La pratica dell’equilibrio nello Yoga  integrale

 

Valeria Russo

 

Uno dei problemi più difficili che mi trovo ad osservare ogni momento e che chiede di essere affrontato sempre con una certa urgenza nella pratica yoga (sadhana)  è l’equilibrio. E’ un tema importante non solo nello yoga ma nella vita in genere, soprattutto in quella ordinaria.

E’ un requisito fondamentale per Sri Aurobindo senza il quale non si può neanche iniziare una sadhana.

Si richiede equilibrio. E’ certo un atteggiamento della coscienza che può svilupparsi in consapevolezza sempre più ampia e profonda. L’equanimità. E dall’equanimità la comprensione e la compassione.

Ma cosa è l’equilibrio?

“Equilibrio” dal vocabolario della lingua italiana: Contrappeso - Compenso di forze- eguaglianza – stabilità (dinamica) della bilancia -  Stato di un corpo che si regge dritto per contrappeso.

Il contrario di equilibrio: squilibrio -  sbilancio.

Mi sembrano di corollario: perseveranza, costanza, stabilità, concentrazione nel senso di intensità ma senza tensione, quindi tener fede alla risoluzione presa; integrità, armonia.

E mentre cerco di elencare altri termini relativi all’equilibrio mi rendo conto che l’equilibrio stesso è difficile da definire in modo univoco, né troppo verso un lato né troppo verso l’altro.

E dal glossario dei termini aurobindiani – trovo “Equality (samata)”

La yogica samata è uguaglianza – dell’anima, l’equanimità è fondata sul senso dell’uno Sé, del Divino in ogni luogo, vedendo l’Uno a dispetto di tutte le differenze, gradi, disparità nella MANIFESTAZIONE.

Questa è la visione a cui siamo destinati ma c’è un percorso che può iniziare da qui:

 

“Equanimità significa una mente e un vitale quieti e inamovibili, significa non essere toccati o turbati dalle cose che accadono o cose che vi sono dette o fatte, ma guardare a queste con uno sguardo diretto, libero dalle distorsioni create da sentimenti personali, e cercare di capire quello che c’è dietro di esse, perché accadano, che cosa possiamo imparare da loro, che cosa in noi è oggetto dei loro attacchi e quale profitto o progresso interiore possiamo trarre; significa auto-controllo sui propri movimenti vitali – collera e suscettibilità e orgoglio così come desiderio e il resto – non lasciare ch’essi s’impadroniscano dell’essere emotivo e disturbino la pace interiore, non parlare e agire sotto l’eccitazione e l’impulso di queste cose, sempre parlando e agendo da un calmo equilibrio interiore dello spirito. Non è facile avere questa equanimità in piena perfetta misura, ma si dovrebbe sempre più cercare di farne la base del proprio stato interiore e dei propri movimenti esterni.”

Sri Aurobindo

Sri Aurobindo ci suggerisce una pratica di consapevolezza basata sull’osservazione. Ma facendo un passo indietro mi sembra importante creare le condizioni affinché osservazione possa aver luogo.

Così per mantenere questo stato di “equilibrio interiore” Sri Aurobindo dice che sono necessari un vitale e una mente quieti e inamovibili. Allora quale pratica adottare per pervenire a un certo auto-controllo affinché la quiete possa scendere e stabilirsi in noi?

Una pratica viene suggerita dalla Madre quando le chiedono:

 

“Come stabilire una pace e un silenzio stabili nella mente?

 

Per prima cosa bisogna volerlo. (Aprirazione – la parentesi è mia)

E poi, bisogna provare e bisogna perseverare, continuare a provare. (intraprendere una pratica – la parentesi è mia)

Quello che ho appena detto è un ottimo mezzo. Ma ve ne sono anche altri. Per prima cosa, ti siedi tranquillo; e invece di pensare a cinquanta cose, comincia a dirti:”Pace, Pace, Pace, Pace, Pace, Pace, calma” E allora, quando qualcosa viene a toccarti e agisce, dì tranquillamente così: “Pace, Pace, Pace, Pace”

Non guardare i pensieri, non ascoltare i pensieri, capisci? Non devi far caso a tutto ciò che avviene. Sai, quando una persona è molto fastidiosa e vuoi sbarazzarti di lei, non la si ascolta, vero? Bene! Giri la testa da un’altra parte (gesto) e pensi a qualcosa d’altro. Ebbene, devi fare quello: quando i pensieri vengono non devi guardarli, non devi ascoltarli, non devi dar loro la minima attenzione. Devi comportarti come se non esistessero! E poi ripeti tutto il tempo come una sorta di – come dire? – come fa un idiota, che ripete sempre la stessa cosa. Bene, devi fare la stessa cosa; devi ripetere: “Pace, Pace, Pace”. Allora provi questo per qualche minuto, e poi fai ciò che devi fare; poi in un altro momento, ricominci; ti siedi di nuovo e riprovi. Fa questo al mattino quando ti alzi, fa questo alla sera quando vai a letto. Puoi farlo…guarda!,se vuoi digerire bene il tuo cibo, puoi farlo per qualche minuto prima di mangiare. Non puoi immaginare quanto questo aiuta la tua digestione! Prima di cominciare a mangiare, rimani seduto, tranquillo, per un po’, e dì:” Pace, Pace, Pace!” e TUTTO diventerà calmo. E’ come se tutti i rumori andassero lontano, lontano, lontano…(La Madre distende le braccia su entrambi i lati) e poi devi continuare; e viene il momento in cui non si ha più bisogno di sedersi, e non ha importanza quello che si fa, non ha importanza quello che si dice, è sempre:” Pace, Pace, Pace” Tutto rimane lì, così, senza entrare (gesto sul davanti della fronte) rimane così. E allora si è sempre in una pace perfetta…dopo qualche anno!

Ma all’inizio, appena all’inizio, per due o tre minuti, è veramente semplice. Per una cosa complicata devi fare uno sforzo, e quando si fa uno sforzo non si è tranquilli. Molto semplice, molto semplice, devi essere molto semplice in queste cose. E’ come se tu stessi imparando a chiamare un amico: a furia di chiamare, egli viene. Ebbene, fai della pace e della calma il tuo amico, e lo chiami:”Vieni, Pace, Pace, Pace, Pace, Vieni!”
La Madre

 

Quante volte mi è capitato di provare questa pratica e quanta difficoltà dopo i primi minuti. Non solo i pensieri, ma anche il corpo reclamava la sua parte.

Ecco allora che qui può essere utile come preparazione alla pratica di Mère un po’ di Hatha Yoga, una pratica che va nella direzione di preparare il corpo e la mente e il vitale alla concentrazione, alla calma/autocontrollo interiori e nello stesso tempo una pratica che ci porta verso uno stato, se pur temporaneo, d’equilibrio “forzato”.

E’ come una pregustazione dell’equilibrio,  che può essere sperimentata attraverso un’asana.

Il termine “equilibrio” presuppone che ci siano due forze, due elementi.

E’ il gioco della dualità nella manifestazione.

Da qui, in associazione, mi vengono in mente altri riferimenti, come quello all’ayurveda, non solo nel concetto dei  tre guna (rajas – tamas – sattva) che formano l’intero universo e dei tre dosha che fprmano la natura degli individui – prakriti -  (pitta-vata-kapha) ma anche nel concetto stesso di salute. Per l’ayurveda la salute è il mantenimento dell’equilibrio tra i dosha. Tra  il microcosmo e il macrocosmo.

 

Proposta di pratica di ASANA sul tema dell’equilibrio

La pratica di Hatha Yoga si muoverà in una direzione sattvica; lavorerà inizialmente, come preparazione, sulla globalità del corpo armonizzando il respiro attraverso una sequenza dinamica (es. Surya Namaskar)

Inizieremo con delle asana che cercano di creare un ambiente interiore che ci può portare alla sensazione di stabilità e radicamento. Una discesa a terra che ci aiuti a sentirci ancorati alla terra, ma capaci di cambiamento. (Uttanasana – p. accovacciata)

Poi lavoreremo con delle posizioni dinamiche laterali che ci porteranno a sperimentare prima l’assimetria del corpo per poi sentire l’equilibrio tra il lato destro e sinistro. (Ardha Chandrasana, Trikonasana)

Sceglieremo una posizione classica di equilibrio (per esempio Vrikshasana- l’albero, Garudhasana - l’aquila, Shiva Natarajasana - Shiva danzante) in cui potremo sperimentare quanto sia difficile mantenere l’equilibrio dinamico del corpo; perché si richiede di entrare progressivamente in uno stato di concentrazione, stabilità, vigilanza, radicamento, forza, rilassamento. Si può inizialmente utilizzare la vista, fissando un punto esterno davanti a noi. Quando ci sentiremo abbastanza sicuri, potremo tentare di attivare lo sguardo interiore, concentrandoci nel plesso solare.

Dopo, potremo compensare gli effetti a volte negativi della posizione (tensione, irrigidimento, ecc) con una posizione dinamica come, per es, una torsione a terra – Jathara Parivritti.

Concluderemo con Shirsasana, la posizione in equilibrio sulla testa. Ci aiuterà a vivere un equilibrio rovesciato rispetto a quello a cui siamo solitamente abituati, ad essere più elastici e a vedere le cose da altre prospettive. Ed essere pronti a sperimentare nuovi equilibri.

 

Pranayama

Dopo essere tornati nella posizione seduta si può praticare per qualche minuto NADI SODHANA- la respirazione a narici alternate. Questo è un pranayama che aiuta ad equilibrare le nadi Ida e Pingala e a purificare l’intero organismo.

 

Ora, scegliendo una posizione confortevole, possiamo entrare nella pratica di Mère

 

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