Il Sentiero del Sogno

simbolismo e fenomelogia spirituale nell'uso del tarocco

Ottavio Adriano Spinelli

 

 

Nel gesto della consuetudine, mani sfogliano le anonime pagine di una qualunque rivista patinata. Il sopito intelletto guida distrattamente lo sguardo in quel guardare senza quasi vedere sino a quando l’attenzione sospesa si ridesta, irritata e  attratta dall’incongrua evidenza degli annunci commerciali.

Un trafiletto riquadrato recita: “Esperta cartomante risolve… amore, salute, danaro…” un messaggio in codice, chiarissimo per chi crede di capire, oscuro per quanti si sforzino di comprendere.

Io credo di appartenere alla categoria di quelli che non riescono più a comprendere, o meglio, troppo spesso assuefatto alla sterile vocazione del banale ecumenismo culturale, tollero senza condividere né discutere e talvolta, ho la netta sensazione di essermi votato ad una viltà senza sesso.

Qualcuno, uguale nella moltitudine dei simili, dichiara al mondo, in virtù d’inchiostri mercenari, la propria sfacciata abilità a dipanare e dirigere, secondo supposta volontà, i multiformi intrighi del Fato. Inoltre, non pago di tanta boriosa affermazione, il sedicente “deus ex machina” informa la perplessa curiosità dello sconosciuto lettore che, per compiere lo strabiliante miracolo si serve, fra l’altro, di evocativi simulacri cartacei, noti ai più con il nome di “Tarocchi”.

 

Ammetto i miei evidenti limiti cognitivi nell’indagare lo sconfinato spettro del possibile e non dubito aprioristicamente delle altrui probabili virtù, ma tali considerazioni non sono sufficienti a placare le molte perplessità suscitate nel mio limitato conoscere.

 

Tutte le espressioni e le impressioni proprie della percezione sensibile sono tessere di un mosaico misterioso. Esse, alla stregua di criptici arabeschi, concorrono a comporre la trama di un unico, forse indecifrabile, disegno fatale: un enigma cosmico i cui temi, se pur poliformi, sono comunque interdipendenti.

L’uomo, imitando in termini psichici quello che è il vezzo materiale di qualunque altro animale territoriale, ha costellato di icone simboliche l’itinerario temporale della propria esperienza vitale. Egli tesse arazzi colmi di “segni segreti”, quasi a voler velare il codice intellettuale dell’apparenza con lo stigma dell’emozione ultrasensoriale. Nel fare ciò, sembra segni il proprio percorso incidendo la corteccia della storia con sigilli allegorici in veste di muti testimoni. Feticci cifrati seminati quali metaforici indizi, testimonianze il cui urlo senza spazio e senza tempo echeggia nei territori della memoria collettiva della specie. Istintivi artifici strumentali volti, in un processo di costante integrazione e rinnovamento, ad engrammare nel patrimonio culturale atavico, ogni sintesi spirituale, qualunque ricetta volta al raggiungimento del benessere interiore, tutti i fallimenti e il conseguente smarrimento.

Nella nostra quotidianità, il pensiero, la tecnica, i sogni hanno accelerato la propria corsa, lanciandosi in un galoppo sfrenato. Al cavaliere in arcione, la visione del mondo fenomenico appare fugace e confusa. In tale turbinio di fatti e casi, sovente incoerenti, male non farebbe concedersi qualche sosta. Sospendere la danza dell’abitudine, abbandonando l’incosciente passo del burattino per gratificare il nostro mondo interiore con limpide e proficue meditazioni sulle immagini ancestrali. Opportuno sarebbe, talvolta, penetrare i profondi recessi dell’Anima, magari ruzzando il mazzo dei tarocchi. Salubre è specchiarsi nel labirinto dei significati nascosti, sempreché si rammenti il rispetto dell’armonia dei contrari, in ragione di cui l’arcano numero XIII rappresenta la morte, ma simboleggia la dinamica del mutamento ed evoca il seme glorioso della rinascita. Deleterio è invece praticare la lettura dei Segni occulti per definire i confini e le prospettive di un futuro che, di contro, si nutre del gioco infinito e variabile della combinazione dei casi. Combinazioni di cause e casi articolati in plurimi livelli di potenziale realizzazione sincronica. Sogni tutti egualmente possibili, ma tessuti di una sostanza estremamente sensibile alle impressioni suggerite dalla contestuale suggestione.

L’arte del vaticinio e del miracolo metamorfico, in ogni stagione, si è nutrita d’ispirazioni stravaganti servendosi di svariate tecniche e strumenti… il volo degli uccelli, le viscere palpitanti, vittime sacrificali, l’orgia baccante, le esalazioni della Terra, dei liquidi e quant’altro la sorte abbia suggerito al genio.

La prassi della previsione, però, sia in termini attuativi, sia in funzione sperimentale, non ha partorito canoni universali di interpretazione, tanto meno un metodo condiviso e comprovato. L’idea stessa d’azione programmata e ripetibile risulta aliena al pathos oracolare. Quindi Io non credo all’uso dei Tarocchi quale viatico alla lettura ed al controllo di futuri accadimenti, mentre suppongo che gli Arcani siano architetture simboliche concepite per rivelare la natura occulta di alcuni archetipi demonici profondamente innervati nel tessuto della Coscienza.

Penso che le raffigurazioni ideali impresse sulle misteriose “Lame” siano prototipi misterici concepiti quali Stelle di un cielo segreto e che servano da generosa guida ai navigatori degli oceani della psiche profonda, tanto quanto ai viandanti in eterna cerca sul Sentiero dello Spirito cosmico.

Ruzzando il mazzo dei Trionfi ho sempre cercato di comprendere la mia intima essenza,  sfruttando le immagini arcane per portare luce sin nel più buio recesso dell’Anima. Tale, sono convinto, sia stato il medesimo scopo che ha spinto pensatori, praticanti dell’Arte occulta e pittori d’epoche e culture diverse a concorrere alla creazione riviviscente di questi caratteri universali. Stigma fenomenico tracciato nella risorta  memoria delle chiavi simboliche dell’ “anima mundi”, la voce di Ta-Urt, Signora dei Cicli. Un armonico artificio grafico teso a svelare l’intima struttura dialettica del “marchio ancestrale” fattosi parabola visiva. L’incanto ermetico della coniugazione di mente, cuore e viscere in unica sintesi emozionale. “Summa” di segni spirituali a disposizione di quanti, attenti e privi di brama, percorrano i vibranti trascorsi archetipali propri al florilegio iconografico con l’unico fine di rendere il significato inerente plausibile e chiaro all’occhio dell’Anima.

 

L’uso strumentale dei Tarocchi quali luoghi virtuali dello Spirito attraverso cui visitare le strutture viscerali dell’universo animale per poi proiettarsi al di là d’ogni limite concepito dalla mente, equivale a riflettere le emozioni microcosmiche nello specchio metamorfico del macrocosmo. Un esercizio psichico non privo di devozione spirituale, praticato per non dannare se stessi al supplizio dell’assenza del ricordo di ciò che da sempre siamo ed evitando, in tal guisa, di rimanere pietosamente immersi nel limbo osceno delle anime senza nome.

La meditazione stimolata dall’uso d’immagini evocative somiglia straordinariamente alla dinamica di un sogno guidato ed è proprio lungo i sentieri del sogno che voglio portare la tua Fantasia, nella speranza di lambire, insieme, l’essenza dell’Amore di Sé.

 

Discendendo dal preambolo introduttivo, è mia intenzione tratteggiare, vergando le pagine di questo coraggioso periodico, un viatico cognitivo che descriva e interpreti i 22 sentieri della conoscenza arcana, percorsi ideali rappresentati dagli altrettanti Arcani Maggiori del mazzo dei Tarocchi.

Sarà mio piacere dare corpo a tale intendimento servendomi della struttura simbolica e immaginifica dei Trionfi concepiti da Aleister Crowley e mirabilmente disegnati da Lady Frieda Harris. Questa scelta mi spinge a una ulteriore e forse opportuna premessa. Ogni qualvolta si cita il nome di Crowley sembra si vada a stimolare un nervo scoperto. La sua opera e la sua persona sono spesso oggetto di atteggiamenti farisaici che tendono a collocarne l’esperienza storica in una dimensione sigillata dal preconcetto. Quasi a voler rimuovere l’occasione di un potenziale coinvolgimento con quanto di infame, inaudito ed indecente sia stato almanaccato sul suo conto e in merito alla sua esperienza di vita. Nell’ispirazione di questa mia analisi relativa alle tematiche occulte del Tarocco mi è sembrato opportuno e fecondo fare riferimento al suo lavoro in materia. Una visione interpretativa che, nella competente opinione di molti, a settant’anni di distanza, risulta ancora impareggiabile per genialità e completezza formale. Lungi da me voler, in questa sede, combattere il pregiudizio e tantomeno assecondarlo. Del resto mentre, estasiato ammiro l’abissale bellezza delle tele del Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi, non mi soffermo certo in moralistiche speculazioni su quanto del suo carattere e dei suoi eventuali e supposti gesti  “criminali” narra la cronaca storica. Parimenti, tornando a Crowley, le mie note attuali e future non vogliono essere di alcun incoraggiamento alle annoiate bizzarrie perpetrate in suo nome e nel suo credo proclamate da alcuni discutibili individui che, nel tempo, se ne sono fatti sedicenti epigoni. Voglio qui riportare uno scritto di Akron e Hanjo Banzhaf, autori del bel volume “I Tarocchi di Crowley” che così si esprimono:

“Indubbiamente l’eredità di Crowley- e perciò anche i Tarocchi ideati da lui - sono i requisiti di alcune, cosiddette messe nere. Questo fatto da solo però non permette la valutazione della sua opera, visto che altrettanto spesso per le messe nere vengono usate croci, bibbie e ostie. E a chi volesse ostacolare la divulgazione della sua opera, soltanto perché ritiene che potrebbe essere dannosa, vorremmo ricordare che una delle opere più popolari di un grande genio della letteratura ha avuto un esito catastrofico senza per questo essere mai messa al bando – quando Johann Wolfgang Goethe scrisse … I dolori del giovane Werther … questo libro colpì in modo tale che giovani in tutto il mondo si suicidarono e si parlò della – sindrome di Werther -”.

Vero è, invece, che i Tarocchi di Crowley, o per essere più precisi le splendide Lame disegnate da Lady Frieda Harris, hanno risvegliato in più ambienti culturali un crescente interesse. Attenzione giustificata dalla ricchezza simbolica di tali icone cartacee: immagini che racchiudono ed esaltano molteplici correlazioni alchemiche, astrologiche e svariati temi propri dell’ordito leggendario della mitologia occidentale. I simboli non sono catalogabili nelle categorie del “buono” o del “cattivo”, ma appaiono, per loro intrinseca natura, perennemente ambigui. Essi sono piuttosto immagini che riflettono la trama dell’Anima, riverberando la tensione multipolare fra il retaggio spirituale,  le ombre dell’inconscio e la fenomenologia della realtà apparente. Racchiusi nelle profondità di noi stessi si agitano fantasmi con attributi talora “positivi”, talaltra “negativi” e solo la loro coniugazione armonica e complementare può generare un “intero” coerente, in grado di aspirare alla dignità della definizione di personalità “matura”.

Sono conscio di non aver dipanato e tanto meno esaurito,  con le mie poche righe, l’argomento proposto, ma questo articolo vuol essere solo un assaggio preliminare. Un aperitivo, mi auguro, stuzzicante, concepito per incuriosire ed eventualmente stimolare i lettori a seguirmi nell’ardito viaggio che stiamo per intraprendere. Un percorso Misterico interpretato penetrando l’ancestrale selva del detto e dell’inespresso simbolico, una giga senza veli, danzata sulle note della canzone degli Archetipi. Nel prossimo numero ci baloccheremo con una breve storia sulle origini del Tarocco, dopodiché saremo pronti ad immergerci nelle evocative acque dei simboli espressi e vivificati … gli Arcani.

 
   
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