Il Genio Visionario di Edgard Allan Poe Sandro D. Fossemò |
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"C'è il reale e c'è l'ignoto
e c'è una porta che
li separa:
io
voglio essere quella porta"
(Jim
Morrison)
La psicoanalisi ha
scoperto, da tempo, che vi può essere un legame psicologico tra la
"percezione geniale" e la "dissociazione mentale" presente in modo
conflittuale ma creativo nell'artista che nella sua
nevrosi soffre di disturbi
percettivi. La concezione meccanicistica della psichiatria positivistica
ha, invece,bollato l' "anormalità" come "malattia mentale"
negandone,così, le implicazioni creative che sono profondamente legate
al mondo della percezione.
Proprio come avviene a quell'ostrica che, grazie a un piccolo difetto
della conchiglia, permette a un granello di sabbia di penetrare
all'interno fino a generare
una perla così avviene per chi ha un disturbo
nella percezione:la sua perla è la sua arte. La psicoanalisi junghiana
si presta discretamente a
uno studio che lega l'inconscio con l'espressione geniale
e nevrotica del visionario
dove la percezione è direttamente influenzata dall'archetipo.
Anche se non
mi sogno neanche lontanamente di introdurre un discorso
analitico sulla complessa e geniale mente del noto poeta posso
,comunque, provare a immaginare un tracciato psicologico,solo intuitivo
o ipotetico , della sua
notevole creatività artistica e affermare senz'ombra di dubbio che
spesso le menti più brillanti sono quelle più sensibili e,in un certo
senso,le più
'devastate'
a causa di una singolare
percezione
del
reale diretta a oltrepassare quella comune per indagare
meglio su quella
'nascosta'.
Poe, in Marginalia, scrive
proprio in merito alla percezione:
-That intuitive and seemingly casual perception by which we often attain
knowledge, when reason herself falters and abndons the effort, appears
to resemble the sudden glancing at a star, by which we see it more
clearly than by a direct glaze;or the half-closing the eyes in looking
at a plot of grass, the more fully to appreciate the intensity of its
green.-
Va
anche precisato e ricordato che considero inaffidabile gran parte della
psicoanalisi freudiana e pertanto rigetto in toto le assurde
interpretazioni di Maria Bonaparte (1882-1962). Credo che sia anche
sbagliato e deterministico risalire alla psiche dell'autore solo
partendo dal contesto
critico delle sue opere o analizzando l'espressione onirica
esclusivamente come una rivelazione inconscia del
'represso'.
Non possiamo mai essere certi
delle soluzioni psicoanalitiche a causa della complicata psiche umana,
specie se geniale.
Prima di
analizzare le esperienze visionarie, va sottolineato che Poe faceva uso
di sostanze stupefacenti, tipo il laudano, che sicuramente hanno
alterato la sua predisposizione alla dissociazione mentale1
a favore di un'amplificata percezione della realtà in grado di liberare
proprio quei contenuti simbolici dell'inconscio presenti nella
narrativa poesca. E' ovvio che queste droghe hanno solo aiutato in parte
la liberazione della
sua creatività ma non l'hanno
ovviamente provocata.
Arte Metasimbolica
Se l'artista,come sostiene la psicoanalisi, mediante l'immaginazione può
simulare il sogno fino a diventare un
interprete dell' inconscio
vuol dire che egli è in grado di
rilevare e amplificare
l'emisfero onirico della realtà per mezzo della sua percezione.
L'intreccio tra sogno e il
reale diventa un mezzo per
indagare e svelare gli
enigmi della realtà. Se noi viviamo all'interno di un sogno, ma non ne
siamo consapevoli a causa della nostra limitata percezione, allora
significa che
per mezzo di un' arte surreale
possiamo invece superare il nostro
ostacolo percettivo. Nell'arte poesca l'universo onirico si
trasforma in un linguaggio simbolico diretto
a manifestare
il
delirio
metafisico dell'anima
in una sintesi 'metasimbolica' originata
dall'archetipo presente nell'inconscio collettivo. Così l'arte
poesca diviene proprio un'arte metasimbolica in grado di dar vita a
quella immaginazione mitopoietica che si manifesta inconsciamente nella
realtà. Se il mito rivela la nostra vera
identità nascosta è ovvio che l'immaginazione archetipica
che vive e regna dentro di noi non è solo
un mezzo per conoscere noi stessi ma è soprattutto una
chiave percettiva per
comprendere
il mondo. Il sogno e l'arte
sono legati complessivamente
all'universo del mito e
assai di meno a quello del represso ma
se la psicoanalisi
vede nell'arte un atto di
compensazione tra le
esigenze dell'inconscio e il mondo cosciente allora possiamo
ipotizzare, in linea
massima,
l'espressione mitopoietica come
un atto di
sfogo dei desideri
umani
di voler tornare all'antico
o al primitivo
di fronte ad una realtà
moralmente e razionalmente repressiva. In questo senso, i miti
diventano una sorta di forze primordiali
in grado d'intervenire inconsciamente
all'interno
dell'espressione artistica
proprio come avveniva con gli dei dell'antica Grecia. Un esempio è proprio
il racconto “Il
diavolo della torre”(The
Devil in the Belfry)
dove un misterioso individuo disorienta,attraverso la manipolazione di
un orologio, una società funzionale e meccanicistica. Quell'oscuro e
demoniaco distruttore che opera contro un 'sistema perfetto' può
benissimo essere visto come il dio Pan alle prese con un disumano
mondo tecnicistico.
Lo psicoanalista junghiano James Hillman(1926- ) interpreta
l'immaginazione e il mondo soprattutto dal punto di vista mitologico
dove gli archetipi strutturano la nostra attività immaginaria e onirica.
E' una considerazione limitata
ma sicuramente
inappropriata quella di
delegare all'arte il solo
compito di esprimere una dimensione di mezzo tra una realtà oppressiva e
una conseguente immaginazione che invece
appaga e
compensa le nostre intime
aspirazioni. L'arte può
benissimo essere anche una proiezione metafisica
del mitologico
nella realtà, possibile attraverso la creazione di un'espressione
metasimbolica in cui ,appunto, il reale viene trasceso per
lasciare spazio all'immaginazione onirica dell'antico
o dell'ancestrale rappresentato proprio dall'archetipo.
Il
Sogno è la Morte
L'analisi della morte
viene rivelata da
Poe proprio nell'incubo psicologico
in cui il reale si fonde magistralmente con il sogno nella
dissociazione mentale del protagonista che ,immerso in un labirinto
quasi senza
tempo ,agisce con lucida follia in un diabolico piano di morte. L' anima
e la morte sono follemente
e razionalmente intrecciati
nell'incubo. Quanto più scendiamo nell'abisso dell'anima
tanto più finiamo per scorgere la morte. In perfetta simbiosi con
l'affermazione di Hillman il quale sostiene che
il -sogno
è l'anima e l'anima è morte-.2
Il legame tra il sogno e la morte è antichissimo e non a caso per i
primitivi il mondo dei sogni è il mondo dei morti. Tale concetto
riaffiora nella
psicoanalisi di Hillman che, esagerando nel rifiutare nettamente
l'idea freudiana o junghiana dell' inconscio come manifestazione
delle repressioni diurne, vede nel
sogno
solo l' Ades, ovvero
il regno dei morti,il 'mondo infero'
governato dagli dei o miti dell'antica Grecia. Secondo me,
l'interpretazione dell'arte poesca ben si addice a quell'immaginario
mitologico proposto da
Hillman con la sua “psicologia dell'antichità” in cui i sogni emergono
dal quel regno dei morti in cui dimora l'anima. Basta pensare al
racconto Ligeia dove il
protagonista di notte scorge
un'ombra dietro il riflesso dell'incensiere quasi a indicare
l'anima che vaga nel regno dei morti . Non
a caso, nell'universo onirico di Poe permane spesso
il mito ancestrale
come richiamo simbolico della morte dove si sviluppa proprio il “terrore
dell'anima”.
Il visionario
Secondo Poe, colui che sogna ad occhi aperti sviluppa molta fantasia ed
è in grado di comprendere la realtà nella sua complessità al prezzo di
uno stato di dissociazione visionaria diretta a esprimere una "suprema
forma d'intelligenza".Gli stati di alterazione psichica sono un mezzo
per sviluppare fantasia creativa perché permettono all'inconscio di
emergere vertiginosamente nella sfera percettiva. Il segreto della
percezione geniale consiste
nella compenetrazione tra sogno e realtà provocata da stati mentali
alterati, forse dovuti a traumi psicologici,in cui avviene la
dissociazione dalla realtà. C.G. Jung (1875-1961) analizza ottimamente
il fenomeno in cui l'individuo perde la cognizione della realtà per
lasciare spazio all'inconscio.
-La forze eruttate
dalla psiche collettiva portano
confusione e cecità mentale. Una conseguenza della dissoluzione
della persona è lo
scatenamento della fantasia che, evidentemente, è nè più nè meno che
l'attività specifica della psiche collettiva. Questa irruzione di
elementi fantastici introduce violentemente nella coscienza materiali e
impulsi della cui esistenza non si aveva alcun sospetto. Si scoprono
tutti i tesori del pensiero e del sentimento mitologico. Non è sempre
facile resistere a impressioni talmente travolgenti. Questa fase va
annoverata tra quelle che rappresentano un vero pericolo nel corso
dell'analisi, pericolo da non sottovalutarsi.
Si comprenderà facilmente come questa condizione sia talmente
insopportabile che l'individuo desidera porvi termine al più presto
possibile, dato che la somiglianza con l'alienazione mentale è finanche
troppo stretta. Come è noto, la forma più comune di pazzia , la demenza
precoce o schizofrenia, consiste essenzialmente nel fatto che
l'inconscio espelle e soppianta, in larga misura, le funzioni della
mente cosciente. L'inconscio usurpa le funzioni del reale e vi
sostituisce una propria realtà. I pensieri inconsci diventano udibili
sotto forma di voci, oppure sono percepiti come illusioni o
allucinazioni corporee, ovvero si manifestano sotto forma di giudizi
insensati, ma irremovibili, sostenuti in opposizioni alla realtà.
Allorchè la persona si
dissolve nella psiche collettiva, l'inconscio viene spinto entro la
coscienza in un modo simile, ma non identico. L'unica differenza
rispetto allo stato di alienazione mentale è che l'inconscio viene
portato in superficie mediante l'analisi cosciente; almeno questo è ciò
che accade al principio dell'analisi, quando si devono
ancora superare forti resistenze di ordine culturale.
Più tardi, dopo l'abbattimento di
barriere erette nel corso di anni, l'inconscio invade la coscienza
spontaneamente e talvolta
irrompe nella mente come una fiumana. In questa fase la
somiglianza con l'alienazione mentale è strettissima.
Però si tratterebbe di vera
follia solo se i contenuti dell'inconscio diventassero una realtà che
prendesse il posto della realtà cosciente; in altri termini, se il
soggetto vi prestasse fede senza riserve.-
3
(Il corsivo è mio)
Solo una mente preparata come quella di Poe è pronta
ad accogliere le invasioni dell'inconscio senza crollare
completamente nella totale alienazione mentale perché lo scrittore è
genialmente in grado di sfruttare la disfunzione percettiva come mezzo
conoscitivo della realtà servendosi dell'analisi razionale della propria
fantasia. Di conseguenza, Poe non
è uno schizofrenico che ha completamente perduto il senso del reale
ma piuttosto un
forte visionario, pieno di
talento, capace di controllare coscientemente
le proprie visioni. L'analisi junghiana sulla dissociazione della
realtà con particolare visioni
trova quasi un certo riscontro quando lo scrittore descrive il
suo stato mentale nei momenti in cui "sogna a occhi aperti" nel saggio
Marginalia, facendo proprio
riferimento in modo
impreciso a delle
improvvise “fantasie”.4
-Esiste tuttavia
una categorie di fantasie sottilissime e delicate, che
non sono pensieri e a cui
finora ho trovato
assolutamente impossibile adattare la lingua. Uso a caso la parola
fantasie, perchè devo usare una parola; ma il concetto che generalmente
si collega con questo termine non è neppure lontanamente riferibile alle
ombre di cui sto parlando. A me sembrano di natura psichica, piuttosto
che intellettuale. Insorgono nella mente (quanto di rado,
purtroppo!)soltanto nei periodi di tranquillità intensa, di perfetta
salute fisica e mentale ed esclusivamente nei momenti di fusione, e
trapasso, fra i confini del mondo desto e di quello dei sogni. Di queste
fantasie mi rendo conto solo quando sono proprio sull'orlo del sonno, e
sono consapevole del mio stato. Sono andato persuadendomi che questa
condizione esiste solo per
un immisurabile lasso di tempo, che pure riesce ad affollarsi di queste
ombre di ombre: mentre per un
pensiero risolto è
necessaria una certa durata nel tempo. Queste
Fantasie comportano un
piacevole stato estatico, che supera di tanto i massimi piaceri del
mondo della veglia e di quello dei sogni, quanto il paradiso dei
Normanni supera il loro inferno. Man mano che insorgono queste visioni
io mi metto a considerarle con un rispetto che, in qualche misura,
modera e placa l'estasi.-5
Un' analisi molto
importante adatta alla vena artistica dello scrittore americano
e simile a quella di Jung, dove lo stato dissociativo nevrotico
della psiche aiuta
l'artista a comprendere
più
profondamente
la dimensione labirintica del reale,ci viene data dallo
psicoanalista Augusto Romano
in un saggio riferito proprio a Poe.
-Fuor di metafora,
il tesoro è la libido inconscia, le energie creative che giacciono nel
profondo e che le strutture di un mondo ordinato e di una salda
coscienza tendono a rifiutare. Questo rifiuto ha molte e fondate
ragioni,giacché il rischio è grave
e si chiama inflazione psichica e psicosi. D'altro canto la vita
non alimenta da energie nuove man mano si inaridisce e si spegne. Non a
caso Jung ha messo in evidenza
la funzione in qualche modo positiva della nevrosi, intesa come
tentativo estremo della totalità psichica di richiamare l'Io a una
maggiore integrazione dei processi inconsci e ,di conseguenza, ad una
più articolata visione della realtà. La condizione umana è, da questo
fondamentale punto di vista, drammatica e contraddittoria, giacché
l'uomo è combattuto tra l'esigenza di conservare il contatto con
l'inconscio e il pericolo di esserne riassorbito.-
6
La Schizofrenia
Personalmente credo,ma si tratta di una mia opinione, che proprio il
disturbo dissociativo ha
permesso a Poe di essere un grande esegeta
della psiche.
Voglio dire che lo
scrittore, da come ci viene testimoniato anche dalle riflessioni in
Marginalia,
dissociandosi coscientemente ma involontariamente dalla realtà(
anche a
causa,probabilmente,dell'uso
di certe droghe) vale a dire senza cadere vittima della sua
stessa alterazione psichica
, finisce per analizzare e studiare l'anima fino a comprendere
paradossalmente in modo dissociativo quel volto oscuro della
psiche descritto nei personaggi schizofrenici dei suoi
racconti. Quindi, è totalmente
falso e assurdo quello che sostiene Maria Bonaparte. -Edgar Allan Poe,
per impedire alla sua natura strana, instabile e ossessionata di far di
se stesso un vero criminale o un vero pazzo, aveva ancora a disposizione
un'altra “droga”, una droga il cui uso non è alla portata di tutti;
intendo parlare dell'inchiostro, con cui fissò sulla carta la sua
scrittura bella e curata, le ''immagini'' macabre, orribili ma
consolatrici, che lo sollevavano ancora dal suo lutto.-
7
Al contrario
lo scrittore usa la sua dissociazione
non per salvare se stesso dalla follia ma per indagare nella
follia del prossimo. La scrittura non è stata un mezzo per
evadere dalla propria pazzia ma per immergersi nella pazzia altrui. E'
assai probabile che Poe fosse uno psicologo geniale,talmente brillante
da usare la sua stessa nevrosi per comprendere la schizofrenia umana. In
questo senso, Poe è mentalmente il più sano di tutti perché, a
differenza degli altri,è bravo
nel comprendersi e nel comprendere. Solo una persona
sana di mente può capire quando la ragione si trasforma in
'lucida follia' perché diviene eccessivamente strumentale o maniacale a
causa di un grave disturbo percettivo destinato
a sfociare nella schizofrenia. In merito alla malattia mentale ,
Poe arriva a definire il “genio malefico dell'inganno”(imp
of the perverse) una sorta di “demone della perversità” o
d'incitamento interiore presente nell'animo umano e diretto a farci
compiere gesta d'immane crudeltà motivati dal quel fascino seducente
presente nel compiere del
male. Arriviamo a
voler fare
un'azione orribile senza un sensato motivo
ma solo per il gusto
di farlo proprio perché
sappiamo di non doverla
attuare.
La Fantasia Analitica
Il potere creativo
dell'immaginazione consente al genio di sfruttare i messaggi
dell'inconscio: difatti la fantasia analitica è la capacità
mentale di orchestrare quei pensieri imprevisti, fatti di immagini o
emozioni che sembrano essere apparentemente insignificanti e
disordinati, fino a trasformarli in arte compiuta.8
Poe ha sviluppato
quello che egli stesso definisce la "fantasia analitica" per indagare
con un forte raziocinio gli oscuri incubi dell'animo umano in modo da
immergerli, secondo una fredda logica matematica, in fantasiose e
suggestive tenebre musicalmente surreali. Anche Nietzsche crede nella
validità della razionalità analitica come basilare per organizzare
l'ispirazione creativa. -In verità la
fantasia del buon artista o pensatore produce continuamente cose buone,
mediocri e cattive, ma il suo giudizio, altamente affinato ed
esercitato, respinge, sceglie, collega; come ora, dai taccuini di
Beethoven, si vede che egli ha composto le più belle melodie e poco per
volta e quasi trascegliendo da molteplici spunti. Chi giudica meno
severamente e si abbandona volentieri alla memoria imitativa, potrà in
certe circostanze divenire un grande improvvisatore; ma
l'improvvisazione artistica rimane molto in basso rispetto al pensiero
d'arte scelto con serietà e con sforzo. Tutti i grandi furono lavoratori
instancabili non solo nell'inventare, ma anche nel respingere, vagliare,
trasformare e ordinare.-
9
La
fantasia analitica dello scrittore si lega all'idealismo estetico di
Schelling (1775-1854) in cui
il genio riesce a interpretare
l'energia vitale della natura
in senso artistico
attraverso l'attività psichica cosciente che gli permette
di scoprire l'arte della natura presente nell'inconscio. Secondo
Schelling, la natura è una
sublime espressione artistica universale :una
poesia inconscia in grado
d'ispirare la coscienza dell'artista geniale.
Un concetto simile lo troviamo anche nell'idealismo
trascendentale kantiano di S.T.
Coleridge (1772-1834),dove l'
immaginazione dell'artista sorge in funzione di una elaborazione
creativa di elementi inconsci. Schelling e
Coleridge sono autori ideali per intendere
la formazione estetica
di Poe.
La Creatività
Lo scrittore rivela la
chiave dell'ingegno creativo e
percettivo nell'introduzione al racconto
Eleonora dove viene spiegato
il valore inventivo
che può anche avere la “pazzia”.
-Discendo da una
stirpe famosa per vigore di fantasia
e per la veemenza delle passioni. Gli uomini mi hanno chiamato
pazzo; ma nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia è o non è una
suprema forma d'intelligenza; e se la maggior parte di quanto è
superiore, di quanto è profondo, non deriva da qualche malattia del
pensiero, o da speciali modi
dello spirito che pigliano il sopravvento sul senso comune. Colui che
sogna ad occhi aperti sa di molte cose che sfuggono a quanti sognano
solo dormendo. Nelle sue nebbiosi visioni, egli afferra sprazzi dell'eternità e
trema, al risveglio, di vedere che per un momento si è trovato sull'orlo
del grande segreto. Così, a lembi, apprende qualcosa della sapienza del
bene, e un pò più della conoscenza del male. Pur senza timone nè
bussola, penetra nell'oceano sterminato della "luce ineffabile" come gli
avventurieri del geografo nubiano, che
aggressi sunt mare tenebrarum,
quid in eo esset exploraturi.
Diciamo, dunque,
che sono pazzo. Riconosco, almeno, che ci sono due diverse condizioni
nella mia esistenza mentale: una condizione di lucidità incontestabile
riguardo alla memoria di quanto avvenne nella prima epoca della mia vita
e una di oscura in incertezza riguardo al presente e alla memoria degli
eventi successi nella seconda grande epoca della mia vita.-
10
Ed è
proprio l'analisi cosciente dei pensieri inconsci che permette a Poe di
sfruttare la sua dimensione inconscia in senso
produttivo dietro l'analisi coerente della sua fantasia
analitica. Poe lo rivela anche nel racconto
Berenice:-Le
realtà del mondo m'impressionavano come visioni e niente più che
visioni, mentre le folli idee della regioni dei sogni erano divenute,
più che la materia dell'esistenza quotidiana, la mia esistenza per se
stessa in assoluto.-11
Tutto questo sta a dimostrare che l'arte, non potendosi manifestare
mai nei limiti della sola "razionalità", finisce per
essere una diretta conseguenza delle forze pulsionali
dell'inconscio le quali esigono una rara e forte elasticità della
percezione che va oltre la "normalità". Pertanto, "genio e sregolatezza"
si compenetrano quando paradossalmente l'essere dissociati dal reale
diventa il sale di quell'intelligenza
associativa che permette al sogno di emergere nella realtà in una
creativa "estasi visionaria".
note:
1)
Per chi volesse
allargare lo studio sugli effetti che hanno le droghe allucinogene sulla
percezione del realtà,anche se Poe faceva uso di oppio e non di
mescalina o LSD, si
legga il famoso saggio Le
porte della percezione
di Aldous Huxley
e le ricerche dello
psichiatria Stanislav Grof
.
2)
J. Hillman, Il sogno e il mondo
infero, Est,1996, pag. 9
3)
Carl Gustav Jung,Inconscio,
occultismo e magia,Newton Compton
editori,Roma,1985,pag. 167-168)
4)Dobbiamo
fare un po' attenzione all'esatta traduzione del termine “fantasie”. Dal
testo originale si legge “fancies” che possiamo tradurre anche come
“immaginazioni”.Il testo in lingua inglese lo trovate nel sito 'Marginalia
by Edgar Allan Poe' (Graham's
Magazine,March,1846) con il
seguente link:
http://www.4literature.net/Edgar_Allan_Poe/Marginalia/3.html
Poe, comunque,
nel
seguito del testo chiarisce meglio il termine “fancies”
come “impressioni
psichiche”.
5)
Marginalia, in
Filosofia della composizione e altri saggi, Napoli, Guida,1986,pag. 89)
6)
Augusto
Romano,Poe
e la psicologia analitica junghiana:nostalgia delle origine e immagini
del femminile
in
E.A. Poe dal gotico alla fantascienza,Mursia,pag. 267.
7)
M. Bonaparte
,
Edgar Allan Poe. Studio analitico,Newton
Compton,Roma 1976,vol. I, pp 96-97
in
Daniela Fargione
,Giardini
e labirinti:l'America di Edgar Allan Poe,Celid,2005,pag.82
8)
Cfr. Introduzione di Carlo Izzo
in
Tutti i racconti e le poesie,Casa
Editrice Le
Lettere,Firenze,1990,pag. XXIV
9)F.
Nietzsche, Credenza dell’ispirazione, in
Umano troppo umano
10)
Eleonora
in Poe,Racconti
del terrore,Oscar classici Mondadori,Arnoldo Mondadori
Editore,Milano, VII rist. 1999, pag. 196)
11)
Berenice
in Poe,Racconti del terrore,
idem, pag. 74
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