pensiero s’intende l’immaginare il non ancora immaginato, quello che non c’è e che pare impossibile possa esserci, occorre senz’ombra di dubbio analizzare Nettuno, portatore d’una realtà sempre mutevole e diversa, vero e proprio caleidoscopio dell’animo umano. E se poteva esserci ancora qualche dubbio, l’analisi dei temi dei gruppi di riferimento l’ha fugato. E’ lì, infatti, che Nettuno ha davvero dimostrato essere il pianeta del genio o, in casi particolari, della follia, procurando alternative disgreganti e dissolventi allorché, angolare o dissonante, non viene sorretto da altre astralità capaci di stabilizzarlo.

Ad esso è stato poi affiancato Urano, pianeta “elettrico”, originale, eccentrico, ottava superiore di Mercurio, che svolge il ruolo di vero e proprio relais, stabilendo un contatto simultaneo tra la forza del pensiero nettuniano e l’attuazione uraniana.

Plutone invece, pur essendo il pianeta dell’invisibile e di tutti i processi cerebrali nascosti, non trova posto nella nostra tastiera in quanto non sembra svolgere un ruolo di rilievo nella casistica dei geni né, tanto meno, negli altri gruppi.

Infine, non ancora soddisfatta dei risultati ottenuti, di questa tastiera ho voluto considerare anche i diesis e i bemolle, andando a controllare altri elementi che potevano risultare significativi, fra cui i Gradi zodiacali, i Nodi lunari, il Punto di Fortuna e le Stelle fisse.

 

Chiarito lo schema della ricerca, prima di passare all’analisi dei risultati, faccio un’ultima breve digressione che spero mi verrà perdonata, per rispondere a un’obiezione che molti mi porranno. Qualcuno potrà infatti farmi osservare che le statistiche si fanno su un numero grandissimo di casi e non su un centinaio circa. A mia volta però potrei rispondere che ciò non è sempre esatto. Cito, a questo proposito, Wilhem Kappich che, nella sua STORIA DELL’ASTROLOGIA, testualmente dice: “ Le statistiche di Gauquelin…hanno messo in evidenza una relazione simile alla relazione d’incertezza di Eisemberg: più i metodi statistici sono precisi e circostanziati, più il risultato sperato è aleatorio…L’oroscopo è un tutto, una struttura terribilmente complessa e l’atomizzazione di questo complesso, dovuta all’impiego di massicce statistiche, non potrà mai condurre a un metodo davvero portante”.

Sono quindi dell’opinione che, anche nell’esiguità del numero dei casi presentati, si possa ricavare qualche conclusione di una certa utilità. Ad esempio, la ricerca ha subito sfatato alcuni luoghi comuni dell’astrologia, come quello che gli oroscopi ricchi di buoni aspetti planetari addormentino, impediscano la piena realizzazione dell’essere in quanto l’io non si sentirebbe abbastanza stimolato. Sciocchezze! Basti osservare gli oroscopi di Cartesio, di Michelangelo, di Diesel o dello stesso Keplero per rendersi conto di simile enormità.

Allo stesso modo cade anche l’altra idea balzana di un insufficiente rendimento dei pianeti in caduta o in esilio, nella fattispecie Mercurio, sinonimo di mente, quando troviamo personaggi come Schopenhauer, Darwin o Galilei che lo hanno in Pesci e Keplero o M.me Curie in Sagittario. La collocazione di Mercurio nei vari dodicesimi zodiacali dà quindi la qualità e non la quantità dell’intelligenza.

 

Ma vediamo ora cosa è emerso dalla nostra ricerca.

Sul piano statistico, per il numero esiguo di geni in nostro possesso, (56) abbiamo considerato irrilevante il fatto che vi siano ben 8 Soli in Toro e 8 in Pesci, il che ha posto in netta minoranza i restanti dieci segni, o che vi siano ben 7 Ascendenti in Cancro, 5 in Capricorno e 4 in Gemelli. Ma, comprovato dai confronti, abbiamo notato che:

1° - La quasi totalità dei nostri geni, ad eccezione di 4, possiede Sole, Mercurio e/o Luna in aspetto con Nettuno e Urano, aspetto quasi sempre armonico.

2° - I rapporti astrali su-citati, nei gruppi di riferimento riguardanti gli handicappati cerebrali, sono spesso posizionati nell’asse casa VI-XII , mentre i 56 geni, pur avendo a volte rapporti di tensione fra i pianeti in oggetto, posseggono un solo caso che coinvolge questi settori, esattamente quello di Carlo Rubbia, per l’orario che lo riguarda.

3° - Il gruppo dei suicidi, molti dei quali famosi, presenta più del 50% dei temi in cui il Sole, Mercurio o la Luna sono in aspetto, quasi sempre dissonante, con Urano e Nettuno, questi ultimi molto spesso angolari. Sappiamo infatti che questi pianeti, quando sono Dominanti, svolgono un ruolo disgregante o dirompente allorché non sorretti da altri elementi astrali.

 

Nei temi dei geni c’è però un’altra cosa che balza subito agli occhi: quasi tutti i 56 posseggono congiunzioni, o veri e propri stellium, che coinvolgono Sole, Mercurio ed altri pianeti come Nettuno, Urano e Saturno. A questo porto alcuni esempi a dimostrazione:

 - Ticho Brahe con Sole, Mercurio e Saturno congiunti e trigoni a Nettuno

-      Michelangelo con Sole, Marte e Luna trigoni a Urano

-      Cartesio con Sole, Giove, Urano, Plutone trigoni a Nettuno mentre Mercurio, Luna e Venere sono trigoni a Saturno.

-      Pierre Curie: Sole e Urano settili a Nettuno

-      Maria Curie: Sole, Saturno, Venere e Marte trigoni a Urano; Mercurio in Sagittario trigono a Nettuno

-      Teilhard de Chardin: Saturno, Giove, Sole, Venere, Nettuno trigoni a Urano

-      Diesel: Mercurio, Nettuno, Sole, Venere sestili a Nettuno.

-      Edison: Sole, Mercurio, Nettuno, Saturno, Venere sestili a Urano

-      Einstein: Sole, Mercurio e Saturno congiunti

-      Galilei: Sole, Mercurio e Plutone congiunti

-      Keplero: Mercurio, Uarno, Sole e Venere congiunti

-      E. Maiorana: Marte, Sole e Mercurio congiunti

-      Montagne: Sole congiunto a Nettuno

-      Marconi: Sole congiunto a Nettuno

-      Pasteur: Mercurio, Sole, Nettuno, Urano trigoni a Saturno

-      B. Rusell: Sole, Marte e Plutone congiunti

-      Schopenhauer: Sole, Saturno e Mercurio congiunti

-      E. Segré: Sole congiunto a Saturno.

 

Ma, pur tenendo conto di queste numerose grandi congiunzioni, che si aggiungono agli aspetti quasi sempre positivi fra Mercurio o i luminari con Urano o Nettuno, sono tuttavia arrivata alla conclusione che questi fattori non erano ancora probanti al 100%. Indubbiamente Nettuno e Urano, quando danno il meglio di sé, potenziano in modo notevolissimo le qualità della mente, favorendo la  genialità, mentre mal messi o Dominati contribuiscono a “ingrippare” la macchina mentale, bloccandola dalla nascita o portandola tanto su di giri da spingerla, in particolari condizioni emotive e di vita, a interrompere il proprio ciclo vitale. Ma queste considerazioni non mi sono sembrate sufficienti, tanto più che da questa campionatura di supermenti è emersa un’ulteriore considerazione: oltre alle qualità indiscusse delle loro funzioni cerebrali, questi personaggi hanno posseduto un “quid” in più, e cioè sono stati accompagnati da un quoziente do fortuna che ha permesso loro di divenire famosi per l’eternità.

Quanti altri geni saranno rimasti a tutt’oggi illustri sconosciuti,  nati e morti nell’ombra, incapaci di lasciare in eredità la ricchezza del loro pensiero, delle loro scoperte e dei loro studi?

Questa considerazione mi ha spinta, come già accennato nell’introduzione, ad ulteriori ricerche. In primo luogo a cercare tutti gli elementi astrali suscettibili di promuovere fama e sceso, fra cui il tradizionale buon aspetto tra Luna e Giove, la prima indicante la folla, la popolarità e il secondo la fortuna. E su 56 oroscopi, assieme ai miei colleghi, abbiamo trovato numerose volte Giove in rapporto di congiunzione o di trigono con la Luna, sovente proprio nei segni del Sagittario o dei Pesci.

IN secondo luogo, riguardo ai diesis e ai bemolle a cui abbiamo precedentemente accennato, sono stati considerati anche altri elementi astrali eterodossi quali i Gradi zodiacali, i Nodi lunari e le Stelle fisse.

I Gradi zodiacali, a una verifica, non sono sembrati molto significativi in quanto alcuni calzavano alla perfezione ed altri restavano muti.

I Nodi lunari, numerose volte coinvolti nelle grandi congiunzioni, non possono ancora dare sicura garanzia d’una loro reale influenza. Abbiamo perciò portato la nostra attenzione sulle Stelle fisse, già oggetto di studio da parte di Gouchon che, analizzando un gran numero di celebrità, trovò significative congiunzioni planetarie con Stelle fisse Regali. Abbiamo quindi scelto solo Stelle di 1° e 2° grandezza e considerata unicamente la congiunzione con 1° di orbita. Ebbene, il gruppo dei nostri geni presenta, in alcuni casi, fino a 7 pianeti congiunti ad esse. Difda, Alioth, Acrrux, Fomalhaut, Antares, Algol, Sirio e Vega fanno la parte del leone ed altre, cui la tradizione attribuisce un’influenza particolare ai fini della celebrità – sempre di 1° grandezza – sono risultate egualmente molto significative.

Riguardo ai nostri geni, ad esempio, l’Ascendente è risultato 12 volte congiunto a una Stella fissa Regale, il Sole 13 volte, la Luna 16 volte, Mercurio 15 volte, Venere 14 volte, Nettuno 16 volte e Plutone 9 volte. Emergono quindi Luna e Nettuno alla pari con 16 e Mercurio e Saturno alla pari con 15.

Perciò, dopo aver riscontrato che nel gruppo dei geni esistevano varie coincidenze significative nei loro oroscopi e cioè case molto occupate, assumili planetari nei segni, rapporti di congiunzione fra specifici pianeti e stelle fisse Regali, siamo stati forzati a concludere che a destino eccezionale corrisponde oroscopo eccezionale, composto da numerose indicazioni univoche che collaborano alla specifica esperienza del soggetto. Insomma, l’oroscopo è a volte simile a un’orchestra sinfonica in cui tutti gli strumenti, sebbene diversi, suonano il medesimo spartito.

Ma se così non fosse dovremmo accantonare il postulato che l’astrologia possegga una qualsivoglia capacità previsionale perché, se incapace di individuare un genio,  sarebbe ancor meno capace di individuare i piccoli casi che toccano l’uomo qualunque, i suoi periodi buon e cattivi e così via.

“Il tratto caratteristico d’un destino – scrisse Eudes Picard – non risiede obbligatoriamente nel gioco delle sue facoltà personali. Anzi, molto spesso, la volontà e l’attività d’un individuo sono completamente estranee ad esso”.

Secondo quest’autore, le facoltà personali buone e cattive sono estranee alla volontà dell’individuo perché innate. Se innate, arriviamo nel campo della predestinazione e del libero arbitrio, punto nodale dell’astrologia e delle mantiche in generale giacché la capacità di annunciare qualcosa che fatalmente avverrà implica  che tutto, su di un piano diverso dal nostro, è già accaduto e che la nostra suddivisione del tempo in passato, presente e futuro non ha alcun valre.

Allora, con una relazione positiva fra Sole, Mercurio o Luna e Urano o Nettuno, siamo certi di trovarci davanti a un genio? E con una relazione negativa fra questi cinque elementi possiamo essere sicuri di trovarci davanti a un demente?

Io direi d’andarci piano e, nondimeno, di osservare con somma attenzione l’insieme delle astralità perché siamo certamente davanti a un “bubbone” cerebrale capace di due opposte e specifiche canalizzazioni. Saranno poi gli altri elementi astrali, che rafforzeranno o attenueranno la portata di questo bubbone, a favorire un responso attendibile.

L’astrologo serio  deve, infatti, obbligarsi a non scivolare mai nel facile sensazionalismo o nelle formulette meccaniche con cui etichettare il suo prossimo. Il suo compito è quello di osservare, di stabilire delle analogie, dedurre con prudenza e, contemporaneamente, con cognizione di causa. Solo così egli potrà rendersi utile alla nostra disciplina, apportando nuova linfa vitale e altri tasselli del grande mosaico per colmare le ancora troppo numerose lacune.

 

Bibliografia:

Squillace Gino Sragiona, ma che genio! Gente 1988

Lombroso Cesare Genio e follia Ediz. La Stella

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