La Libertà

Samael Aun Weor


 

 

Il senso della libertà è qualcosa che non è ancora stato compreso dall’umanità.

Basandosi sul concetto di libertà, posto sempre in modo più o meno sbagliato, sono stati commessi gravissimi errori.

È noto che per una parola si litiga, si traggono deduzioni assurde, si commettono sopraffazioni di ogni specie e si versa sangue sui campi di battaglia.

La parola libertà è affascinante: piace a tutti, ma non se ne ha la vera comprensione; c’è confusione su questo termine.

Non è possibile trovare una dozzina di persone che definiscano allo stesso modo la parola libertà.

Il termine libertà non sarà mai comprensibile per il razionalismo soggettivo.

In merito a questa parola ognuno ha idee differenti: opinioni soggettive prive di ogni realtà oggettiva.

Nell’affrontare la questione libertà, esiste incoerenza, vaghezza, incongruenza in ogni mente.

Sono sicuro che neppure Immanuel Kant, l’autore della Critica della Ragion Pura e della Critica della Ragion Pratica, ha mai analizzato questa parola per darle il significato esatto.

Libertà… bella parola, bel termine! Quanti crimini sono stati commessi in suo nome!

Senza dubbio il termine libertà ha ipnotizzato le moltitudini; al grido di questa magica parola montagne, valli, mari e fiumi si sono tinti di sangue!

Quante bandiere, quanto sangue, quanti eroi si sono succeduti nel corso della storia ogni volta che sul tappeto della vita è stata posta la questione della libertà.

Per nostra disgrazia, dopo ogni indipendenza ottenuta a caro prezzo, la schiavitù continua dentro di noi.

Chi è libero? Chi ha ottenuto la famosa libertà? Quanti si sono emancipati? Ahi, ahi, ahi!

L’adolescente anela alla libertà; eppure sembra incredibile come a volte, pur avendo famiglia, cibo e vestiti, voglia fuggire dalla casa paterna alla ricerca della libertà.

È assurdo che il giovane cui non manca nulla, affascinato dalla parola libertà, voglia evadere, fuggire, abbandonare la propria casa. È strano che, godendo di tutte le comodità in una bella famiglia, voglia perdere tutto ciò che ha e andarsene per le strade del mondo impantanandosi nel dolore.

È ovvio che lo sventurato, il paria della vita, il mendicante, con il proposito di ottenere una condizione migliore, voglia allontanarsi dalla sua baracca; ma che il bravo ragazzo, il cocco di mamma, cerchi una scusa per fuggire è incongruente e persino assurdo, ma è così; la parola libertà affascina, strega, anche se non la si sa definire in modo preciso.

Che la ragazza aspiri alla libertà, che voglia cambiare casa, che desideri sposarsi per scappare dalla famiglia paterna sperando di vivere una vita migliore, in parte è logico: essa ha diritto di essere madre; tuttavia, già nella vita di sposa, scopre di non essere libera e deve continuare a portare con rassegnazione le catene della schiavitù.

L’impiegato, stanco di tante regole, desidera rendersi indipendente ma, anche se riesce a mettersi in proprio, si ritrova poi con il problema di restare schiavo dei propri interessi e delle proprie preoccupazioni.

Ogni volta che si lotta per la libertà, ci si ritrova poi immancabilmente delusi, nonostante le vittorie.

Per quanto sangue si sia versato inutilmente in nome della libertà, continuiamo ad essere sempre schiavi di noi stessi e degli altri.

La gente litiga per parole che non capirà mai, anche se i dizionari le spiegano, purtroppo solo grammaticalmente.

La libertà è una cosa che bisogna ottenere dentro noi stessi. Nessuno può ottenerla fuori di sé.

“Cavalcare nell’aria” è una frase orientale che allegorizza il senso della genuina libertà.

Nessuno realmente potrà sperimentare la libertà finché la sua coscienza resta imprigionata nel se stesso, nel me stesso.

Quando si vuole ottenere la libertà in modo davvero sincero, è urgente comprendere l’io stesso, la mia persona, quello che io sono.

Non potremo mai spezzare le catene della schiavitù, senza aver prima compreso a fondo questa nostra questione, tutto ciò che ha a che fare con l’io, col me stesso.

In che cosa consiste la schiavitù? Cos’è che ci mantiene schiavi? Quali sono i nostri impedimenti? È questo che abbiamo bisogno di scoprire.

Ricchi e poveri, credenti o non credenti, tutti sono di fatto prigionieri, anche se si considerano liberi.

Fin quando la coscienza, l’Essenza, quanto di più degno e decente abbiamo in noi, resta imbottigliata nel se stesso, nel me stesso, nei miei appetiti e timori, nei miei desideri e passioni, nelle mie preoccupazioni e violenze, nei miei aggregati psicologici, di fatto resterà in prigione…

Il senso della libertà può essere compreso integralmente solo quando saranno state annientate le catene del nostro carcere psicologico.

Finché esiste l’io stesso, la coscienza sarà in prigione. Evadere dal carcere è possibile solo con l’annichilimento buddhista, dissolvendo l’io, riducendolo in cenere, in polvere cosmica.

La coscienza libera, sprovvista di io, in assoluta assenza del me stesso, senza desideri, senza passioni, senza appetiti né timori, sperimenta direttamente la vera libertà.

Qualunque concetto di libertà non è la libertà. Le opinioni che ci facciamo sulla libertà sono ben lontane dall’essere reali. Le idee che forgiamo sul tema della libertà non hanno nulla a che vedere con l’autentica libertà.

La libertà è una cosa che dobbiamo sperimentare in modo diretto; questo è possibile solo morendo psicologicamente, dissolvendo l’io, facendola finita per sempre con il me stesso.

Non servirebbe a niente continuare a sognare la libertà, se in definitiva restassimo schiavi di noi stessi.

Varrebbe la pena invece di vederci tali e quali siamo, osservare attentamente quelle catene che di fatto ci tengono in schiavitù.

Autoconoscendoci, vedendo come siamo interiormente, scopriremo la porta d’accesso all’autentica libertà.

Samael Aun Weor

( Tratto dalla Grande Ribellione )


 

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