L’Era Oscura

Di Emanuele Fusi

 

"Fatti non foste

a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza"

(Dante, Divina Commedia)

 

Le dottrine filosofiche e religiose  tradizionali, sia orientali che occidentali (quali la religione vedica, il pensiero di Esiodo, la tradizione nordico germanica) ci spiegano e ci dimostrano che l'era in cui noi contemporanei stiamo vivendo è una Era Oscura, una epoca di conflitti e di discordie, in cui l'elemento superiore e spirituale viene sempre più gradatamente occultato e dimenticato, venendo così a predominare in tutti i campi della vita le forze infere e terrene, che nel loro continuo ed inevitabile moto discendente portano l'uomo e il suo ambiente verso il baratro di una finale distruzione.

In particolare, la tradizione Indù la nomina Kali-Yuga (età della discordia), la tradizione greco- esiodea Età del Ferro, e la tradizione nordica l'Era del Lupo.

In questa epoca la legge, il legame dall'alto non trattiene più le potenze e le forze indistinte del caos; regna il disordine, la disarmonia, la degradazione, la falsità e il materialismo. Tutto subisce una soluzione disgregante, una polverizzazione atomizzante che porta al precipitare di ogni cosa, risucchiandola, nell'indifferenziato, sia a livello individuale che cosmico.

L'uomo diviene stolto, ignavio, dedito solamente ai piaceri sensuali, bramoso e senza limiti; vive come se tutto gli fosse dovuto, crede di essere un dio.

Il denaro diviene l'unico metro per giudicare gli altri.

I valori dell'etica tradizionale quali la fedeltà, l'onore, la lealtà sono derisi e messi al bando.

La persona stimata è colui che riesce a scalare le vette del successo anche con mezzi illeciti, è il furbo che riesce a farla franca, anche se sulle spalle degli altri.

Regna una grande voglia di inebriarsi in oscure estasi infere, dove la droga e l'acool obnubilano le coscienze. La notte diventa la parte del giorno preferita dall'uomo, che può così lasciarsi andare ai propri bassi istinti.

Il giorno, invece, è il momento propizio per farsi schiavo della tecnologia e dei mezzi di comunicazione di massa, privato di qualsiasi spazio interiore nel quale possa guardarsi dentro, coccolato dal finto benessere che agogna come un cane legato ad una catena troppo corta, e che per tal motivo non riesce mai ad afferrare.

Tutto si dissolve nell'effimero e nel Nulla.

 

In tutto questo l'Uomo che vuole risvegliarsi da questo brutto sogno per accedere verso una coscienza superiore, deve agire in primo luogo su se stesso, senza minimamente pensare che una azione diretta verso il sistema globale possa cambiare il corso della storia; tuttavia può cambiare e migliorare la propria storia personale, la propria vita, creando una distanza e un confine, come fosse una diga, tra sè e le forze del caos.

La via da intraprendere è chiamata in termini sanscriti "Arya-marga" (la via nobile); e di fronte alla superficialità della vita moderna, la vita nobile è soprattutto vita interiore.

sfera.jpgPer essere fondata sull'essere, è vita ricca e profonda, in radicale contrasto con la vita impoverita, miserabile e banale che vediamo imporsi dappertutto in questo mondo  materializzato di oggi.

E' necessario intraprendere una dura lotta con se stessi, verso i priori difetti fisici e psicologici, temprando il corpo e l'anima, sulla via di una severa disciplina ascetica, senza però lasciarsi coinvolgere in aberranti e controproducenti "mortificazioni" di tipo cristiano.

Come disse infatti Julius Evola nel noto libro "Orientamenti", oggi "Il problema primo, base di ogni altro, è di carattere interno: rialzarsi, risorgere interiormente, darsi una forma, creare in se stessi un ordine e una drittura".

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L'Uomo sulla via del risveglio deve in primo luogo cercare e scovare dentro di sè i difetti e le mancanze che lo obbligano a condurre una vita non degna di un uomo, che lo fanno arrestare nella mediocrità collettiva. Poi, successivamente, deve cominciare ad operare con la volontà per rettificare i propri difetti, attingendo la forza dalle dottrine tradizionali e dalla fiducia nel pensiero che l'uomo può essere di più di un semplice animale consumatore.

Si rende pertanto vitale cominciare ad eliminare dalla propria condotta quotidiana la maldicenza, la pigrizia, il rancore, l'invidia, gli attaccamenti verso le futilità, la sciatteria, la falsità; concentrarsi dunque più sui piccoli difetti che su quelli grandi, perchè come dice la Bibbia "sono le piccole volpi che distruggono la vigna".

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Intraprendere una vita sana e spartana, amante della gioia che viene dall'interno del cuore e che aborrisce la felicità effimera dei "disgregati psichici"che circondano le strade delle nostre città, di quegli esseri che come disse il grande iniziato e filosofo romano Plotino "sono e non sono".

E' lo stile del legionario di chi sa scegliere la via più difficile, che non ha mai ritenuto questo mondo una valle di lacrime perchè la sua natura si esalta proprio nelle avversità.

Pietà, paura, speranza, impazienza, ansia sono sfaldamenti dell'animo che vanno estirpati senza esitazioni o timori.

Nella pratica quotidiana, l'alpinismo, le arti marziali, il paracadutismo dovrebbero diventare le attività quotidiane dell'Uomo verso il risveglio, in modo da distruggere dentro se stessi le paure, in primo luogo quella della morte, che inconsciamente ci accompagna nel corso della nostra intera vita.

All'alpinismo, a differenza di altre pratiche sportive, può essere infatti applicato quell'impegno teoretico che Heidegger definirebbe di "oltrepassamento della metafisica", perchè di metafisica si tratta.

L'alpinismo, nelle differenti vulgate, rimanda rispettivamente alla metafisica della vetta la quale, a sua volta, diviene metafora della purezza, della incontaminatezza   a due livelli - fisico e spirituale -, della sublimazione delle passioni nonostante la lotta che comporta.

Innalzarsi in quota significa allontanarsi dalla quotidianità lacerante e frustrante del mondo dei mortali; significa praticare una catarsi ed un'ascesi escatologica che passa attraverso l'ascensione materiale; significa realizzare l'aspirazione edenica dell'uomo che la gravità della materia (la contaminazione) fa precipitare in basso.

Sotto questa luce, risulta evidente che la montagna assume il significato della concretizzazione, della tendenza all'elevazione verso il cielo, che a sua volta in questa dimensione rappresenta la divinità ("Montagna, preghiera della terra"). E raffigura pure il primo dovere di ogni essere vivente.

Questo è il senso degli alberi, delle piante, nel loro slancio verticale. E degli animali, nel loro naturale adattamento all'ambiente, con cui concorrono all'armonia generale.

Ma più di tutti lo riproduce l'uomo, ultimo e più elevato gradino della creazione terrestre, dotato non solo di intelletto, ma anche, - quello che più conta - di spirito.

L'uomo, in cui la forma attuale della civiltà ossessiva ha sviluppato in modo abnorme l'importanza delle esigenze materiali, a scapito di quelle spirituali, confinate - si può dire - nell'ambito dell'arte e del pensiero; elementi questi considerati generalmente del tutto secondari, un hobby quasi, di fronte all'esigenza essenziale di benessere, lucro, potere.

Trinomio imperante che sfocia in modo diverso nel bisogno del piacere corporeo e materiale; fruendo della vita come se fosse eterna e non limitata a poche decine di anni, granello di sabbia in un deserto senza limiti.

Trascurando e scordando l'esigenza innata naturalmente nella sua anima: ricerca dell'innalzamento spirituale che solo lo può salvare dalla morsa del tempo e dello spazio.

 

L'Uomo. La sua essenza è formata da due elementi: spirito e corpo.

Questo, col passare dei secoli, nella nostra "età del ferro", ha assunto un predominio quasi assoluto, in quanto le materialità dell'attuale mondo civile ha appunto influenzato la corrispondente materialità dell'essere umano.

Un'attività che coinvolge insieme spirito e corpo - si è detto - è invece rappresentata dall'alpinismo, azione che risponde alla nostra innata ricerca di elevazione.

E viene effettuata sull'elemento terrestre che da conto suo rappresenta e simboleggia la tendenza all'alto del pianeta stesso.

La montagna così raffigura la possibilità, il mezzo su cui possiamo concretizzare insieme la salita materiale e quella spirituale.

Arrivare dunque a possedere quello che viene chiamato "il sentimento della vetta", quale espressione del bisogno di innalzamento, compiuta non solo con lo spirito, ma anche col corpo: cioè col proprio essere totale.

Il monte, la vetta, l'alpinismo rimangono innanzitutto il simbolo della tendenza all'empireo, offerto all'uomo quale via per concretizzare la sua spinta verso l'alto.

Verso il Cielo.

Verso la Divinità

Dunque un imperativo categorico: Alpinismo, realizzazione totale - in quanto coinvolgente spirito e corpo - della tendenza innata dell'essere umano verso l'alto. Effettuata sulla montagna che a sua volta simboleggia la tendenza cosmica all'elevazione.

***

Ma prima di tutto questo, dobbiamo essere certi della vita dopo la morte, della vittoria del Sole sulla Notte cosmica, di Mithra sul toro; ci torni alla mente, allora, l'insegnamento tradizionale della Bhagavad-Gita (Il Canto del Beato), il testo fondamentale della tradizione vedica indo-ariana (il "Sanatana Dharma", ossia la verità eterna), nel cui capitolo II°, il Dio Krisna (quale incarnazione in forma umana del Dio Vishnu) assicura il combattente Arjuna che sta per iniziare una guerra che condurrà alla morte di sei milioni di persone, tra cui fratelli amici, parenti e maestri (la nota battaglia di Kuruksetra), che la morte non esiste per lo spirito: "Colui che crede di essere ucciso e colui che pensa di uccidere sono entrambi in errore. Quello [il Sè] non può uccidere nè essere ucciso.

"Non nasce mai nè mai muore. Essendo sempre stato, non può cessare di essere. Non-nato, permanente, imperituro, antico, non è ucciso quando il corpo viene ucciso".

... "Come un uomo deponendo i vecchi abiti ne prende dei nuovi, così l'anima incarnata depone i corpi logori ed entra in altri nuovi".

..."Esso non può essere nè trafitto nè bruciato nè bagnato nè disseccato. E' imperituro, onnipresente, immobile e costante; è sempre identico a se stesso".

 ..."Se credi ch'Esso nasca e muoia di continuo, similmente, o Mahabahu, non devi affliggerti, perchè, in verità, sicura è la morte per colui che è nato e certa è la nascita per colui che è morto. Quindi, non puoi affliggerti di ciò che è inevitabile".

Questo splendido ed eterno insegnamento, ben meditato, ci deve portare al di là della paura della morte del corpo.

Dunque, l'Uomo come noi lo intendiamo, deve mettersi in cammino verso il Sole Spirituale che può trovare dentro di sè.

E per fare ciò è necessario intraprendere la Grande Guerra Santa contro se stessi, senza cedimenti e nostalgie di una rassicurante vita borghese, rammentando sempre che non è peccato cadere durante il cammino, me è peccato non rialzarsi.



Articolo pubblicato nella rivista LexAurea36, si prega di contattare la redazione per ogni utilizzo.

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