|  | Le Costellazioni nello Zodiaco: Il CapricornoAlessandro Orlandi |  | 
|  “Prajapati 
		è invero l’anno, due sono le sue vie: una verso il Sud, l’altra che 
		volge a Nord.Coloro i quali considerano come atto il compimento dei 
		sacrifici e dei doveri religiosi, costoro conseguono il mondo lunare e 
		di nuovo ritornano quaggiù. Questo è il motivo per il quale i saggi che 
		desiderano prole procedono sul cammino che mena a sud. La fruizione del 
		mondo dei sensi è infatti la via dei Padri. Coloro i quali, invece, 
		avendo ricercato per la via del Nord il proprio Sé mediante ascesi, 
		studio, fede, conoscenza, conseguono il sole; costoro invero non 
		ritornano più quaggiù perché hanno raggiunto la sede dei soffi vitali 
		che è l’immortalità, la non-paura, il fine supremo. 
		
		Prasna Upanishad, I,9 e I,10 
		 
		
		“Senza 
		uscire dalla porta, conoscere il mondo! Senza guardare dalla finestra, 
		vedere la Via del cielo! Più lontano si va, meno si conosce.Perciò il 
		Santo conosce senza viaggiare; egli nomina le cose senza vederle; egli 
		compie senza azione.” 
		
		
		Tao Te Ching, XLVII 
		 
		
		Abbiamo detto che nel segno del Sagittario i ruscelli confluiscono nei 
		fiumi e nei mari, le forme-pensiero si aggregano negli eggregori, i 
		pensieri e le osservazioni sul mondo si organizzano in un sistema 
		filosofico, mille piccole cause determinano un grande effetto. Il 
		Capricorno è simbolo della méta ultima a cui tende ogni cosa, della 
		vetta a cui aspirano lo scalatore e l’ambizioso e dell’abisso nel cui 
		fondo si accumula tutto ciò che tende verso il basso. Per questo il 
		Capricorno ha la parte superiore di una capra e quella inferiore di un 
		pesce. E’ del Capricorno anche la consapevolezza del significato 
		profondo del detto ermetico “ciò 
		che è in alto è come ciò che è in basso”, non solo perché una 
		polarità non può esistere senza l’altra, ma anche perché nel Capricorno 
		la natura panica e l’abbandonarsi agli istinti non è in contraddizione 
		con la pratica ascetica, la spiritualità con il materialismo, il 
		distacco con l’attaccamento, l’inesperienza della giovinezza con 
		l’esperienza della vecchiaia, la nascita con la morte, la salute con la 
		malattia, perché tutto ciò appare come qualità dell’Io, come epifenomeno 
		generato dall’attrito col mondo, mentre qui si tratta del Sé, che si 
		trova al di là di queste determinazioni particolari, di queste qualità. 
		Ogni individuo, abbiamo detto, piega e deforma secondo le proprie 
		esigenze le direzioni universali che costituiscono la trama sottile con 
		cui è intessuto l’universo. Nel Capricorno queste direzioni si mostrano, 
		a chi può e sa riconoscerle, nella loro trama e, a chi ha compiuto in 
		precedenza un cammino di conoscenza, le “direzioni individuali” appaiono 
		per ciò che sono: i tentativi e le imitazioni di una scimmia 
		ammaestrata. Dopo lo smembramento che abbiamo descritto nel segno dello 
		Scorpione, quello subìto dalle energie di chi ha seguito un percorso 
		profano, ogni porzione di energia raggiunge, nel Capricorno, l’“anima 
		esterna” che le era destinata. Così si conclude il processo di 
		corruzione ed ha inizio quello di generazione. 
		
		Il Capricorno è anche simbolo dell’Anima mundi, che può apparire fredda 
		e impersonale a chi non abbia stabilito un contatto con lo Spirito del 
		Tempo, quello che i tedeschi denominano Zeitgeist, ma che è la fonte del 
		senso e del significato di ogni esistenza individuale. L’Anima del mondo 
		è infatti la risultante delle azioni, del “karma”, di tutti gli esseri 
		che agiscono sulla terra e di tutti gli esseri che agirono in passato. 
		Come uno specchio fedele, non fa che riflettere il risultato finale di 
		tutti quei singoli riflessi, riconducendo l’effetto di ogni azione a ciò 
		che gli è affine, alla sua essenza. Infine, nella trasmigrazione di 
		energia che abbiamo descritto tra Vergine e Scorpione, nel Capricorno 
		c’è la possibilità che il Doppio, il corpo di luce, relegato nel mondo 
		del sogno, dell’inconsapevolezza e della morte, si animi e prenda 
		coscienza di se. Anche l’alchimia orientale aveva come obiettivo finale 
		questa “animazione del corpo di luce”, attraverso un lavoro paziente sui 
		soffi vitali dell’uomo e sulla sua energia interna, il Ch’i. Nella 
		natura saturnina e nello spirito “puer-senex” del Capricorno c’è quindi 
		il seme dell’immortalità, la possibilità che la consapevolezza, invece 
		di venire risucchiata delle dimore di Ade e quindi annientata, riesca a 
		“trasmigrare” in un involucro immortale. Così come la cuspide della 
		decima casa di ogni oroscopo individuale dovrebbe aiutare a comprendere 
		quali sono gli obiettivi di quella persona, nell’attivare la 
		costellazione simbolica del Capricorno saremo spinti a chiederci perché 
		siamo nati, cosa siamo chiamati a portare a compimento e qual è la méta 
		della nostra vita. Chi avrà seguito il cammino del raggio di sole, 
		dall’Ariete al Sagittario, non potrà che intendere questa méta come un 
		operare al servizio dello Spirito. Avrà sviluppato nei segni della 
		Bilancia, dello Scorpione e del Sagittario il potere di vedere ciò che è 
		invisibile agli altri e avrà sviluppato, magari, i poteri che Patanjali 
		attribuisce agli yogin che sono molto avanzati nella pratica dello yoga. 
		Si comprende così come mai lo stesso Patanjali prescriva la rinuncia a 
		quei poteri come condizione imprescindibile per poter proseguire in un 
		cammino evolutivo: se ci si è messi al servizio del Sé non si possono 
		coltivare qualità che ci riportino all’Io. Infine il Capricorno è la 
		porta del solstizio di inverno, la porta dalla quale la “vera luce” 
		entra nel mondo ed è la porta, come si evince dal passo delle Upanishad 
		riportato all’inizio, da cui escono le anime di coloro che sono 
		destinati a non ritornare mai più sulla terra. Si può pensare all’Anima 
		mundi come a un gong che venga percosso passivamente dal percussore 
		costituito dagli effetti karmici delle azioni. Al colpo di gong 
		corrisponerà un suono che verrà irradiato di nuovo nel mondo (nel segno 
		dell’Acquario), determinando una inversione di tendenza, un suono che 
		raggiungerà ognuno in modo diverso. Nel punto più basso, là dove la luce 
		sembra essere stata sconfitta dalle tenebre, essa inverte la tendenza e 
		ricomincia a crescere. In questa inversione si cela il segreto più 
		importante della “legge di enantiodromia”: gli egiziani lo applicavano 
		al carro del Sole, che ogni giorno si inabissa nell’Ade per poi 
		invertire il cammino e dirigersi di nuovo verso la superficie a 
		mezzanotte in punto. Questo momento dell’anno era celebrato nel rito 
		mitraico con la festa del Sol Invictus e nel culto dionisiaco 
		rappresentava il momento in cui il dio rimetteva in moto nel mondo le 
		forze della rigenerazione e della rinascita[1].
 
		
		Passiamo ora ad esaminare la fase alchemica descritta nei due 
		bassorilevi del Capricorno.  
		
		In quello superiore, a Notre Dame è raffigurata una donna seduta che 
		reca nel cartiglio un animale che è una via di mezzo tra un gallo e una 
		volpe. Ad Amiens una donna seduta reca nel cartiglio un agnello e a 
		Chartres la donna reca l’emblema di un cinghiale.  
		
		Nel bassorilevo inferiore, a Notre Dame una donna allontana con un 
		calcio un valletto[2].
 
		
		Ad Amiens la donna allontana il valletto con un calcio e respinge con 
		una mano la sua offerta: una pisside con coperchio. 
		
		Infine, a Chartres[3], 
		il bassorilievo è molto rovinato. 
		 
		 
		
		Fig. 24 e 25 
		 
		
		Fulcanelli identifica nel Gallo-Volpe una delle fasi più avanzate della 
		cottura del “compost”, quello stadio di unione tra fisso e volatile, tra 
		zolfo e mercurio, che termina con la fissazione dello zolfo filosofico. 
		Il gallo, che annuncia il sorgere del sole è, tra l’altro, sacro a 
		Mercurio. L’Agnello ricorda invece la nascita del Bambino Filosofico, 
		ricordando che per gli alchimisti la Pietra era assimilata al Cristo: “Ecce 
		Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi”. Si manifesta qui il 
		potere risanatore della Pietra sui mali esterni. Il cinghiale, invece, 
		animale forastico e scostante, sembra in rapporto più stretto con la 
		condizione spirituale descritta nel bassorilievo della donna che calcia 
		il valletto. 
		
		Fulcanelli si abbandona a una lunga digressione, polemizzando con 
		l’alchimista Sabine Stuart De Chevalier e non è chiaro se rigetti come 
		“non pertinente” l’operazione descritta dal bassorilievo inferiore.  Se il valletto rappresenta Mercurio, come sembra evidente, esso va inteso come mercurio volgare, i cui doni in questa fase vanno respinti da parte dell’adepto. Si tratta quindi di un’allusione alla chiusura ermetica del vaso, sigillato per la buona riuscita dell’Opera, almeno fino al segno zodiacale successivo. Dice l’antico libro cinese dei Ching, a proposito dell’esagramma “La Dissoluzione”, in una delle linee mutevoli: “Egli si discioglie dalla sua schiera. Sublime salute! Mediante dissolvimento segue accumulazione. Questa è una cosa alla quale la gente comune non pensa”. Ebbene, “rifiutare i doni del mercurio volgare” significa anche operare la rinuncia suprema, rinunciare a farsi un’immagine mentale interpretativa del mondo e attendere umilmente che la luce si faccia strada in noi. Se si vuole giungere all’Anima mundi, all’essenza sottile delle cose, bisogna saper rinunciare persino alla mente. 
		 
		
		Acquario 
		 
		
		“Il mio cuore si è aperto a tutte 
		le forme: è un pascolo per le gazzelle, un chiostro per i monaci 
		cristiani, un tempio per gli idoli, la Kàba del pellegrino, le tavole 
		della Torah e il libro del Corano. Io seguo la religione dell’Amore: in 
		qualunque direzione avanzino le sue carovane, la religione dell’amore 
		sarà la mia religione e la mia fede.” 
		
		Muhyi’d Din Ibn Al’Arabi 
		 
		
		“Che fare, dunque, oh musulmani, 
		che io me stesso non conosco? Non sono giudeo, né cristiano, né 
		zoroastriano o musulmano. Né orientale, né occidentale, né terrestre, né 
		marino, né impastato di terra, né venuto dal cielo. Non di Terra, non di 
		Acqua, non di Vento, non di Fuoco, non di Empireo, non di Trono, non di 
		Essere o di Essenza. E non di India, non di Cina, né di Sassonia o 
		Bulgaria, non di Persia o Babilonia, né del Korashan. Non di questo 
		mondo, non dell’altro, né di Inferno o Paradiso. Non d’Adamo, non di 
		Eva, non di eterei giardini. Il mio luogo è oltre lo spazio, il mio 
		segno è senza segno, non è anima, non corpo: sono solo dell’Amato. 
		Cacciai via da me ogni dualità, dei due mondi io ne vedo uno solo. Uno 
		cerco, uno conosco, uno canto, uno contemplo. Egli è l’Ultimo, egli è il 
		Primo, egli è l’Interno, egli è l’Esterno.” 
		
		Jalalluddin Rumi 
		 
		 
		
		Il segno dell’Acquario, come quello del Leone, è caratterizzato dal 
		potere di irradiare energia. In questo caso tuttavia non è il Sole 
		interiore ad irradiarla, ma si tratta di Saturno, un pianeta freddo e 
		lontano, collegato all’elemento piombo. La sfida dell’alchimista, come 
		tutti sanno, è trasformare il piombo in oro: potremmo prenderla come 
		metafora dell’animare e risvegliare Saturno, collegato alle ossa, al 
		sonno e al sogno, al Doppio, al distacco e alla morte, al ridurre ogni 
		cosa alla sua essenza. Senza un lavoro interiore Saturno è destinato a 
		subire il destino del corpo di Osiride, smembrato da Seth e di Dioniso[4], 
		dilaniato dai Titani. Il cammino di consapevolezza che abbiamo delineato 
		fin qui con la metafora del seguire un raggio di sole nel suo percorso 
		attraverso i 12 segni dello zodiaco, è analogo all’opera di Iside, che 
		raccoglie per tutto l’Egitto i pezzi in cui Seth ha smembrato suo 
		fratello Osiride e li ricostituisce in una unità, risvegliandolo dal suo 
		sonno di morte[5]. 
		Quando ogni forma pensiero ha raggiunto l’eggregore a cui era destinata, 
		quando l’attività individuale si è commisurata con quella collettiva e 
		con il mondo, l’uomo inconsapevole di sé verrà dilaniato dalle forze 
		sovraindividuali con cui si è messo in rapporto. Infatti ogni eggregore 
		(pensiamo agli eggregori “profani” che accompagnano le sette religiose e 
		politiche), utilizzando le forme-pensiero che lo legano ai singoli 
		individui, si serve degli uomini come di strumenti inconsapevoli per 
		realizzare gli obiettivi che lo caratterizzano[6]. 
		Cogliamo l’occasione (l’aver citato Dawkins) per sottolineare che gli 
		eggregori, le forme-pensiero, l’Anima del mondo, sono entità invisibili 
		e, per certi versi, astrazioni concettuali, “fantasmi” di cui la scienza 
		non potrà mai occuparsi, mancando ogni presupposto di osservabilità, 
		riproducibilità e di falsificabilità. Eggregori e forme-pensiero sono 
		solo idee, possono diventare entità concrete solo dopo un lavoro su se 
		stessi. Per questo, al negativo, il segno dell’Acquario è legato 
		all’ideologia applicata senza tener conto del contesto e del sentire 
		altrui, all’essere dominati da una “visione” imponendola acriticamente 
		al mondo. Chi, invece, nel Capricorno, è riuscito a stabilire un 
		rapporto con l’Anima del mondo, chi si è messo consapevolmente al 
		servizio di forze sovraindividuali, del proprio Sé, costui diverrà un 
		agricoltore destinato a seminare sulla terra i semi del Futuro. Davanti 
		ai suoi occhi egli potrà contemplare lo spettro energetico dei fenomeni, 
		degli eventi, delle persone e degli oggetti al di là del visibile, 
		cogliere gli aspetti sottili della realtà e, quindi, anche intervenire 
		su di essi. Attivare, animare, risvegliare Saturno, significa aiutare 
		questo Sole di mezzanotte a dispensare i suoi doni, riproiettando sul 
		mondo il riflesso e il suono dell’Anima del mondo. Nel senso più alto 
		l’Acquario viene dunque associato all’idea di Fratellanza universale, 
		alla capacità di scorgere in ognuno la scintilla dello Spirito al di là 
		delle differenze di censo, razza, religione, idee, posizione nel mondo. 
		In alchimia la fase che corrisponde a questo segno zodiacale sembra 
		essere quella della Proiezione: l’alchimista può finalmente aprire il 
		suo Vaso, finora tenuto ermeticamente sigillato, e utilizzare la Pietra 
		(o la polvere ottenuta da essa) per trasformare il mondo, per guarire le 
		malattie, può servirsi del potere della Pietra per percepire quegli 
		aspetti del mondo che sono invisibili al profano.  
		
		Veniamo ora ai bassorilievi delle cattedrali gotiche. A Notre Dame e ad 
		Amiens (nella cattedrale di Chatres purtroppo il bassorilievo è troppo 
		rovinato per poterlo interpretare) nel bassorilievo superiore è 
		raffigurata una donna che reca un toro nel cartiglio. In quello 
		inferiore le tre cattedrali presentano lo stesso soggetto: un uomo e una 
		donna si fronteggiano, l’uomo ha in mano un libro e sembra illustrarne 
		il contenuto, la donna ha in mano una spada, che punta contro l’uomo. 
		 
		 
		 
		
		Fig. 26 e 27[7] 
		 
		
		Per ciò che riguarda il bassorilievo superiore, Fulcanelli ci dice che 
		il Toro indica la definitiva stabilizzazione dello zolfo filosofico. 
		
		Il vaso ora può essere aperto e il suo contenuto può essere utilizzato, 
		l’alchimista può servirsene nel suo rapporto col mondo e benefica di 
		tutti i doni che la tradizione attribuisce alla Pietra: 
		
		
		Dispone di una Medicina Universale che guarisce tutte le malattie e 
		prolunga la vita umana al di la dei limiti naturali, ha accesso a ogni 
		sapere ed ha il potere di comandare alle forze celesti, ha il dono 
		dell’invisibilità, può animare l’inanimato, dispone di un Solvente 
		Universale che ha il potere di dissolvere qualsiasi Forma-pensiero, ha 
		il potere palingenetico di far risorgere le cose morte dalle loro 
		ceneri, sa riprodurre nel Microcosmo (cioè in se stesso) ciò che Cristo 
		operò nel Macrocosmo (cioè nel mondo)[8]. 
		
		L’Opera è anche descritta come salvezza e liberazione della luce della 
		Sapienza Divina imprigionata nella materia, come riscoperta di una 
		Parola Perduta o di un nome segreto o di un linguaggio dimenticato, che 
		dona a chi lo conosce potere su tutte le cose. 
		
		A questo proposito, gli alchimisti ricorrono spesso alla cosiddetta 
		cabala fonetica o “linguaggio degli uccelli”, consistente nel nascondere 
		un arcano o un segreto alchemico dietro l’etimo di un nome o nel suono 
		di una parola, o nel doppio senso di un lazzo osceno. Un’altra immagine 
		che ricorre sovente è quella dell’“Agricoltura Celeste”, consistente nel 
		seminare e raccogliere frutti dagli alberi del Sole, della Luna e degli 
		altri pianeti. Ricordiamo infine la stretta analogia che i costruttori 
		di cattedrali del medioevo, le confraternite di liberi muratori 
		(antenate della moderna massoneria), avevano stabilito tra il compimento 
		dell’Opera Alchemica e l’edificazione di un Tempio sulla terra che fosse 
		costruito ad immagine e somiglianza della Gerusalemme Celeste. Il Tempio 
		(di solito dedicato alla Vergine Maria), aveva le stesse caratteristiche 
		paradossali della pietra degli alchimisti: corporificare, tradurre in 
		viva esperienza soggetta all’azione del tempo, ciò che era invisibile e 
		immateriale. Simultaneamente un simile tempio, una volta edificato, 
		doveva diventare la soglia e il veicolo per condurre gli uomini verso 
		l’invisibile e l’immateriale, l’immutabile e l’eterno. 
		
		Nel bassorilievo inferiore la spada, come spesso avviene in alchimia, 
		rappresenta il fuoco segreto dell’alchimista, che finalmente può essere 
		proiettato all’esterno, mostrandoci la vera essenza del mondo. Il libro 
		è il libro della Natura[9], 
		che, da questo momento, rivela all’alchimista tutti i suoi segreti più 
		riposti.
 
		 
		
		Pesci 
		 
		 
		
		“Chi crede in me, non crede in 
		me, ma in colui che mi ha mandato, chi vede me vede colui che mi ha 
		mandato. Io come luce sono venuto nel mondo perché chiunque crede in me 
		non rimanga nelle tenebre.” 
		
		Giovanni, 13,9 
		 
		
		“E Dio disse: “Facciamo l’uomo a 
		nostra immagine e somiglianza e domini sui pesci del mare e sugli 
		uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su 
		tutti i rettili che strisciano sulla terra.” Dio creò l’uomo a sua 
		immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò.” 
		
		Genesi 1,28 
		 
		
		“Voi sapete che coloro che sono 
		ritenuti i capi delle nazioni le dominano ed i loro grandi esercitano su 
		di esse il potere. Fra di voi però non è così; ma chi vuol essere grande 
		tra voi si farà nostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi sarà 
		il servo di tutti. Il Figlio dell’Uomo infatti non è venuto per essere 
		servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” 
		
		Marco 10,41 
		 
		
		“Il seminatore uscì a seminare la 
		sua semente. Mentre seminava parte cadde lungo la strada e fu 
		calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde 
		sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. 
		Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con 
		essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, e fruttò cento 
		volte tanto. Detto questo esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, 
		intenda.” 
		 
		
		Nel segno dell’Acquario il “Sole nero”, Saturno, irradia verso il mondo 
		i semi del Futuro e la ruota del Karma, girando, mostra, a chi sa 
		riconoscerla, la legge inesorabile della causa e dell’effetto. Nello 
		Scorpione, nel Sagittario e nell’Acquario le Forme-pensiero si uniscono 
		agli eggregori che loro corrispondono e le azioni individuali si 
		mescolano a quelle collettive, determinando effetti macroscopici, così 
		come in una tornata elettorale un singolo voto contribuisce con migliaia 
		di altri a determinare l’elezione di un deputato. Nel segno dei Pesci 
		quegli effetti, le energie liberate nel segno dell’Acquario, si dirigono 
		di nuovo verso ogni essere individuale, raggiungendolo secondo la sua 
		specificità e le sue caratteristiche peculiari. Per questo i due pesci 
		che raffigurano il glifo del segno, dirigendosi verso direzioni opposte, 
		mostrano una oscillazione tra la dimensione individuale e quella 
		collettiva, tra l’Io e il Sé, tra il sacro e il profano, tra la santità 
		e il vizio. Anche in questo caso dovremo operare una distinzione tra il 
		caso in cui il percorso dello zodiaco sia stato attraversato da un 
		viaggiatore inconsapevole e quello in cui, tra il Cancro e il Leone, sia 
		stato messo in atto “l’artificio” di cui abbiamo parlato e il viaggio 
		sia quindi stato consapevole. 
		
		In ogni caso il segno dei Pesci caratterizzerà i messaggeri 
		dell’infinito e dell’invisibile e le loro qualità saranno la 
		medianicità, il servire il prossimo nel senso più alto (nel senso di 
		percepirne il destino e di prenderlo sulle proprie spalle), il 
		misticismo, lo spirito di sacrificio, ma anche la passività, il vizio, 
		l’ignavia, la follia. Infatti i messaggi che provengono dall’Inconscio o 
		dal mondo sovrapersonale degli eggregori possono generare una grave 
		confusione tra l’Io e il Sé, un delirio di onnipotenza e una ipertrofia 
		dell’Io, fino a distruggere la psiche che non sia pronta 
		ad assimilarne il contenuto. A chi abbia compiuto il viaggio che 
		abbiamo descritto in uno stato di consapevolezza, il segno dei Pesci 
		indica invece come portare i doni raccolti nel segno dell’Acquario nel 
		mondo, come distribuirli, è il segno in cui appare chiara la disciplina 
		dell’azione, la via per coniugare i propri desideri individuali con le 
		leggi cosmiche, la propria volontà col servire il prossimo. Nel 
		cristianesimo il segno dei Pesci è proprio dei santi, nell’induismo 
		caratterizza gli Avatar, le anime consapevoli uscite dalla Ruota delle 
		esistenze che tornano quaggiù volontariamente, sacrificandosi per 
		portare la luce nei piani più bassi dell’esistenza. (Avatar sono 
		considerati Krishna, Buddha, Cristo e Maometto e i primi cristiani 
		avevano adottato il pesce come simbolo del Cristo, anche perché il 
		termine greco che lo indicava, 
		
		ἰχθύς, 
		era l’acrostico 
		di Ιesous Christοs Τheou Yios Soter, Gesù Cristo Figlio di Dio 
		Salvatore). In alchimia l’operazione di proiezione, che ha avuto inizio 
		in Acquario con l’apertura del vaso, viene portata a termine e 
		l’alchimista sceglie i propri obiettivi, non in modo arbitrario, ma in 
		modo impersonale, è la voce del Sé, che egli adesso sa e può ascoltare, 
		ad indicaglieli. Profeti e veggenti traggono ispirazione da quella 
		stessa voce, ma anche, come dicevamo, i pazzi, chi non è né profeta, né 
		veggente, ma ha scambiato la voce del Sé con quella dell’Io. Si realizza 
		in questo segno, fino in fondo, l’archetipo della Forza, Boaz, la 
		seconda colonna del tempio di Salomone. Infatti la vera forza non 
		consiste nel potere di imporre la propria volontà, né nella forza 
		fisica, né nel poter contare su un forte carisma o su una posizione 
		sociale particolarmente favorevole. La vera forza sta nell’aver 
		armonizzato la propria vita individuale, le proprie aspirazioni, il 
		proprio agire con le leggi cosmiche, nel saper ascoltare la voce sottile 
		del Sé. “L’uomo vuole ciò che gli accade e accade ciò che egli vuole”. 
		Nessun timore, nessun ostacolo, né la sofferenza, né la morte, potranno 
		più scalfire chi possiede questo tipo di forza. Osserviamo infine che 
		questa forza misteriosa non è conseguibile come una conquista 
		individuale, ma viene conferita in Acquario dalle emanazioni dell’Anima 
		mundi, di cui nel segno dei Pesci si è solo latori, è quindi naturale 
		associarla alla Parola Perduta, al dono delle lingue e alla discesa 
		dello Spirito di cui si parla nella Pentecoste, a un ritrovato potere 
		universale del linguaggio.  
		
		Esaminiamo ora i bassorilievi che corrispondono al segno dei Pesci.  
		
		Nelle tre cattedrali di Notre Dame, di Amiens e di Chartres nel 
		bassorilievo superiore è raffigurato un guerriero seduto che ha in una 
		mano una spada e nell’altra un cartiglio con l’emblema di un leone. In 
		quello inferiore sulla destra c’è un albero tripartito e su uno dei rami 
		si è posata una civetta.  A 
		destra un uomo fugge lasciando cadere la spada ed è voltato 
		all’indietro, verso l’albero. Ai piedi dell’albero una lepre[10] 
		sembra inseguirlo[11].
 
		 
		 
		
		Fig. 28 e 29 
		 
		
		Nel bassorilievo superiore il Leone rappresenta la forza che 
		l’alchimista ha ottenuto applicando il fuoco (la spada) nel modo 
		corretto all’Opera. Egli ha conseguito l’Opera al rosso, può ora 
		utilizzare le proprietà salvifiche della Pietra Filosofale, ha 
		riscattato lo Spirito dalla bruta materia che lo imprigionava e l’ha 
		dotato di un “corpo glorioso”, degno del suo splendore. Nel bassorilievo 
		inferiore, l’albero tripartito da cui fugge l’uomo potrebbe indicare 
		l’albero della conoscenza del Bene e del Male, o l’albero della Vita, o 
		entrambe gli alberi. Se interpretiamo la tripartizione come verticale, 
		allora i tre arbusti indicheranno i tre piani dell’esistenza: il mondo 
		infero, il mondo della percezione “ordinaria” e quello relativo ai piani 
		sottili dell’essere. Se invece la interpretiamo in senso orizzontale, 
		essa indicherà la fittizia suddivisione che operiamo tra l’interno 
		dell’uomo, il suo esterno e l’intelletto che li commisura. La civetta 
		appollaiata sul ramo di mezzo è un animale mercuriale, capace di “vedere 
		nelle tenebre”, e indica l’acquisita capacità dell’alchimista di 
		scorgere tutti e tre i piani che abbiamo indicato come parti di se 
		stesso. L’alchimista lascia cadere la spada in terra, segno evidente che 
		l’Opera è terminata e il fuoco ha compiuto il suo dovere, ma anche del 
		fatto che quel fuoco adesso può essere riproiettato sul mondo, sulla 
		materia. La lepre è anch’essa un animale mercuriale, potrebbe indicare 
		qui il mercurio volgare, da cui adesso l’alchimista rifugge: conseguita 
		l’Opera egli deve “uscire dal mondo”, abbandonando per sempre il suo 
		nome e la sua identità profana, qualsiasi sia la loro rilevanza, 
		avviandosi infine verso il proprio destino iniziatico.  
		
		Segnaliamo qui una curiosità. Come è noto gli alchimisti si servivano 
		spesso della “cabala fonetica” per indicare materie, fasi e segreti 
		della loro Opera. Ebbene, il bassorilievo inferiore potrebbe essere 
		visto anche come un una indicazione ricavata per omofonia o come un 
		“rebus”. In francese arcaico, infatti, civetta e lepre,
		chouette et lievre, si diceva 
		anche choute et lievre, che 
		suonava come chute est l’Oeuvre, 
		ossia “L’Opera è terminata”. Interpretando invece il bassorilievo come 
		un rebus ed evidenziando il fatto che la civetta è raffigurata 
		esattamente sopra la lepre diremmo
		chute sur lievre, che per 
		omofonia dà chut sur l’Oeuvre, 
		ossia “taci sull’Opera”.  [1] Ho trattato ampiamente questo argomento nei capitoli 7,8 e 9 in Dioniso nei frammenti dello specchio, op. cit. [2] Secondo la tradizione qui il vizio rappresentato è l’asprezza, la virtù la dolcezza. [3] A Chartres, per ciò che riguarda Capricorno ed Acquario, il bassorilievo superiore e quello inferiore sono scambiati rispetto alle altre cattedrali gotiche. [4] Cfr. A. Orlandi, Dioniso nei frammenti dello specchio, op. cit. [5] Un dettaglio interessante della palingenesi di Osiride è che uno dei quattordici pezzi del dio, il fallo, non può più essere ritrovato da Iside, in quanto è stato mangiato dal piccolo pesce del Nilo noto come Ossirinco. Sarà l’unico frammento “artificiale” del dio, che Iside dovrà ricostruire in legno. Osserviamo esplicitamente che il fallo è collegato all’energia creativa dell’uomo, al segno dello Scorpione e alla capacità di proiettare le proprie energie all’esterno. [6] Pur avendo una cultura strettamente scientifica e non servendosi di concetti come “forme-pensiero” ed “eggregori”, lo scienziato Richard Dawkins ha espresso molto bene l’idea che idee collettive e sistemi di pensiero possano servirsi degli individui, realizzare i loro scopi ed auto-conservarsi, come fossero organismi viventi, trasmettendosi e propagandosi da un uomo all’altro. Dawkins, a questo proposito, ha introdotto l’idea dei “memi”, idee contagiose che possono trasmettersi, come le epidemie, da mente a mente. Cfr. Susan Blackmore, La macchina dei memi, Torino 2002,in cui l’idea di meme viene liberata da ogni analogia con la genetica. [7] Nel numero 48 di Lex Aurea la fig. 27 è stata pubblicata per errore come fig. 21, relativa al segno dello Scorpione. La fig. 21, come da descrizione, mostra invece un giovane che chiede consiglio a un alto prelato. A Nostre Dame questa figura è molto rovinata, tanto che Fulcanelli non la prese in considerazione nel “Mistero delle cattedrali”. [8] Cfr. Gentili A. e Orlandi A., Cristianesimo e alchimia, periodico Appunti di viaggio n° 40, 41, 42, 1999 [9] Un’altra interpretazione che è stata data alla spada-fuoco e al libro si ispira all’invito di alcuni alchimisti (cfr. ad esempio M. Mayer nell’Atalanta fugiens) “Brucia i libri e imbianca Latona”, in cui la parola e lo scritto vengono infine riconosciuti come forme inferiori di espressione e fonti di corruzione. Fissare lo zolfo filosofico significa quindi andare oltre la lettera, che uccide, verso lo Spirito, che vivifica. [10] Curiosamente Fulcanelli scambia, contro ogni evidenza, la lepre per un ariete. [11] Tradizionalmente la virtù rappresentata nel bassorilievo superiore è la forza, il vizio raffigurato in quello inferiore è la codardia. | ||
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