Savitri Mito e Simbolo

la poesia mantrica di Sri Aurobindo

Pino Landi

 

Lo yoga integrale

 

Lo scopo dello yoga integrale di Sri Aurobindo è la realizzazione del Divino nella mente, nel vitale e nel corpo.

Gli antichi Rishi, i Saggi Vedici, riuscirono a realizzare una liberazione trascendente ed individuale, separando la mente, il vitale ed il corpo, con l’aiuto della parte divina di sé, (antar-amta). Il moto era solamente ascendente: la coscienza sale i diversi piani, fino a stabilirsi nel piano della propria realizzazione.

Ciò non consentì di liberare il mondo  dall’ignoranza, dalla menzogna, dalla sofferenza e dall’oscurità. I Grandi Saggi percepirono che i tempi ancora non erano quelli giusti e non concepirono neppure l’ambizioso progetto di liberare l’uomo dalla sofferenza, dal dolore, dalla vecchiaia e dalla morte e di realizzare la Vita Divina su questa terra e nella stessa materia.

Ogni volta che sulla terra è necessaria una svolta decisiva, il Divino medesimo assume corpo umano, e viene in questo mondo come Avatar, al fine di iniziare e favorire il salto evolutivo.

I tempi per la trasformazione della mente, del vitale e del corpo sono giunti, avendo la mente raggiunto il propria maturità evolutiva.

Occorre quindi procedere in un doppio movimento: di ascesa al piano della Coscienza e della Conoscenza (Gnosi ) Supermentale, ma anche di discesa, per portare e rendere stabile su questo mondo la Forza Supermentale del Paraddha (piano di Verità e di Luce) capace di trasformare.

Questa l’opera e il lavoro che il Divino ha realizzato come Avatar nei corpi umani di Aurobindo e Mère.

Il fine dell’insegnamento di Aurobindo non è stato quello di riformare una qualche religione esistente o istituirne una nuova, né tanto meno cercare una sorta di sincretismo tra credenze e religioni varie. L’unico scopo dello yoga integrale è quello di fornire gli strumenti per uno sviluppo interiore, per la scoperta del sé interiore, unico per tutti, per elaborare una coscienza spirituale e supermentale che trasformerà la natura umana e la renderà Divina.

L’uomo ha la possibilità di evolversi utilizzando la propria volontà cosciente e la propria libertà di scelta, tuttavia questa evoluzione non può compiersi compiutamente con la sola volontà ed aspirazione, perché la mente, per come è costituita pone limiti invalicabili al progresso: deve intervenire un vero e proprio capovolgimento di coscienza, per trasformare la stessa mente in uno strumento di un principio superiore.

Il primo passo nello yoga consiste appunto nel prendere contatto con il proprio essere interiore, realtà involuta all’interno stesso dell’essere umano, che partecipa della Realtà, scintilla del Fuoco Divino. L’essere interiore, deve diventare il Maestro, prendere le redini ed il governo dell’uomo dalle mani di quel miscuglio inaffidabile ed inadeguato formato dagli elementi vitali, mentali e fisici esteriori.

Si saranno allora create le condizioni per un movimento di discesa della Luce e della Forza Supermentali. Occorrerà molto lavoro e tempo per la discesa attraverso i vari piani intermedi  tra la Coscienza di Verità Supermentale e la normale coscienza umana; piani che vanno aperti e conquistati.

Gli antichi insegnamenti hanno fornito parecchi elementi per il lavoro: ampliare la mente, aprirla al Sé; raggiungere il piano della Coscienza Cosmica; dominare desideri, attaccamenti egoici, passioni; controllare e non essere controllati dal corpo con i suoi istinti e i suoi bisogni.

Riguardo all’insegnamento tradizionale, occorre tuttavia pervenire ad una sintesi integrale dei tradizionali sentieri proposti dallo yoga: la via della Conoscenza, attraverso la mente che impara a discriminare tra Realtà ed apparenza; la via delle Opere, in cui la volontà si mette al servizio della Verità e della Luce e l’agire perde ogni interesse ai frutti; la via del Cuore, che è quella della devozione, e dell’amore. 

 

Il mantra nello yoga integrale.

 

Nello yoga integrale, che è yoga di trasformazione, può essere utilizzato uno strumento di indubbia efficacia: Sia Aurobindo che Mère hanno scritto ripetutamente sulla bontà dell’uso nel loro yoga del mantra-japa e del nama-japa, che letteralmente significa la ripetizione del nome del Signore.

Il mondo dei suoni e delle immagini non è una mera creazione individuale, ma manifestazione, una delle tante, dell’Essere e Suo strumento. Il suono, o verbum, è perciò mezzo di “comunicazione” tra uomo e Dio. Attraverso il mantra (verbum o logos) il microcosmo si collega al macrocosmo; l’operatività si congela in una formula: la conoscenza e il controllo dei suoni mantrici consentono di utilizzare la forza immanente nella natura, per ascendere a diversi livelli di coscienza.

 

Dice Aurobindo:

 

“Ogni nome, ogni forma, ogni simbolo, ogni offerta sono stati ritenuti sufficienti se accompagnati dalla consacrazione”.

 

“…vi è sicuramente un modo, la fede nel potere del mantra o del nome in sè stesso”

 

“Il nome del Divino è generalmente invocato per la protezione, per l’adorazione, per incrementare la bhakti, per l’apertura della coscienza interiore, per la realizzazione del Divino sotto quell’aspetto. Per il tempo necessario per operare nel subcosciente a questi scopi, il Nome deve essere là, efficace”.

 

“un fuoco psichico, interiore, deve essere acceso, nel quale tutto è gettato con il Nome Divino a  sigillo”

 

“OM è il mantra, il suono-simbolo che esprime la Coscienza di Brahman nei suoi quattro aspetti, da turiya al piano esteriore o materiale. La funzione di un mantra è quella di creare nella coscienza interiore le vibrazioni necessarie per prepararla alla realizzazione di ciò che il mantra simbolizza e si ritiene porti in sé. Il mantra OM dovrebbe di conseguenza condurci all'apertura della coscienza alla visione e al senso della Coscienza Unica nelle cose materiali, nell'essere interiore e nei mondi ultrafisici, nel piano causale al di sopra che per noi è attualmente ultracosciente e, infine, alla suprema trascendenza liberata al di sopra di ogni esistenza cosmica. Quest'ultimo è generalmente lo scopo principale di chi utilizza il mantra.

 

Nel nostro Yoga non c'è mantra fisso, non facciamo insistenza sui mantra benché i sadhaka possano utilizzarne uno se lo trovano utile o finché lo trovano utile. Insistiamo piuttosto su un'aspirazione nella coscienza e su una concentrazione della mente, del cuore, della volontà di tutto l'essere. Se si trova un mantra che ci aiuti lo si impiega. Se usiamo bene OM (non meccanicamente), potrebbe servire benissimo all'apertura verso l'alto e verso l'esteriore (coscienza cosmica) ed anche alla discesa.

Turiyam è la quarta posizione o equilibrio dell'esistenza. Nel linguaggio dei Rishi vedici, come l'Esistenza infinita, la Coscienza e la Beatitudine sono i tre Nomi supremi e nascosti del Senza-Nome, così la Supermente è il quarto Nome quarto in rapporto a Quello nella sua discesa e quarto per noi nella nostra ascesa: 1) Jagrata, 2) Svapna, 3) Sushupti, 4) Turiyam.

stato di veglia, stato di sonno, stato di sonno, stato di trascendenza. “

 

 

Sempre sul mantra, dice Mère:

 

“Quando giocate e di colpo vi accorgete che c’è qualcosa che sfugge commettete degli sbagli, siete disattenti, qualche volta ci sono delle correnti contrarie che vengono a disturbare ciò che fate; se prendete l’abitudine, automaticamente, di lanciare in quel momento un appello, con un mantra o, meglio, un giorno esso viene spontaneamente in un momento difficile. Quando le cose sono molto complicate, quando avete una sorta di angoscia, di inquietudine, e non sapete che cosa accadrà, all’improvviso sorge in voi quella parola. Essa può essere diversa per ognuno. Ma se prendete nota di essa e ogni volta che siete di fronte a una difficoltà la ripetete, l’effetto è irresistibile. Per esempio, se sentite che state per ammalarvi, se sentite di far male ciò che fate, se sentite che qualcosa di male sta per attaccarvi, allora …Ma bisogna che sia una spontaneità dell’essere, che la cosa sorga in voi senza che abbiate bisogno di pensare; scegliete il vostro mantra perché è un’espressione spontanea della vostra aspirazione; può essere una parola, due o tre parole, una frase, dipende da ognuno, ma deve essere un suono che susciti in voi una certa condizione. Allora, quando l’avete raggiunta vi garantisco che potete affrontare tutto senza difficoltà. Anche di fronte a un pericolo vero, reale, per esempio se siete attaccati da qualcuno che vuole uccidervi, se voi senza agitarvi, senza turbarvi, ripetete tranquillamente il vostro mantra, nessuno potrà farvi nulla. Naturalmente, dovete essere molto padroni di voi stessi, non che una parte dell’essere sia lì a tremare come una foglia; no, dovete farlo con tutto voi stessi, sinceramente, allora la cosa è onnipotente. La cosa migliore è che la parola vi venga spontaneamente: voi chiamate in un momento di grande difficoltà (mentale, vitale, fisica, emotiva, di qualsiasi genere) e di colpo ciò sorge in voi, due o tre parole, come parole magiche. Dovete ricordarvene e prendere l’abitudine di ripeterle al momento in cui arrivano le difficoltà. Se prenderete l’abitudine, un giorno vi verranno spontanee: quando arriverà la difficoltà, nello stesso tempo verrà il mantra.

Allora vedrete che i risultati saranno meravigliosi. Ma non bisogna che la cosa sia artificiosa o che voi decidiate arbitrariamente: “mi servirò di quelle parole”, o che qualcun altro vi dica: “oh, sapete, quel dato mantra è ottimo” – forse è ottimo per lui, ma non per tutti “

 

Qui deve il viaggiatore della via ascendente

Per sfidare i regni dell’Inferno seguendo la serpeggiante strada celeste

Indugiare o passare lentamente attraverso quel periglioso spazio,

una preghiera sulle labbra e il grande Nome.

 

Risvegliando la coscienza nelle cose inerti,

egli impose sull’atomo oscuro e la massa muta

La scritta adamantina dell’Imperituro,

iscrisse sul cuore oscuro di cose cadute

un canto peana del libero infinito

e il Nome, fondamento dell’Eternità,

 

Una chiave per una Luce ancora custodita nel centro profondo dell’essere,

la parola solare di un senso di mistero antico,

il di Lei nome scorre mormorato sulle labbra degli uomini

estatico e dolce come un verso ispirato….

 

Essi cantarono i nomi dell’Infinito e gli immortali poteri

In metri che riflettono i mobili mondi

 

Sri Aurobindo da “Savitri”

 

 

 

La poesia mantrica.

 

In India  già da millenni è stata utilizzata nella poesia una tecnica che collega analogicamente suono ed immagine: è la poesia mantrica, momento e strumento di sintesi tra suono visione e relativo piano di coscienza.

Occorre accennare, seppur schematicamente, alla concezione mantrica, patrimonio sapienziale dell’India, per intendere la relazione suono- immagine –ritmo, valore essenziale di detta tecnica poetica.

Ai sette centri, chakra, distribuiti lungo la colonna vertebrale nell’uomo (Muladhara, Svadhisthana, Manipura, Anahata, Vishuddha, Ajina, Sahasrara), sono collegati rispettivamente a suoni- base, mantra semi o essenziali ( La, Ba, Ra, Yam, Ha,Om), che sono i simboli fonici dei rispettivi piani coscienziali e dell’essere; piani, relati ai chakra in un rapporto micro- macrocosmo, che ascendono da un piano tamasico dominato dalle forze vitali elementari , fino al piano della realizzazione Supermentale Divina.

Il mantra può essere utilizzato per stabilire, appunto attraverso il suono, il contatto diretto con il piano voluto di coscienza e di percezione dell’essere. Viceversa, a certi livelli di coscienza, corrispondono suoni e ritmi, che la poesia può proporre in ritmi, suoni, immagini ed idee.

 

“La lingua del mantra è una lingua che dice infinitamente più del puro senso che le parole sembrano indicare, un ritmo ancora più significativo della lingua, che è generato dall’Infinito e scompare nell’Infinito e iol potere di convogliare noon semplicemente dei contenuti mentali, vitali o psichici, o indicazioni e valori delle cose, ma il loro valore e figura in una coscienza originale e fondamentale che è al di là di esse…”

 

“Vi sono vibrazioni, onde, ritmi che s’impossessano del ricercatore, lo invadono e, nella discesa si rivestono di parole e di idee, di musica e di colori. Ma le parole, le idee, la musica e il colore, sono il risultato, un effetto secondario; danno solamente corpo a questa vibrazione terribilmente imperiosa.”

 

Una poesia siffatta è strumento illuminante, chiave per aprire la porta dello spirito, tramite la proprietà di far vibrare ad una opportuna frequenza l’essere sensibile, emotivo e mentale.

Per Sri Aurobindo soprattutto la poesia è verità. Verità di vita, in una visione intuitiva dell’essere, con l’ausilio dell’immaginazione e della fantasia, oltre le concezioni limitate della scienza, della religione e della filosofia.

“La poesia del futuro può fare ciò, nel modo e nella misura che può la poesia, con la visione, con il potere della parola, con l’attrazione della bellezza e della gioia”

 

Savitri – Leggenda e simbolo.

 

         Aurobindo iniziò un primo abbozzo di Savitri giovanissimo, la stesura, le infinite revisioni, le aggiunte, i rifacimenti furono un continuo lavoro che durò per tutta la vita del Maestro. Nella sua forma finale è formato da 24000 versi in dodici libri.

 

“Cominciai con esso su un certo livello mentale, - scriveva Aurobindo in una lettera del 36- e ogni volta che potevo raggiungere un livello più alt, lo riscrivevo da quel livello…Tutto doveva avere, per quanto possibile, la stessa impronta. In effetti non ho considerato Savitri un poema da scrivere e terminare, ma come un campo di sperimentazione per vedere fino a che punto si potesse scrivere poesia partendo dalla propria coscienza logica e come ciò potesse essere creativo”

 

“In verità l’intera forma di Savitri è discesa in massa dalla regione più alta e Sri Aurobindo, col suo genio, sistemava semplicemente i versi, in uno stile superbo e magnifico” precisa Mère.

 

Dall’epoca di Omero, di Virgilio e di Dante Alighieri nessuno si era più cimentato in un’opera epica in versi che avesse vari livelli di lettura, il più alto dei quali rappresenta un vero e proprio insegnamento esoterico e spirituale.

“Si può dire che Savitri è una rivelazione, è una meditazione, è una ricerca dell’infinito, dell’Eterno. Se lo si legge con questa ispirazione verso l’Immortalità, la lettura stesa servirà come guida verso l’Immortalità. Leggere Savitri è in effetti fare dello yoga, della concentrazione spirituale: ci si può trovare tutto ciò di cui si ha bisognoper realizzare il Divino. Ogni passo dello yoga è segnato qui, compreso il segreto di tutti gli altri yoga…

“ …c’è tutto: il misticismo, l’occultismo, la filosofia, la storia dell’evoluzione, la storia dell’uomo, degli dei, della creazione, della Natura. Come l’universo è stato creato, perché, per quale fine, quale destino….l’avvenire dell’uomo e dell’evoluzione, tutto ciò che nessuno sa ancora. Egli l’ha formulato in parole  belle e chiare perché gli avventurieri spirituali che vogliono risolvere i misteri del mondo possano comprenderlo più facilmente. Ma il mistero è ben nascosto, dietro le parole e i versi ed occorre salire fino al livello voluto della vera coscienza per scoprirlo…Sri Aurobindo vi dà qui la chiave per trovare la Verità, per scoprire la Coscienza…

…Insomma Savitri è qualcosa di concreto, di vivente, è tutto riempito di coscienza, è la conoscenza suprema, al di sopra di tutte le filosofie, di tutte le religioni umane. E’ la via spirituale, è lo yoga, la tapasya-sadhana, tutto in un corpo unico. Savitri ha un potere straordinario, proietta vibrazioni per colui che può riceverle, le vere vibrazioni di ogni tappa della coscienza…”

 

La leggenda di Savitri fa parte del Mahabharata, antico libro che comprende le leggende epiche del periodo vedico. La storia è una sorta di mito di Orfeo “rovesciato” e analogo al mito di Iside ed Osiride: Savitri sfida la morte e il destino per salvare il marito Satyavan. La valenza simbolica è profonda. Savitri, figlia del Sole rappresenta la Parola Divina (un Messia femminile), la Verità che si incarna per salvare; Satyavan è l’anima dell’uomo, che ha in sé il Divino, ma involuta in un piano dove non può sfuggire alla morte e all’ignoranza.

 

         Aurobindo riscopre per l’uomo del terzo millennio un linguaggio antico, utilizza le vibrazioni del mantra, così come i simbolismi profondi del mito, per poter comunicare direttamente con ciò che nell’uomo è oltre la ragione e sopra la mente.

 

Non solamente in oriente, ma anche in occidente, la più pura Tradizione non concede particolare privilegio all'aspetto maschile del divino, anzi. Il più antico culto della Grande Madre, la metafisica-spirituale del culto Solare egiziano, la concezione trinitaria dell'originale insegnamento del Cristo sono l'origine prima, insieme all'architettura filosofica platonica e ai Misteri, di quel sapere esoterico che ha avuto il corrispettivo in Oriente nella concezione della Sakti, della Madre Divina nei suoi quattro aspetti.

L’Assoluto non ha caratteristiche, viene anzi definito più per negazioni che per affermazioni. Nell’atto creativo e di potenza, emerge l’aspetto femminile.

Aurobindo intenzionalmente offre varie chiavi di lettura ed intrepretazioni formali del suo insegnamento.

Nella sua essenza illuminata aveva superato e sintetizzato il dualismo maschile-femminile, a cominciare della sua medesima vita materiale e del reciproco ruolo giocato assieme a Mère. Ruolo di alto valore simbolico, ma anche di concreta realizzazione, se è vero che Mère ed Aurobindo hanno partecipato di un’unica coscienza e di un’unica essenza.

Il suo insegnamento ci viene presentato a volte partendo da aspetti e punti di vista "maschili", a volte "femminili". Tali aspetti possono determinarsi nella forma, nei simboli scelti, nel sentire intimo a cui si rivolge nelle diverse opere. Ovvio che a prescindere dal punto di vista formale, poi l'insegnamento approda sempre ad una sintesi comprensiva dei due aspetti nella loro fusione e sintesi a livello superiore.

Così "la vita Divina" è opera di approccio decisamente "maschile", di impronta filosofica e speculativa, impregnata di metafisica; rivolta principalmente alle dinamiche mentali: Per inflessione esattamente speculare, "Savitri" è opera altrettanto decisamente "femminile". Non parole, ma versi diretti alla sfera delle emozioni e del sentire; non concetti, ma un continuo mutevole simbolismo, su cui la mente non riesce a fermarsi. Un simbolismo volto decisamente alla parte femminile che ciascuno è chiamato a mettere in campo e sviluppare, per crescere.

Nello yoga integrale si può procedere verso la conoscenza con il piglio del guerriero, armato della lancia della volontà e dell'ascia dell'intelletto e della mente, ma come si procede più spediti se si lasciano a casa i ferri e l'armatura e ci si incammina a passo di danza, protetti dall'Amore e dalla Protezione della Madre Divina.

 

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